Istoria civile del Regno di Napoli, v. 6. Giannone Pietro
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СКАЧАТЬ e con esso lui Santo Antonino Arcivescovo di Fiorenza145 gli tessè una satira inclementissima: che e' fosse un uomo avaro, crudele, simoniaco, lussurioso, e che si teneva per concubina Brunisinda Contessa Petragoricense, bellissima donna figliuola del conte Fuxense, e madre del cardinal Talairando. Il nostro Giureconsulto Alberico di Rosate scrisse che lo sterminio e le crudeltà, che egli praticò co' Templarj, lo fece contro giustizia, e per compiacere al Re di Francia; siccome egli se n'era reso certo da un esaminatore della causa che ricevè la deposizione de' testimonj, dicendo: Destructus fuit ille Ordo tempore Clementis Papae V ad provocationem Regis Franciae. Et sicut audivi ab uno, qui fuit Examinator causae, et testium, destructus fuit contra justitiam. Et mihi dixit, quod ipse Clemens protulit hoc: Et si non per viam justitiae potest destrui, destruatur tamen per viam expedientiae, ne scandalizetur charus filius noster Rex Franciae. Quindi molti Storici riputarono la condanna de' Templarj ingiusta, e che fossero stati falsamente imputati di tanti delitti, ed estorte le confessioni dalla violenza de' tormenti, e dal timore della morte: che Filippo il Bello da gran tempo era ad essi contrario, accusandogli di avere eccitata, e fomentata una sedizione contro esso: che era particolar nemico del gran Maestro; e che voleva trar profitto dalle loro spoglie insieme col Pontefice Clemente, ancorchè in apparenza mostrassero di voler servirsi de' loro beni per la spedizione di Terra santa.

      Peggiore è quel che narrano di Giovanni XXII suo successore. Giovanni Villani146 lo fa figliuolo d'un Tavernajo, che nudrito presso Pietro de Ferrariis Cancelliere del nostro Re Carlo II d'Angiò, ed educato nelle lettere, da lui riconobbe la sua fortuna: che giunto al Pontificato, niuno quanto lui fosse stato più intento a cavar denari d'ogni cosa, e ad inventar modi per cumular tesori. Egli divise in Francia molti Vescovadi, e vacando un beneficio ricco, usò di darlo a chi n'avesse un altro poco inferiore, dando quello, che vacava ad un altro, ed alle volte faceva sino a sei provvisioni, trasferendo sempre da un meno ricco, ad un più ricco, ed al minimo provvedendo d'un beneficio nuovo: sicchè tutti erano contenti, e tutti pagavano. Inventò anche le Annate, gravame sopra i beneficj, innanzi lui, non ancora udito: corruppe la disciplina della Chiesa colle tante dispense, onde con grandissimo scandalo congregò incredibil Tesoro; e con tutto che nello spendere, e donare non fu più ristretto de' suoi predecessori, pure alla morte sua lasciò più milioni147. E narra Giovanni Villani, che ad un suo fratello del Collegio de' Cardinali, dopo la morte del Papa, fu dato carico d'inventariar il denaro, che gli trovò 18 milioni in moneta coniata, e 7 milioni in vasi, e verghe da lui pesate. Lodovico Bavaro gli fè fabbricare addosso più processi, lo fece deponere, e dichiarar anche eretico. Le sue costituzioni dette Joannine furono riputate simoniache, ed anche eretiche. Egli è riputato l'Autore delle Regole della Cancelleria, dove si danno molti ingegnosi regolamenti per congregar denaro: in breve, ch'egli sopra ogni altro avesse corrotta la disciplina della Chiesa, riputando il patrimonio di Cristo esser i Regni, le città, le castella, le ricchezze e le possessioni; e li beni della Chiesa essere non già il disprezzo del Mondo, l'ardor della fede, e la dottrina dell'Evangelio, ma le obblazioni, le decime, le gabelle, le collette, la porpora, l'oro e l'argento.

      Di Benedetto XII suo successore scrissero ancora, che fosse un Papa avarissimo, duro, crudele, diffidente e tenace: che si dilettava di buffoni, di conversazioni licenziose ed inoneste: che fosse lussurioso, che si giacesse con più meretrici, e che fortemente innamorato della sorella del Petrarca, tanto facesse, che l'ebbe a sua voglia, e che la stuprasse148: che fosse un gran bevitore di vino, tanto che da lui nacque proverbio nelle brigate, che quando volevano passar con allegria il tempo tra boccali e pransi, costumavano di dire: Bibamus Papaliter149. Quindi, essendo egli morto in Avignone nell'anno 1342 fu chi al suo sepolcro componesse questi versi.

      Iste fuit Nero, laicis mors, vipera Clero,

      Devius a vero, cuppa repleta mero 150.

