Sotto il velame: Saggio di un'interpretazione generale del poema sacro. Giovanni Pascoli
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Читать онлайн книгу Sotto il velame: Saggio di un'interpretazione generale del poema sacro - Giovanni Pascoli страница 16

Название: Sotto il velame: Saggio di un'interpretazione generale del poema sacro

Автор: Giovanni Pascoli

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066070403

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СКАЧАТЬ si volse indietro a rimirar lo passo

       che non lasciò giammai persona viva.

      Per quanto questo verso sia malmenato e stirato e torturato, e' non significherà mai se non questo, che nessuno uscì mai vivo dalla selva: dunque nemmeno Dante.

      E dunque Dante, per uscirne, morì.

       E si noti che Dante qui con sue misteriose e potenti parole ci ammonisce della somiglianza dell'uscir dalla selva e dell'uscir dal vestibolo. Già egli chiama passo l'uscita dalla selva, con un'espressione che noi meglio intendiamo per un fiume che per una selva.[163] Nel fatto egli paragona la selva a un pelago. E di lassù Lucia vede Dante che poi è arretrato verso la selva, lo vede, non al lembo d'una foresta, ma dove?

      sulla fiumana ove il mar non ha vanto.

      Dunque Dante passa la selva, che è paragonata a un pelago e detta una fiumana, e come tale ha un passo; dice che la passa e non che ne esce; come passa l'Acheronte: morendo. E invero morte è l'alto passo di cui egli parla a Virgilio:[164]

      guarda la mia virtù s'ell'è possente,

       prima che all'alto passo tu mi fidi.

      E questo alto passo ha molta somiglianza con l'alto sonno, di cui fu riscosso Dante, dopo passato l'Acheronte, per opera d'un greve tuono. L'alto passo è il transito; e l'espressione con la quale, nel medesimo discorso, il poeta significa la discesa di Enea all'Averno è quella stessa con cui gli scrittori cristiani significano la morte: ad immortale secolo andò. L'alto passo fu per Enea un andare ad immortale secolo; dunque, anche per Dante. E quell'andare vale morire. Dunque Dante muore. Muore col passar la selva, muore col passar l'Acheronte.

      Così gl'ignavi che desiderano invano di passare, gridano cioè invocano, che cosa? che cosa, per passare? La morte. Lo dice chiaramente Virgilio a Dante:[165]

      E trarrotti di qui per loco eterno

      ove udirai le disperate strida,

       vedrai gli antichi spiriti dolenti,

       che la seconda morte ciascun grida.

      Le disperate strida sono le[166]

      diverse lingue, orribili favelle,

       parole di dolore, accenti d'ira,

       voci alte e fioche, e suon di man con elle,

      che fanno le anime triste che non hanno speranza di morte, e che suonano con le mani, mi pare, per cacciare i mosconi e le vespe. Gli antichi spiriti sono proprio gli angeli nè ribelli nè fedeli. E tutti e due, questi e quelli, ciascuno, invocano la morte. Non può essere dubbio, che non si tratti di queste anime triste e di questi angeli neutrali. Non può essere; chè Virgilio a Dante significa la sua propria missione circoscrivendola col suo proprio principio e con la sua propria fine, con ciò che prima gli farà vedere e con ciò che gli farà vedere all'ultimo; con le anime e gli angeli, dunque, del vestibolo, in principio, coi lussuriosi del Purgatorio, in fine:[167]

      E poi vedrai color che son contenti

       nel foco, perchè speran di venire,

       quando che sia, alle beate genti.

      Dove si deve considerare l'antitesi perfetta, che segna appunto, come con un marchio di parole, che questi sono gli ultimi come quelli sono i primi. Là sono disperati, qua sperano; là sono dolenti, qua sono contenti; là paiono vinti nel duolo, sebbene non siano che stimolati da vespe e mosconi, sì che del loro misero modo Dante meraviglia; qua sono contenti sebbene siano nel fuoco; là strida, là

      diverse lingue, orribili favelle,

       parole di dolore, accenti d'ira,

       voci alte e fioche;

      qua la contentezza che si dimostra col canto:[168]

      Summae Deus clementiae nel seno del grande ardore allora udii cantando...

      e vidi spirti per la fiamma...

      Son contenti nel foco: come dire cantano nel seno del grande ardore, per la fiamma.

      I primi dunque che, con la scorta di Virgilio, Dante vide, invocano la morte, senza la quale non possono passare l'Acheronte. Non possono, perchè l'Acheronte non si passa che da morti, ed essi sono vivi. Vivi, sì, di cieca vita, ma vivi; non ben morti, diciamo. Ma Dante passa; dunque ben muore.

      Noi profondiamo nel miro gurge; e sentiamo il freddo e la vertigine dell'abisso: Noi scendiamo nel cupo del pensiero Dantesco, per la prima volta dopo sei secoli.

       Indice

      Quella che le anime triste cogli angeli ignavi invocano, è la seconda morte: seconda, pur morte. Qual è questa seconda morte? E quella, come dice S. Agostino,[169] che tocca all'anima. “Sebbene veracemente l'anima sia detta immortale, pure ha una cotal sua morte... La morte dell'anima è quando l'abbandona Dio, come del corpo, quando lo abbandona l'anima...„ E si chiama seconda, perchè segue, perchè è dopo la prima. Ora sì quelli che sono passati oltre Acheronte e che abitano nei cerchi dell'inferno, sono morti di questa seconda morte, perchè la loro anima è abbandonata da Dio; e non sono morti della medesima seconda morte gli sciaurati del vestibolo, perchè sono sdegnati bensì dalla misericordia, ma anche dalla giustizia; e sì Dante di questa seconda morte non poteva morire, perchè non era morto della prima; che la seconda segue la prima. Dunque, se, per passare Acheronte, egli doveva morire, morire della prima doveva e non della seconda. E della prima, egli ci significa che morì.

      Di vero, al tremor della terra, egli si sentì bagnar di sudore, del sudore di morte; al balenar della luce vermiglia, cessò ogni suo sentimento: cadde: parve addormirsi. E quel sonno fu l'alto sonno. E da quell'alto sonno, dove si risvegliò? Si risvegliò nel regno dei morti, regno sconosciuto e deforme. Egli guardava e riguardava:[170]

      fiso riguardai

       per conoscer lo loco dov'io fossi.

      Vero è che in su la proda mi trovai

       della valle d'abisso.

      Vero è, per quanto inverosimile. Nel regno dei morti si trovò, nella tomba dove si trovano i morti. Quella era la grande tomba. Dante lo dice:[171]

      Loco è laggiù, da Belzebù remoto

       tanto quanto la tomba si distende.

      L'aura che v'è dentro è aura morta.[172] Per un pertugio tondo si vede luce: pertugio di sepolcro.

      Morì, adunque. Alla morte lo condusse Virgilio. Eppure questi dice:[173]

      fui mandato ad esso

       per lui campare, e non v'era altra via che questa per la quale io mi son messo.

      Per la via della morte? per scamparlo da morte, s'era messo per la via della morte?

      Sì. Il pensiero scorre limpido ma profondo; e, perchè СКАЧАТЬ