Sotto il velame: Saggio di un'interpretazione generale del poema sacro. Giovanni Pascoli
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Читать онлайн книгу Sotto il velame: Saggio di un'interpretazione generale del poema sacro - Giovanni Pascoli страница 15

Название: Sotto il velame: Saggio di un'interpretazione generale del poema sacro

Автор: Giovanni Pascoli

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066070403

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СКАЧАТЬ è laggiù non tristo da martiri,

       ma di tenebre solo...

      Quivi sto io coi parvoli innocenti.

      Non ignoro che si proposero e si propongono interpretazioni sofistiche per sanare questa contradizione del poeta; ma io credo che non si debba violare la lettera di Dante, se non si vuole violare il pensiero di lui. Il luogo è tenebroso sì per i parvoli e sì per gli spiriti magni; anzi tenebra è il solo martirio che v'è; la tenebra che con quel desio senza speme è una cosa, quando noi pensiamo che quel desio dato eternamente per lutto ad Aristotele o Plato e altri molti è quello

      di veder l'alto sol che tu desiri

       e che fu tardi da me conosciuto,

      come Virgilio dice a Sordello.[157]

      Dunque? Dunque la contradizione è voluta, ed esprime appunto visibilmente quella contradizione intelligibile che è in quelle dominanti parole dell'aquila:[158]

      Lume non è, se non vien dal sereno,

       che non si turba mai; anzi è tenebra...

      Sì: un fuoco illumina il castello; gli spiriti magni sono in luogo luminoso; ma quel fuoco e quel lume è tenebra. Sono nel limbo gente di molto valore, gente onrevole, pieni d'onrata nominanza, altissimi poeti, poeti sovrani, signori dell'altissimo canto, savi, di grande autorità, spiriti magni, sapienti, maestri di color che sanno... Ebbene che fu lo splendore della loro intelligenza?

      Lume non è, se non vien dal sereno;

      fu tenebra, e tenebra resta, e desio, senza frutto, di sole, di luce ben diversa del fuocherello umano che lascia tenebra dove pure risplende.

      Insomma sono rei d'un difetto sì quelli del vestibolo, sì quelli del limbo; del medesimo difetto: di nobile virtù. Ma in quelli del limbo, il difetto è totale; perciò sono entro l'inferno; in quelli del vestibolo è vituperevole; perciò sono tormentati. Chè quelli non ebbero battesimo, questi avuto il battesimo, non scelsero tra il bene e il male che dovevano discernere.

      Gli uni non ebbero affatto il lume, e gli altri l'ebbero e non l'usarono. I primi non videro e pure operarono; i secondi videro e non operarono. I primi peccarono nella vita contemplativa, i secondi nell'attiva. Ora, poichè la vita contemplativa è migliore dell'attiva, così un difetto o un disordine in quella è peggiore che un difetto o un disordine in questa. Ma, come dice Dante stesso,[159] poichè in ogni cosa equità “per due ragioni si può perdere, o per non sapere qual essa sia, o per non volere quella seguitare„; la colpa di quelli del limbo essendo un non sapere, per quanto non del tutto involontario, e quella degli sciaurati del vestibolo, un del tutto volontario e inescusabile non volere; la prima è punita senza tormenti e senza ignominia, e la seconda sì, con martirii e con infamia.

      E ripetiamo che questa colpa è la colpa umana o peccato originale, che nel limbo non fu cancellata e nel vestibolo è come non fosse cancellata.

      Per vero la porta è senza serrame.

       Indice

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      Come passa Dante l'Acheronte? Caron è partito su per l'onda bruna senza prender nella barca Dante e Virgilio. Caron aveva detto:[160]

      E: tu che se' costì anima viva,

       pàrtiti da cotesti che son morti.

      E vedendo che non si partiva, aveva soggiunto:

      per altra via, per altri porti

       verrai a piaggia, non qui: per passare

       più lieve legno convien che ti porti.

      A Dante, rimasto sulla riva, Virgilio dice:

      Quinci non passa mai anima buona,

       e però, se Caron di te si lagna,

       ben puoi saper omai che il suo dir suona.

      Allora accade un terremoto grande: la terra dà vento; balena una luce vermiglia. Dante cade senza più sentimento alcuno. E cade come addormentato. Quando è desto dall'alto sonno per opera d'un tuono che glielo rompe, si guarda attorno e si trova sulla proda della valle d'abisso. E scende nel limbo. Come ha passato l'Acheronte?

      Di là d'Acheronte sono, nel vestibolo, spiriti che l'Acheronte non possono passare. Delle anime, Caron a queste accenna, a quelle no:[161]

      gittansi di quel lito ad una ad una

       per cenni, come augel per suo richiamo.

      E le anime paiono sì pronte di trapassare: ma molte di esse debbono invidiare il passaggio, senza ottenerlo. Sono queste gl'ignavi, che discosto dalla ripa corrono e corrono dietro la insegna.

      Perchè son respinte o lasciate là? Caron ne dice la ragione anche rispetto loro, quando respinge e lascia sulla ripa Dante:

      E tu che se' costì anima viva, pàrtiti da cotesti che son morti.

      Così dice al primo aspetto. Dante deve essere sceverato dai veri morti. Non può passar l'Acheronte, perchè è vivo. E vivi sono gl'ignavi. Essi non usarono mai della libertà del volere, e quindi vivi non furono mai. Ma come non furono mai vivi, così non sono ora nemmeno morti. In verità[162]

      questi non hanno speranza di morte, e la lor cieca vita è tanto bassa che invidiosi son d'ogni altra sorte.

      Se non hanno speranza di morte, non sono morti: di fatti la loro è vita, sebben cieca.

       Non erano vivi da vivi, non sono morti da morti. Perciò non possono passare, sebbene lo desiderino; perchè Caron li rifiuterebbe, come rifiuta Dante. Condizione per passare è la morte. Or Dante passa. Dunque muore.

      Muore. Non strabiliamo nè sorridiamo. Dante è il poeta del mistero. Aspettiamo, invece, lume e cerchiamolo. In tanto ecco una riprova del suo morire.

      La selva oscura è il difetto di virtù che consiglia e di nobile virtù, di lume e di libero arbitrio, di prudenza e libertà innate che il peccato originale toglie e il battesimo rende. Bene. Siccome il vestibolo infernale, dove sono gli ignavi e gli angeli neutrali, è pur simbolo di mancanza di questo medesimo libero arbitrio, mancanza che fa sì che il lume che ebbero sia come non fosse, e sia perciò assai fioco; siccome dal vestibolo non si passa oltre Acheronte se non a patto d'esser morti; così dobbiamo aspettarci che anche dalla selva non si esca senza morire.

      E così avviene. Dante, di sè, appena uscito dalla selva, dice:

      E come quei che con lena affannata

       uscito fuor dal pelago alla riva,

       si volge all'onda perigliosa e guata,

      così l'animo mio che СКАЧАТЬ