Sotto il velame: Saggio di un'interpretazione generale del poema sacro. Giovanni Pascoli
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Читать онлайн книгу Sotto il velame: Saggio di un'interpretazione generale del poema sacro - Giovanni Pascoli страница 18

Название: Sotto il velame: Saggio di un'interpretazione generale del poema sacro

Автор: Giovanni Pascoli

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066070403

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СКАЧАТЬ e tutti quelli del limbo, erano allora preda di Dite; il quale, dopo, non dominò sin lassù, ma soltanto in quella città che ha appunto nome Dite[185] da lui. Esso Dite, a simiglianza di Dio, forse, che “in tutte parti impera e quivi„ cioè nel paradiso “regge„, è bensì “l'imperator del doloroso regno„, ma “regge„ solo in quella città che ha la sua porta più “segreta„ che quella dell'inferno tutto.[186] Or prima della morte del Cristo, reggeva anche nel limbo: tanto è vero che a contrastare il passo al possente, dietro la porta dell'inferno tutto, erano i piovuti del cielo; i quali, poi, furono confinati dentro quella città dalla porta più segreta. Il “grande stuolo„[187] soltanto là si può vedere, soltanto di là cominciò Dante a vederlo. Di che, altrove. Qui riconosciamo che la rottura della porta e il passo dell'Acheronte, per opera del Redentore, significano appunto il battesimo, che noi avemmo nella sua morte, del quale primi goderono quelli che crederono nel Cristo venturo, e conobbero quindi subito il frutto della croce. E la porta che rimase aperta simboleggia appunto il volere che rimase libero. Dante prende a Virgilio l'idea della porta spalancata notte e giorno, e la fonde con l'altra cristiana, che il Cristo ruppe le porte d'inferno.[188] Ma la porta Virgiliana significa, col suo essere aperta sempre, che notte e giorno si può morire; e la porta Dantesca, per essere senza serrame, significa che sempre, da quando i serrami furono rotti, l'uomo può salvarsi.

      Eppure una porta aperta, se un senso ha da avere, parrebbe dovesse aver questo, che chi vuole può entrare, e che ognuno può entrare; e quella dell'inferno, dunque, col suo essere aperta, che ognuno può andare all'inferno, se vuole. Ma no. Prima che i serrami cadessero, ognuno, volesse o no, morendo andava all'inferno; ognuno, anche i credenti nella futura incarnazione e passione di Dio. Questa necessità ruppe il Redentore, e subito liberò quei credenti e d'allora in poi tutti i credenti. Dunque la rottura della porta significa appunto lo infrangimento di quella necessità. Ma non è men vero che, se la necessità della morte è infranta, resta intera la possibilità di essa. Ora è questa possibilità simboleggiata anch'essa nella porta aperta? Non crederei. Se ciò fosse, poichè la possibilità della morte esisteva, e come, con la necessità, poichè prima della discesa del Cristo tutti gli uomini potevano dannarsi, tanto è vero che tutti si dannavano; se ciò fosse, la porta dell'inferno anche prima della discesa del Cristo doveva essere aperta. E invece no, era serrata. Se i libri sacri dicono che Gesù ruppe quella porta, dicono che era chiusa. E il grande mitografo del misticismo e della scolastica, Dante, ci pone sotto l'occhio, come è suo costume, questo concetto che pure i libri sacri esprimono con un'imagine.

      In vero Dante quel primo dramma, della resistenza de' piovuti dal cielo al figlio di Dio, ce lo richiama con l'altro dramma, della loro resistenza a Virgilio e poi al Messo del cielo. Di ciò che allora successe, egli ci dà notizia con quello che succede ora. Quello che qui vediamo, alla difensione della porta più segreta, Dante vuole che noi vediamo a quella della men segreta. Dice Virgilio:[189]

      io vincerò la prova,

       qual ch'alla difension dentro s'aggiri

       (non si tratta dei serrami fatti girare nei loro anelli? non si tratta dei ritegni, che, come dice poi, non valsero[190] contro la verghetta, del Messo del cielo? ma ciò poco monta). Séguita Virgilio:

      Questa lor tracotanza non è nuova,

       che già l'usaro a men segreta porta,

       la qual senza serrame ancor si trova.

      Sovr'essa vedestù la scritta morta.

