Istoria civile del Regno di Napoli, v. 6. Giannone Pietro
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СКАЧАТЬ fosse loro, e nato in Tolosa; ma egli è chiaro più della luce del giorno che fu nostro, e nato in Penna città d'Apruzzo, come Nicolò Toppi l'ha ben dimostrato nella sua Apologia. Nè i più gravi Autori franzesi ce l'han contrastato, fra' quali fu il celebre lor Papiniano Carlo Molineo123, che nella sua glosa parisiense, ed altrove lo chiama Partenopeo, cioè del Regno di Napoli.

      Ad Andrea d'Isernia e Luca di Penna bisogna unire anche il famoso Niccolò di Napoli, di cui abbiamo alcune note nelle nostre Costituzioni e Capitoli del Regno. Fu questi Niccolò Spinello detto di Napoli, ma di patria di Giovenazzo, cotanto favorito dalla Regina Giovanna I. Fu Conte di Gioia e G. Cancelliere del Regno ed adoperato dalla Regina ne' più gravi affari di Stato, e quando fu eletto Papa Urbano VI fu da lei mandato a Roma a rallegrarsi col Papa della sua assunzione, ed a dargli ubbidienza124. Questi tre Giureconsulti furono da Camerario125 riputati di tanta autorità e dottrina, che non si ritenne di dire: Nos Andream de Isernia, Nicolaum de Neapoli, et Lucam de Penna, in nostri Regni juribus interpretandis, non aliter venerari, quam veluti humanam Trinitatem.

      Fuvvi anche il Viceprotonario Sergio Donnorso M. Razionale della G. C. del quale abbiamo alcune chiose ne' Capitoli del Regno: scrisse anche, come disse, un Commento nelle quattro lettere arbitrarie, del quale fa egli menzione in detti Capitoli: fu egli Viceprotonotario, mentre era nel 1352 C. Protonotario del Regno Napolione Orsino. La famiglia Donnorso fu molto antica in Napoli, e diede il nome ad una delle porte delle città, detta negli antichi tempi Porta Donnorso, la qual era a piè del tempio di S. Pietro a Maiella, e fu poi trasferita presso la chiesa di S. Maria di Costantinopoli nell'ultima ampliazione della città126.

      A costoro deve aggiungersi il Giudice Blasio da Morcone della famiglia Paccona: fu egli sotto il Regno di Carlo II discepolo di Benvenuto di Milo da Morcone, il quale, come si disse, fu Lettore dell'Università degli Studj; ed occupò la Cattedra di legge civile. Fece progressi maravigliosi in questo studio, tanto che poi da Roberto successore di Carlo, per la sua dottrina, fu nel 1338 creato suo Consigliere, famigliare e Cappellano. Fu parimente tenuto in somma stima da Carlo Duca di Calabria, il quale in tempo, ch'era Vicario del Regno, gli diede facoltà d'avvocare, e lo costituì Avvocato nelle province di Terra di Lavoro, Contado di Molise, Apruzzo e Capitanata, e ne gli spedì nell'anno 1323 lettere molto favorite, e ripiene di molti encomj e commendazioni127. Ci lasciò molte sue opere, fra le quali la più insigne fu il Trattato, che e' compose delle differenze tra le leggi romane e longobarde, ed i pieni commentarj sopra quelle Leggi. Marino Freccia128 ci testifica aver avuto egli quel Volume M. S. in poter suo, al quale sovente ricorre con citarlo. Questa opera ci ha resi certi, che in questi tempi le leggi de' Longobardi nel nostro Regno non erano ancora andate affatto in disuso. Ancorchè nell'Accademie d'Italia, ed in quella di Napoli le Pandette, e gli altri libri di Giustiniano fossero pubblicamente insegnati, e ne' Tribunali avessero cominciato a prendere forza e vigore, la loro autorità non fu tanta, che ne avesse discacciato affatto le longobarde, siccome avvenne nel Regno degli Aragonesi; nel quale pure, siccome nel Regno degli Spagnuoli, vi rimasero alcune reliquie, onde si diede occasione a Prospero Rendella di comporre quel suo libretto: In reliquias juris Longobardorum. Scrisse ancora alcuni altri Trattati, alcuni Singolari, le Cautele, e le Note sopra le nostre Costituzioni, e Capitoli del Regno129. Di queste sue fatiche gli Scrittori de' tempi, che seguirono, ne fanno onorata memoria. Francesco Vivio130 lo chiama uomo di grande autorità nel Regno, e spezialmente per lo suo Trattato delle differenze tra le leggi romane e Longobarde. L'Autore della Chiosa alla Prammatica Dubitationi, De termino citandi auctorem in causa reali, lo loda non poco; e tutti coloro, che han fatto studio sopra le di lui opere, di molti encomj lo cumulano. Fu coetaneo, e molto amico di Luca di Penna, com'egli stesso ci fa conoscere, scrivendo nella Costituzione Majestati nostrae, de Adulteriis, ch'egli d'un dubbio, che avea sopra quella Costituzione, andò a dimandarne parere da Luca di Penna, il quale, come e' dice, a me interrogatus sic de verbo ad verbum respondit, etc. Passò per qualche tempo, nell'avversa fortuna, la sua vita in Cerreto, e fu sempre grato al suo Maestro Benvenuto di Milo Vescovo di Caserta; confessando nel titolo de Aedificiis dirutis reficiendis, che da niente l'avea fatto, e ridotto in quello stato, in cui si trovava.

