Название: Niccolò de' Lapi; ovvero, i Palleschi e i Piagnoni
Автор: Massimo d' Azeglio
Издательство: Bookwire
Жанр: Языкознание
isbn: 4064066070090
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È vero altresì, per non tacere de’ suoi difetti, che appunto per quel suo amore del bello e del perfetto, egli facilmente e con incredibil veemenza s’infiammava di quelle cose e di quelle persone, ch’egli si immaginava avessero alcun che di grande, e colla calda fantasia se le dipingeva d’una perfezione molto maggiore che non era in effetto: conoscendo poi (come suole accadere sempre) d’essersi o in parte o totalmente ingannato, passava dall’immoderata ammirazione ad un immoderato dispregio.
Nè sarà forse fuor di proposito l’osservare, che se i giovani di mente fervida e di cuor generoso come Lamberto si potessero premunire contro questa smania di giudizj avventati ed eccessivi, eviterebbero molti errori, non avrebbero a rimproverarsi molte ingiustizie, ed i mali che ne sono la conseguenza; ed il disappunto delle illusioni svanite non farebbe loro concepire contro l’umanità quell’odio cieco ed orgoglioso, che ha forse prodotte molte belle declamazioni poetiche, ma non ha mai reso gli uomini nè più virtuosi nè più felici.
Si potrebbe anzi dimostrare che invece li ha fatti più duri per gli altri e più amanti di sè, togliendo loro il conoscere una verità trivialissima e palese ad ogni cervello riposato, che se al mondo sono molti bricconi, son pure molti galantuomini, e gli uni e gli altri, compresivi anche questi feroci odiatori della nostra specie, fanno promiscuamente delle cose buone e delle corbellerie, onde alla fine tutto poi si riduce ad aver la santa flemma di segregare le une dalle altre, lodar il bene, biasimare il male; compianger gli uomini che per loro natura debbono ondeggiar sempre in tra due; e finalmente ammonirli ed ajutarli se si può, invece di strapazzarli e di maledirli inutilmente.
Queste riflessioni sarebbero però state affatto inutili per Lamberto. Egli aveva incontrato pochi guai, e trovato invece nella famiglia del suo protettore infinite carezze, il suo carattere non avea perciò avuto motivi d’inasprirsi, e non ostante il difetto che gli abbiamo apposto, la sua aggiustatezza, i suoi modi affettuosi ed onesti, e la tenera gratitudine che mostrava a Niccolò, gli avevan compro l’amore del vecchio, de’ figli e di tutti quanti lo conoscevano. V’era però in casa tal persona che l’amava senza esserne forse neppure avveduta, in modo diverso dall’altre, ed era Laudomia.
Per verità, se mai due cuori dovevano incontrarsi, i loro erano quelli. Ma Lamberto quantunque si sentisse portato verso di lei dalla simpatia che nasce dalla somiglianza de’ caratteri, era però rattenuto da quello splendore puro e verginale che appariva in essa, pel quale veniva a giudicarsi troppo inferiore a cosa tanto alta e divina.
Rade volte la vedeva, e più rado le parlava, e gli parea persino Laudomia l’avesse in poco conto, e lo sfuggisse. Il timido ed onesto giovane pensava «merito forse un suo sguardo?» Ma la figlia di Niccolò era lungi dall’averlo in dispregio, e lo sfuggiva per quell’intimo senso di pudore che era sua guida.
Lisa invece teneva con Lamberto altri modi. Lo trattava con quella sicurtà confidente, di chi è certo non gli si trovi a ridire. L’anima amorosa e candida di Lamberto era in quella stagione ove tanto facilmente s’apre all’amore, come all’aura d’una nuova vita: ove il potere di questo si fa sentire prima d’aver trovato l’oggetto su cui fermarsi. Tempo pieno di perigli, d’angosce, di dolcezze e di trepidazioni, ove l’uomo è quasi sempre colto al primo laccio ed allettato dalla più agevol’esca. Tutto sta a non capitar male!...
Il cuor del giovane che non avea osato innalzar i suoi voti sino a Laudomia, si volse a Lisa appoco appoco senza quasi avvedersene e volerlo, e finalmente se le diede vinto, ponendo in essa sola ogni suo bene ed ogni suo pensiero.
Quel senso avveduto e sottile che la natura ha posto in ogni donna, e che precede l’esperienza, mostrava a Lisa benchè giovanetta qual fosse per lei il cuor di Lamberto. Essa godeva di sapersi amata. E qual cuore umano non ne gode, sia pure illibato ed innocente? Ma questa compiacenza era forse per essa più di amor proprio che di cuore. Sentendo molto altamente di se, aveva caro codesto amore come una prova di più di quanto valesse: se si vuole avea caro anche Lamberto; l’avrebbe fors’anco amato perdutamente, ma non poteva capirle in mente l’idea di divenir moglie di chi passava la vita sua col braccio in mano a misurar broccato.
