Название: Niccolò de' Lapi; ovvero, i Palleschi e i Piagnoni
Автор: Massimo d' Azeglio
Издательство: Bookwire
Жанр: Языкознание
isbn: 4064066070090
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Ora vuoi sapere, o lettore, chi aveva posto in animo a Niccolò il dire ciò che disse a Lamberto? Era stata la buona Laudomia, che accortasi del suo amore, e stimandolo gran ventura per la sorella, avea con quella sua celeste bontà, cancellato tosto, o rinserrato almeno nel più profondo del cuore, ogni pensiero di se stessa, per occuparsi soltanto del bene della Lisa e di Lamberto, che da quel punto amò sempre come gli fosse stato fratello.
Tanto è vero che a questo mondo, vivon talvolta nascoste in qualche angolo ignoto, anime di eroi, a petto alle quali Alessandro, Cesare, e tanti altri simili a questi, son pure la povera e la meschina razza! e la differenza è presto capita. I secondi tormentaron gli altri per giovare a sè. I primi tormentan se stessi per giovare agli altri.
Faceva l’anno dacchè Lamberto era partito, nè, da una prima lettera in poi ove diceva essere agli stipendj del sig. Filippino D’Oria e militare sulle sue galee, s’era potuto saper altro sul fatto suo. Si cominciava a dubitare non fosse capitato male, e nel cuor della Lisa la sua immagine s’andava cancellando per la lontananza, per l’incertezza dell’evento, e più di tutto perchè l’immagine di Troilo veniva occupandone il luogo. Si può pensare se alla buona Laudomia, recasse dolore veder quel Lamberto che il suo cuore avea saputo così bene conoscere e pregare, cui avea però rinunciato con tanta virtù per farne felice la sorella; quel Lamberto che avea lasciato patria, parenti, agi ed amici, ed avea mostrata tanta altezza di pensieri per amor di essa, vederlo, dico, posto in obblìo così presto per un pazzarello, per un cortigiano scannapane, per uno di quella parte dalla quale erano venute addosso a Firenze, e sulla sua casa cotante sventure. Laudomia era gelosa dell’onor di Lamberto, e non potea patire di vedergli fare un così gran torto; questa era la più potente cagione per la quale tanto l’offendevano i portamenti della sorella.
Nè potendo più reggere alla passione e tacere, una sera sull’imbrunire, in quell’ora che più di tutte può dirsi l’ora della confidenza, trovandosi sola con essa in camera, le prese le mani e le disse quasi piangendo—Oh Lisa! ed il povero Lamberto!.... la sua fede!.... il suo amore!.... l’hai proprio dimenticato del tutto?.... Alle quali parole Lisa ne rispose poche e brevi, ma amare e superbe. Laudomia tacque, uscì di camera, e trovatasi sola pianse dirottamente, come si piange quando, sulla virtù, sui pregi di persona che s’ami si è costretti a dire: «Io m’era ingannato!»
Ma venne ben presto il tempo in cui quella freddezza che sentiva per essa scomparve e si cangiò in compassione, in premura più calda, più tenera che mai. Verso il finir di maggio Niccolò si condusse colla famiglia ad un podere ch’egli aveva presso il Poggio a Cajano, villa de’ signori Medici. Egli ed i figli venivano di continuo a Firenze per loro faccende, onde spesso le due sorelle rimanevan sole con una vecchia fante detta Mona Fede, buona, ma credula e di corto ingegno che non si potea trovar peggio.
Una mattina Laudomia che soleva dormire colla sorella, svegliatasi a levata di sole, non se la trovò più allato. Pensando fosse scesa in giardino per goder l’ore fresche, v’andò; ma non v’era, e neppure la fante, tantochè non sapea che pensare. Dopo un pezzo comparvero ambedue, ma come sbigottite e scompigliate, e pareva parlassero e rispondessero a sproposito. Laudomia cominciò a tremare, e condottasi in camera la sorella, le domandò affannata che cosa l’avesse così per tempo condotta fuor di casa, e che volesse dir quel suo sbigottimento.
Diede, l’incauta giovane, in uno scoppio di pianto, e buttandosele al collo disse: «Sono sua moglie!».... Laudomia all’udir quelle terribili parole che suonarono al suo orecchio come la profezia d’interminabili sventure, rimase senza respiro: e coprendosi il viso colle mani potè dir solo «Ah sciagurata, che cosa hai fatto!» Visto poi che in quel momento non avrebbe potuto ricavar altro dalla sorella, corse, per chiarirsi, alla fante, e con parole affannose ora pregando, ora sgridandola, pur alfine fece parlare quella povera vecchia, che maravigliandosi molto di veder tanto turbata la Laudomia per questo fatto, non restava di dire che Troilo era un gran gentiluomo, e molto onorato partito per la Lisa, e che se avea voluto far le cose così in segreto, co’ signori non bisognava guardarla tanto pel sottile, avendo anch’essi le loro fantasie, e che Niccolò alla fine si sarebbe poi trovato contento, ed altre simili sciocchezze.
