Istoria civile del Regno di Napoli, v. 6. Giannone Pietro
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СКАЧАТЬ fuor d'ogni dubbio che Andrea ne fu l'Autore73. Il medesimo scrissero Liparulo nella di lui vita74, e l'Anonimo75 Autor delle Note a' Riti suddetti. E finalmente a lettere cubitali ciò si legge nel Codice di questi Riti, che si conserva nell'Archivio della Regia Camera, che porta in fronte questo titolo: Ritus Domini Andreae de Isernia super universis juribus Dohanarum, et aliarum Regni Siciliae Gabellarum.

      Furono appellati da Andrea questi Riti Jura Imperialia, non perchè l'Imperador Federico nella maniera, che ora si leggono, gli avesse egli fatti compilare, come fece del libro delle nostre Costituzioni; ma perchè alcuni dritti, che si leggono in essi, furono nuovamente da Federico introdotti, e chiamati per ciò jura nova, ovvero Imperialia, a differenza degli antichi, chiamati jura vetera, ch'erano prima di lui nel Regno de' Normanni. Ancorchè Andrea d'Isernia, per privato studio e diligenza, avesse fatta questa Compilazione, non per pubblica autorità, siccome furono da poi fatti compilare i Riti della G. Corte della Vicaria dalla Regina Giovanna II, che per sua Costituzione diede loro forza e vigore; non è però, che i medesimi non abbiano avuta sempre, siccome ritengono ancora oggi, tutta l'esecuzione ed osservanza, e che non abbiano presso noi quel medesimo vigore, che hanno le leggi nostre scritte, come dipendenti da un non mai interrotto stile, e da un antico uso di questo Tribunale76. Egli è vero, che per lo corso poco men di quattro secoli, da che furono compilati, molte cose sono mutate, ed altre cose nuove introdotte, onde di questo Tribunale, oltre i Riti, abbiamo ora anche molti Arresti raccolti dal Reggente de Marinis; nulladimanco in ciò, che per nuova legge non fu mutato, o per contrario uso andato in dimenticanza, han tutta la forza e tutto il lor vigore.

      Abbracciò Andrea in questa Compilazione tutti i dritti così antichi, come nuovi di sopra annoverati, divisegli con più distinzione in più rubriche, e collocò sotto ciascuna di esse più o meno Riti, secondo che la copia, o brevità del soggetto richiedeva. Trattò ancora, quasi per appendice, di molte cose appartenenti agli Ufficiali, che hanno l'amministrazione ed esazione de' medesimi, con rubriche separate, come si vede nella rubrica 1, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 33, 34, 35, 36, 37 e 38. Egli è da avvertire che fra questi si leggono alcuni Arresti fatti dai M. Razionali dopo la compilazione fatta da Isernia, e inseriti da poi ne' luoghi adattati al soggetto, com'è l'arresto, che si legge sotto la rubrica 11 de Tracta, fatta a settembre dell'anno 1382 e consimili. In oltre la rubrica 31 ch'è l'ultima, de jure Falangae, seu Falangagii, fu aggiunta dopo la Compilazione d'Isernia; perchè questo nuovo dritto o sia gabella, ch'è membro della Dogana, fu imposto nell'anno 1385 dal Re Carlo III di Durazzo: questo Principe l'impose dalla città di Gaeta insino a Reggio per quanto corre il Mar Tirreno77: da poi Alfonso I d'Aragona nell'anno 1452 lo stese per tutto il Regno, dal fiume Tronto insino a Reggio per quanto corre il Mar Adriatico: tra questi due Mari è collocato il Regno.

      Il primo, che dopo un secolo e più anni commentasse questi Riti fu Goffredo di Gaeta figliuolo di Carlo, che fiorì sotto il Re Ladislao e la Regina Giovanna II, in qualità di Avvocato fiscale. Goffredo suo figliuolo emulando le virtù paterne, e calcando le medesime sue pedate, fu gran tempo nel Regno della Regina Giovanna II M. Razionale, da poi dal Re Alfonso I avendo questo Principe al Tribunale della Camera de' Conti aggiunti quattro Presidenti di toga, e due idioti, fu creato Presidente della medesima; la qual carica continuò nel Regno di Ferdinando I infino al tempo di sua morte, che accadde nell'anno 1463 è verisimile che cominciasse questa sua fatica nel Regno d'Alfonso, e la terminasse sotto Ferdinando, già che nel Rito 2 de decimis, dice, che a riguardo del tempo, nel quale egli scrivea, cioè nel 1460 i diritti imposti da Federico non si potevano dir più nuovi, ma antichi, essendo scorsi dal dì della sua deposizione (che la pone nel 1244) ducento e sedici anni. I suoi Commentarj sono dotti, gravi e proprj della materia che si tratta, senza divagarsi in quistioni inutili ed estranee, come allora correva il vizio degli altri Commentatori. Perciò furono dai Professori de' seguenti tempi tenuti in sommo pregio, e riputato l'Autore per uno de' maggiori Giureconsulti de' suoi tempi. Morì egli in Napoli nel 1463 come lo dimostra l'iscrizione del suo sepolcro, che si vede nella chiesa di S. Pietro Martire nella cappella della sua famiglia, ove giace sepolto insieme con Carlo suo Padre.