      Non meno che a Benedetto, imputavano a Clemente VI queste bruttezze, e che egli non meno, che il suo predecessore si contaminasse con meretrici. Ma assai più lo resero favola del Mondo per quella sua Bolla, che nel terzo anno del suo Pontificato pubblicò in Avignone, dove considerando la brevità della vita umana, restrinse il tempo del Giubileo a cinquanta anni; poichè per maggiormente animare qualunque sorta di persone da tutte le parti del Mondo a venire in Roma, anche senza richiedere licenza da' loro Superiori, gli assicurava, che se forse per istrada venissero a mancare, tanto avrebbero guadagnate le indulgenze e remission de' loro peccati, e le loro anime sarebbero state condotte subito in Cielo; e perciò comandava agli Angioli di Dio, che senza dimora alcuna gl'introducessero alla gloria del Paradiso: Et nihilominus (sono le parole della Bolla151) prorsus mandamus Angelis Paradisi, quatenus animam illius a Purgatorio penitus absolutam in Paradisi gloriam introducant.

      Quindi parimente s'avanzarono a dire, che per li Papi d'Avignone, e per la loro scellerata vita, fossero sorte in questo secolo tante eresie, e tanti errori; e che si fosse data occasione a Giovanni Oliva Frate Minore studiando l'Apocalisse farne un Comentario, e adattando quelle visioni al suo secolo, ed alla vita corrotta degli Ecclesiastici, d'aprire la strada a' suoi seguaci di riputare la Chiesa d'Avignone da Babilonia, e perciò di promettere una Chiesa nuova più perfetta sotto gli auspicj di S. Francesco, come colui, che avea stabilita la vera Regola Evangelica, osservata da Cristo, e da' suoi Appostoli; prorompendo da poi in altre bestemmie, pubblicando il Papa essere l'Anticristo, la Chiesa d'Avignone la Sinagoga di Satana, e che perciò non si dovea prestar più ubbidienza a Giovanni XXII, nè considerarlo più come Papa.

      Dall'altra parte gli Scrittori franzesi, pur troppo amanti del lor paese, e degli uomini della loro Nazione, non possono senza collera sentire ciò, che i nostri Italiani scrissero di questa traslazione, e de' loro Pontefici avignonesi. Negli ultimi nostri tempi il più impegnato in lor difesa si vede essere Stefano Baluzio152, il quale fa vedere quanto a torto gl'Italiani comparano quella traslazione all'Esilio Babilonico: che debba più tosto darsi la colpa a' Romani, i quali avendo ridotta Roma in una perpetua confusione piena di tumulti e di fazioni, costrinsero Clemente V a trasferire la sua Sede in Francia, la quale è stata sempre il sicuro asilo de' romani Pontefici: che agl'Italiani ciò non piacque, non per altro, se non perchè venivano ad esser privati de' comodi e guadagni, che lor recava la Corte di Roma; che se si dovesse in ciò dar luogo alle querele, più tosto la Francia dovrebbe dolersi di questo trasferimento in Avignone, la quale ne ricevè danni grandissimi, a cagion che li perversi Italiani, che quivi si portarono, corruppero i costumi de' Franzesi, i quali quando prima vivevano colla loro simplicità, menando una vita molto frugale, trasferita la Corte in Francia, appresero dagl'Italiani il lusso, le astuzie, le simonie, gl'inganni, ed i loro perversi costumi: tanto che Niccolò Clemange153 soleva dire, da quel tempo essersi introdotta in Francia la dissolutezza.

      Sostengono ancora i Franzesi, che la residenza dei Papi in Avignone non iscemò in conto alcuno la possanza della Santa Sede, anzi che quivi si conservò con sommo onore ed unione: e che non servitù, ma protezione e riverenza ebbero da' loro Re. Che la vita e costumi de' Papi avignonesi comparati a quelli de' Papi di Roma, che ressero ivi la Sede Appostolica prima di questa traslazione, e da poi che quella fu restituita in Roma, furono meno peggiori, e meno scandalosi. Non doversi prestar intera fede a Giovanni Villani ed agli altri Scrittori italiani, che lo seguirono come appassionati; nè doversi l'esterminio de' Templarj attribuire al disegno che Clemente V ed il Re Filippo il Bello fecero d'occupare i loro beni, ma ai loro enormi delitti, ed esecrande eresie provate con reiterate confessioni de' rei. Ed il Baluzio nelle Note da lui fatte alle Vite de' Papi Avignonesi, adopera tutti i suoi talenti in purgar Clemente V da ciò, che gl'imputa il Villani: difende parimente Giovanni XXII, assolve Benedetto XII dallo stupro, che se gl'imputa della sorella del Petrarca, e dalla vinolenza. Si studia di far apparire apocrifa la Bolla di Clemente VI del Giubileo, ed in brieve prende con ardore la difesa di tutti que' Papi, СКАЧАТЬ



<p>145</p>

S. Antonin. tit. 21 c. 3 § 21.

<p>146</p>

Villan. l. 9 c. 79.

<p>147</p>

V. Struv. Histor. Jur. Can. c. 7 § 28.

<p>148</p>

V. Baluz. in Notis PP. Aven. t. 1 p. 825.

<p>149</p>

Vita 8 Bened. XII apud Baluz. t. 1 p. 240.

<p>150</p>

Vita 7 Bened. XII apud Baluz. l. c.

<p>151</p>

Questa Bolla si legge presso Baluz. in 5 vita Clement. VI to. 1 p. 312, presso Cornelio Agrippa, ed altrove.

<p>152</p>

Baluz. in Praefat. ad vitas PP. Aven.

<p>153</p>

Nicol. de Clemang. cap. 27 de corr. Ecol. statu.