Insemina, per dirla in una parola, la cosa era fatta, ed il turpe modo, il lettore lo conosce: ma nessuna di quelle povere donne lo conosceva, anzi la fante per vieppiù rassicurare la Laudomia, narrava particolarmente la cerimonia esaltando la cortesia dello sposo ed affermando essersi eseguito il tutto colle debite regole in chiesa col prete, i testimonj ec., tantochè l’animosa giovane conosciuta niuna cosa esser più vana ed inutile, che disperarsi quando il male non ha rimedio, prese il savio partito di volger tutte le cure a prevenirne le tristi conseguenze. Il suo primo pensiero, ed il consiglio che diede alla Lisa fu gettarsi tosto a’ piedi di Niccolò e confessargli il tutto, ma non le bastò l’animo di seguirlo. Rade volte chi ha bisogno di un tal consiglio è capace di mandarlo ad effetto. Si spera coprire colla simulazione un primo fallo, ma quel male che conosciuto tosto amine Merebbe rimedj, ignoto si fa incurabile. Se Lisa avesse dato retta alla sorella, avrebbe avuta ad incontrare senza dubbio la prima furia di Niccolò, ma poi volendo questi aver in mano le prove della validità del matrimonio si sarebbe scoperta la vile ribalderia che v’era sotto; diveniva facile, ed in tempo il rimedio, e la misera Lisa non sarebbe finita.... Ma narriamo le cose per ordine.
Il cuore umano è talmente impastato dell’amore di se stesso, che le anime più nobili anch’esse, in parte almeno gli vanno soggette. Laudomia udito il caso della sorella non potè non pensar subito «Dunque Lamberto è libero!» Ma fu tanto dolente di aver avuto un tal pensiero quasi per primo, le parve cosa tanto abbominevole e vile aver potuto trovar bene a se stessa nella colpa della sorella, che nell’innocente sua semplicità già si teneva per una perversa, e piangeva amaramente. Raddoppiò le premure per Lisa, e le pareva quest’aumento di tenerezza le alleggerisse il cuore, stimandolo quasi un risarcimento del torto che credea averle fatto. Colla speranza che il tempo offerisse poi una qualche occasione favorevole di dare miglior piega alle cose, scelse per partito migliore (dacchè a ogni modo era pur moglie di Troilo) ajutarla a tener quest’unione celata ed agevolarle i modi onde talvolta segretamente potesse trovarsi con suo marito.
La cosa andò così innanzi più mesi con poca soddisfazione però della povera Lisa che potea vederlo ben rare volte per la soggezione in cui vivea: costretta poi a premere i suoi dispiaceri e vivere in continuo sospetto, s’era dimagrata, avea perduto il fiore giovanile, e non pareva più quella di prima.
L’appassire della sua bellezza le era di tanto maggior dolore, quanto le era parso avvedersi d’un certo raffreddamento per parte di Troilo, ch’essa amava invece ogni giorno più ciecamente. Prima, quando non gli riusciva accostarsele, si mostrava però a lei in istrada, in chiesa, ovunque potesse: poi le era sembrato che piano piano andasse rimettendo di queste premure. La povera giovane si sentiva, com’ è naturale, pungere da’ sospetti; pensieri di gelosia tanto più tormentosi quanto meno era in grado di saperne il vero, le pullulavano in cuore; tutt’insieme menava vita meschina e malcontenta, e coglieva pur troppo presto gli amari frutti dell’errore commesso.
Ma l’infelice era appena in principio de’ suoi guai. S’accorse in modo da non poterne dubitare che presto non sarebbe più sola a portar la pena del suo fallire.
Quel momento aspettato bensì, ma pure pieno di tanto nuova allegrezza, di tanta trepida sollecitudine per le spose novelle, fu per la povera Lisa come l’annunzio d’una sventura. E qui nuovi motivi e nuove difficoltà per celarsi; aumento di patimenti pel presente, aumento di timori per l’avvenire.
È inutile distendersi nel minuto racconto dei modi tenuti da ambedue le sorelle per celare in quegli ultimi giorni d’angoscia e di dolore prima la madre, poi il bambino. L’esperienza ha più volte mostrato poter passar segreti ed inosservati fatti simili a questo anche in famiglie nelle quali vegli l’occhio materno: СКАЧАТЬ