Lamberto poi, che per natura e per sapersi persona cotanto umile già dubitava di sè, parte immaginando i pensieri della giovine, talvolta usciva di speranza affatto, talvolta vedendosi tanto accarezzato da Niccolò e trattato come un figliuolo, un poco si riconfortava, ed il vecchio, che pure per quanto glielo concedevano i suoi molti pensieri, s’ingegnava scoprire qual fosse il cuor della figlia pel suo Lamberto, fatto quasi certo che tra esso e la Lisa qualche cosa ci fosse, procurava senza troppo aperte dimostrazioni di lasciar però conoscere ch’egli non avrebbe posto ostacolo alla loro unione.
Alla fine, un giorno ch’egli era solo in camera con ambedue, essa a caso uscì, e Lamberto non pensando di venir osservato le tenne dietro col guardo: con un guardo che assai diceva. Niccolò sorridendo, e postagli una mano sul capo gli disse: «Lamberto, io ti voglio quanto bene io ho, perch’io ti conosco intero uomo dabbene, e sappi che per dar marito alla Lisa io non guarderò che sia ricco nè che sia di gran casato; ma che sia un giovin dabbene e che le piaccia» e soprastato così un momento, guardando amorevolmente il giovane che avea il viso come una brace, ripetè ancora «che le piaccia, tu m’hai inteso.» Niccolò era già uscito di camera, che Lamberto aveva ancora a batter palpebra, ed a muoversi, tanto gli parea di sognare. Alla fine riscossosi, e pazzo per l’allegrezza disse «ora s’io non saprò guadagnarmela avrò a dolermi di me.» Ma ad avvelenar questa gioja gli sovvenne ad un tratto, ciò che gli era parso indovinare, che la Lisa fosse troppo altera per porre l’amor suo in basso luogo, e per la prima volta in vita sua si sentì offeso dell’oscura povertà de’ suoi natali: per la prima volta pensò sospirando «Oh fossi nato un signore!» Ma tosto quasi facendo vergogna a sè stesso di questi inutili rammarichi, diceva scuotendo il capo: «Non son io forse un uomo come un altro?» e colla fervida fantasia vedeva quasi schierarglisi innanzi quanti in Italia per le loro virtù eran di povero stato, saliti in grado ed in autorità. Rammentava quanto aveva letto di Castruccio, d’Uguccione della Faggiuola, e di Sforza, e del Carmagnola, e di tant’altri, e prendendo per se quel passo del Purgatorio di Dante, esclamava Son io pure «di quel paese
....ove un Marcel diventa
Ogni villan che parteggiando viene.»
Passando poi da un’idea all’altra vieppiù si confermava in questi pensieri così ragionando: «Niccolò, è vero, mi darebbe la Lisa, perchè son figlio di chi ha dato il sangue per lui, ma non per questo tralascerà di conoscere che io son nato d’un povero operajo, e che potrebbe, purchè volesse, dar la Lisa al primo uomo di Firenze, e gliene saprebbe il buon grado.»
L’animo di Lamberto nobilmente altero si sdegnava all’idea che il suo benefattore, che la Lisa, non avrebbero però mai cagione di andar superbi di lui, e riscaldandosi in quest’immaginazione gli pareva già veder Laudomia sposa d’un qualche grande, e che il cognato si vergognasse del povero Setajolo, che gli amici e le brigate lo lasciassero da canto, che la sua Lisa (secondo il solito se la dipingeva una perfezione) offesa da questi sprezzi lo volesse difendere, avesse a farglisi sostegno, quasi a proteggerlo!.... quest’idea lo trafisse a un tratto così amaramente, e passar la vita a quel modo gli parve cosa tanto dolorosa e vigliacca, che con subita risoluzione fermò in cuor suo di voler ad ogni costo prepararsi quella che si sentiva poter meritare. Pieno d’ardire e di speranza si vide a un tratto apparire innanzi agli occhi come una scena nuova tutta piena e risplendente di fatti d’arme, di vicende e di gloria; in fondo alla quale vedeva se stesso chiaro nella milizia, signore di castella, onorato e potente, e la Lisa tenuta in conto di gran signora, ed invidiata dalle compagne e dalle amiche; ebbro di queste seducenti immagini, conoscendosi СКАЧАТЬ