      Ora se la tracotanza usata alla porta di Dite fu tale, che i diavoli chiudessero la porta che prima era aperta, noi dobbiamo credere che simile fosse quella usata alla porta d'inferno, e che similmente questa fosse prima aperta; se no, altrimenti. Ebbene tutto mena a credere che la porta di Dite sia concepita da Dante come chiusa. Dite è una città murata e afforzata: come starebbe a porta sempre aperta? No: c'è alcuno sempre in veletta. Su un'alta torre c'è qualcuno che segna con due fiammette[191] l'appressarsi di qualcuno. Un'altra rende cenno di lontano. Sono quelli il segno per il barcaiuolo, che vada a imbarcar dannati. Non altro? Anche altro; perchè poi Dante e il suo duca, sbarcando, si trovano avanti[192]

      più di mille in sulle porte

       da' ciel piovuti, che stizzosamente

       dicean: Chi è costui, che senza morte

      va per lo regno della morta gente?

       Dante è breve, ma chiaro. Il segno ha avvertito anche la custodia della porta, perchè sia pronta ad aprire. I custodi hanno aperto, hanno guardato, hanno visto che un de' due che Flegias ha recati, è vivo. Sono allora accorsi diavoli in frotta, a veder la novità forse minacciosa per loro. Come sanno da Virgilio ciò ch'a lor si porse, subito tutti rientrano, ricorrono[193] dentro, e chiudono, e serrano. Erano corsi fuori, ricorrono dentro; avevano aperto, chiudono. Così mi pare. E poi Dante qui ha il pensiero nella filosofia cristiana, ma l'occhio nella visione Virgiliana. La porta dell'interno Averno è in Virgilio aperta notte e giorno, ma quella del Tartaro è chiusa, e grande, e con stipiti di ferro che nè uomini nè Dei possano infrangere:[194] si apre solo quando il reo ha subìto il giudizio di Radamanto e il flagello di Tisifone.

      E in Dante, come chiusa è la porta di Dite, così chiusa doveva essere l'altra, quella dell'inferno totale. Non era questa, prima della discesa di Gesù, equivalente a quella? Dite non reggeva ancor lassù? il grande stuolo non era a quella porta men segreta? E aprivano, via via, a chi si presentava. E dunque la porta chiusa è simbolo di dannazione e di morte e di servitù e di peccato, e la porta aperta e lasciata senza serrami, sì che non può più chiudersi, è simbolo di redenzione e di battesimo e di salvazione e di libertà.

      Pure anche qui distinguiamo. Per uno che beva ancora la luce, è segno di redenzione; per chi è corporalmente morto, è segno sì di redenzione, ma della redenzione che fu vana per lui. La porta è spalancata, ma su vi è la scritta di morte:

      lasciate ogni speranza o voi ch'entrate!

      E gli sciaurati corrono corrono dietro la rapida insegna che è la croce, smaniosi d'ogni altra sorte; sì della seconda morte che avrebbero, se passassero l'Acheronte; sì della seconda vita, che avrebbero se potessero uscire dalla porta. E la porta è spalancata, ed essi non possono attraversarla, e stridono disperatamente. Quel fioco lume che entra dalla porta aperta è il loro più grande tormento. Bene Virgilio annunzia a Dante quelle disperate strida, bene il Poeta le descrive con una forza che sarebbe strana per noi, se non pensassimo che nel vestibolo più che altrove doveva aver luogo la disperazione; avanti quella porta che invano è spalancata e invano fu rotta. Tutti i dannati potevano salvarsi; meno di tutti quelli del limbo, più di tutti questi del vestibolo. Che dovevano fare? Al male non si condussero. Il male non li tentò. Dunque? Oh! i rifiuti della vita e della morte! Non possono passar l'Acheronte, perchè sono ancor misticamente vivi; non possono attraversare la porta, perchè sono corporalmente morti.[195]

       Indice

      Avanti la porta Dante esita. Il Maestro, che s'è accorto che il discepolo è stato ripreso dalla viltà la quale già l'aveva preso al solo pensiero dell'alto passo, il Maestro, l'ombra del magnanimo, gli dice solennemente:[196]

      ogni viltà convien che qui sia morta.

      Sotto il senso più generale d'un'esortazione vigorosa nel primo momento dell'impresa e nel primo ingresso dell'oltremondo, vive un senso più particolare. Di vero, Virgilio non continua spiegando il qui ripetuto “Qui si convien lasciare ogni sospetto, ogni viltà convien che qui sia morta„, con la menzione di tutto l'inferno, sì con queste parole:[197]

      Noi СКАЧАТЬ