      Fiorì con lui nel medesimo grado di Consigliere del Re Roberto Giacomo di Milo suo compatriotto: fu anche costui, per la sua dottrina e saviezza, da questo Re fatto suo Consigliere, e glie ne spedì privilegio, che si vede ne' Registri degli anni 1337 e 1338 lit. B fol. 28, onde Morcone, Terra del Contado di Molise, si rese in questi tempi celebre per tre suoi famosi Cittadini, per un dottissimo Vescovo, e due insigni Consiglieri, e Giureconsulti. Intorno a questi medesimi tempi rilusse Filippo d'Isernia celebre Legista, e Lettore della prima Cattedra del Jus Civile nell'Università degli Studj di Napoli, nell'istesso tempo ch'era Consigliere, e famigliare del Re Roberto, il quale lo tenne in tanta stima, che non solo lo fece suo Consigliere, ma nell'anno 1320 l'elesse per Avvocato de' Poveri, e poi del suo Fisco131. Fiorirono ancora Bartolommeo di Napoli, contemporaneo di Dino132, Bartolommeo Caracciolo, di cui si crede, che fosse la Cronaca pubblicata sotto il nome di Giovanni Villano, al sentire d'Agnello Ruggiero di Salerno133, ed alcuni altri rapportati dal Toppi, de' quali a noi rara ed oscura fama è pervenuta, per non averci di loro lasciate opere, nè altra memoria si ha de' loro scritti.

      Di Napodano Sebastiano, che fiorì sotto la Regina Giovanna I, famoso Chiosatore delle nostre Consuetudini, a bastanza fu da noi detto nel libro precedente: morì egli nel 1382, e possiamo dire in lui essersi quasi che estinto presso noi lo studio della giurisprudenza. I tempi torbidi, e pieni di rivoluzioni, che seguirono e che per lo corso d'un secolo intero continuarono insino al Regno placido e pacato d'Alfonso I d'Aragona, fecero tacere presso di noi non meno la giurisprudenza, che l'altre lettere. Da Napodano insino a Paris de Puteo, Goffredo di Gaeta, e Matteo d'Afflitto, nel tempo de' quali cominciò ella a risorgere, non abbiamo Scrittore, che ci lasciasse di quella monumento alcuno. E vedi intanto in queste regioni le vicende della nostra giurisprudenza, e quanto ella debba a' favori de' Principi letterali, ed all'amore della pace.

      Nel tempo del Re Roberto, e ne' principj del Regno di Giovanna sua nipote, nell'Accademie, e negli altri Stati d'Italia fiorirono tanti insigni ed illustri Giureconsulti; nè l'Accademia di Napoli, e la Corte de' suoi Re furono inferiori a quelle.

      In questo decimoquarto secolo cominciò in Italia quasi un nuovo periodo alla ragion civile, e surse l'età de' Commentatori; poichè dopo Accursio niuno più con Chiose, ma con pieni Commentarj cominciarono i Giureconsulti di questi tempi ad illustrarla. Si distinsero nelle altre città d'Italia Bartolo di Sassoferrato, Baldo Perugino suo discepolo, Angelo fratello di Baldo, e poi Alessandro Tartagna, Bartolommeo Saliceto, Paolo di Castro, Giasone Maino, Cino, Oltrado, Pietro di Bellapertica, Raffael Fulgosio, Raffael Cumano, Ipolito Riminaldo, e tanti altri, i quali al Corpo della ragion civile aggiunsero nuovi Commentarj. Noi in niente avevamo di che invidiargli per li nostri celebri Giureconsulti, che vi fiorirono ne' medesimi tempi, Bartolommeo di Capua, Andrea d'Isernia, Luca di Penna, Niccolò di Napoli, e gli altri di sopra riferiti. E veramente, siccome confessano anche gli stranieri134, fu questa gran lode della nostra Italia, la quale sopra tutte le altre Nazioni in ciò si distinse. E quantunque per l'ignoranza dell'istorie, delle lingue, e dell'erudizione, ne' loro Commentarj sia molto che riprendere; nulladimanco ciò non dee imputarsi a lor difetto, ma al secolo infelice, nel quale scrissero. Ma ben lo compensarono colla perspicacia ed acume de' loro ingegni, e coll'ostinate e lunghe fatiche, in guisa che dove non eran assolutamente necessarie l'istorie e le lingue ovvero la lezione degli antichi, essi arrivarono, e diedero al segno col solo acume della ragione e della lor СКАЧАТЬ



<p>123</p>

Molin. glos. Paris. tit. de feud. in princ.

<p>124</p>

Costanzo lib. 6.

<p>125</p>

Camerar. tit an agnat. num. 152.

<p>126</p>

Pier Vincenti de' Proton. ann. 1352 pag. 90.

<p>127</p>

Ciarlan. lib. 4 cap. 26.

<p>128</p>

Freccia de Subfeud.

<p>129</p>

Conrad Gesnero in Bibliotheca. Autore dell'Indice de' libri legali. V. Toppi in Biblioth. pag. 40.

<p>130</p>

Viv. decis. 163.

<p>131</p>

V. Toppi in Biblioth. p. 400.

<p>132</p>

V. Gesner. in Biblioth. fol. 105. Toppi in Biblioth. fol. 40.

<p>133</p>

Aguel. Rug. Orat. Literar. Theatrum.

<p>134</p>

Arthur. Duck de Auth. etc. lib. 1 c. 5 § 15. Struv. de Hist. Jur. Justin. restaur. cap. 5 § 14.