      Dopo il corso d'un altro secolo abbiamo che fossero state fatte quelle note, che si leggono a questi Riti d'un Autore incerto ed Anonimo; poichè s'allegano dal medesimo decreti ed arresti della Camera degli anni 1554, come nel Rito primo de Jure Ponderaturae, del 1565 come nel Rito 14 de Jure Fundici, ed altrove allega molte scritture e consulte di quel Tribunale fatte in questi medesimi tempi. Allega spesso Goffredo di Gaeta, Matteo d'Afflitto, e sovente anche Autori del decimosesto secolo. Queste note sono proprie, dotte ed utilissime, ripiene di molte notizie degli atti del Tribunale, de' suoi arresti, lettere, consulte, carte regali, registri e ogni altro che poteva conducere alla vera intelligenza de' vocaboli, e de' sentimenti di questi Riti e delle mutazioni, aggiunzioni e variazioni ch'erano seguite insino a' suoi tempi, intorno alle nuove imposizioni d'altri diritti e gabelle, e delle loro origini, e progressi ed abusi; tanto che non meriterebbe il suo nome presso i posteri essere rimaso così oscuro e sepolto.

      Abbiam veduto poi a dì nostri un altro Commento, ovvero come l'Autor gli chiama, nuove Addizioni su questi Riti, compilato per Cesare Nicolò Pisani Giureconsulto napoletano, il quale nell'anno 1699 insieme co' Commentarj di Gaeta, e note dell'Anonimo, gli diede in Napoli alle stampe. Sono indegne d'esser paragonate, e poste insieme colle fatiche di que' due insigni Giureconsulti; sono piene di cose vane ed inutili, ricolme di quistioni lontane ed estranee di quel che ricercava il soggetto: diffuse e goffe, ed unicamente poste insieme senz'ordine e senza metodo, per far crescere il volume.

      CAPITOLO VII

Degli Uomini illustri per lettere, che fiorirono sotto Roberto, e sotto la Regina Giovanna sua nipote

      Fra gli altri pregi, che adornarono la persona di Roberto, fu l'essere stato amantissimo di tutti i Scienziati eccellenti de' suoi tempi, e gran letterato insieme e protettore delle lettere.

      Di questo Principe veramente potè dirsi, che

      Fur le Muse nudrite a un tempo istesso,

      Ed anco esercitate.

      Leggansi i tanti elogi di Giovanni Villani78, del Petrarca79, e del Boccaccio80 suoi contemporanei, che per ciò con tante lodi innalzarono. Si legge di questo Re un trattato delle virtù morali composto da lui in varie rime toscane. Questo trattato lo fece imprimere in Roma l'anno 1642 insieme con alcune rime del Petrarca estratte da un suo originale, col Tesoretto di Ser Brunetto Latini, e con quattro canzoni di Bindo Bonichi da Siena, il Conte Federico Ubaldini, e porta questo titolo: Il trattato delle virtù morali di Roberto Re di Gerusalemme. Egli, come dice l'Ubaldini, cimentò le forze del suo ingegno nella vecchiaja, applicandosi a rimare, e volle più tosto per questa opera imitare i più saggi Re della terra come Salomone (onde perciò non volle al libro porre altra inscrizione, che di Re di Gerusalemme), l'Imperador M. Aurelio Antonino, che lasciò scritti in greco dodici libri morali della sua vita (se non sono favolosi, come gli credette il Castelvetro), Basilio Macedone, Lione Isaurico, Emmanuel Comneno ed altri Imperadori greci, che ne composero de' simiglianti; che andar dietro a' suoi predecessori Re di Sicilia, come all'Imperador Federico II ed al Re Manfredi, ad Enzio, e simili, i quali tutti intesi a cose amorose, solamente di quelle vollero tesser canzoni. Scrisse ancora, oltre le suddette rime, alcune lettere latine in prosa, due delle quali sono volgarizzate presso Giovanni Villani, mandate, l'una nell'anno 1333 al Popolo fiorentino, e l'altra a Gualtieri Duca d'Atene, quando nell'anno 1341 pigliò la Signoria di Fiorenza.

      Nel suo Regno fiorirono le lettere in guisa, che i Professori di qualunque condizione si fossero, ancorchè di bassa fortuna, gl'innalzava a' primi onori, e con umanità grandissima gli accoglieva ed СКАЧАТЬ



<p>73</p>

Goffred. de Gaeta de jure Dohanae, n. 179 et 181 et in rubr. de non positis, aut subtract. in quater. etc. num. 2.

<p>74</p>

Lipar. in vita Andr. vers. Invenimus etiam Andream compilasse, etc.

<p>75</p>

Auth. in annot. ad rubr. 1.

<p>76</p>

Rov. it. decis. 18 n. 4. Galeot. resp. Fiscal. 15 num 5. Philippis diss. Fiscal. 1 n. 147.

<p>77</p>

Annot. in rub. ult. de jure Falangae.

<p>78</p>

Villan. lib. 11 hist. et lib. 12.

<p>79</p>

Petrar. rer. memor. lib. 23.

<p>80</p>

Boccac. in Genealog. Deor. lib. 14 cap. 9 et 22 et lib. 15 c. 13.