Una morte e un cane. Фиона Грейс
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Название: Una morte e un cane

Автор: Фиона Грейс

Издательство: Lukeman Literary Management Ltd

Жанр: Зарубежные детективы

Серия:

isbn: 9781094305301

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СКАЧАТЬ chiese Lacey. “Sai che nel vecchio continente fanno tutto più tardi. Se cenano alle nove o alle dieci di sera, allora a che ora pranzano? Probabilmente non all’una!”

      Gina le posò le mani sulle spalle. “Hai ragione. Ma quelli passano la pausa pranzo facendo una pennichella. Se ci sono dei turisti europei, fra un’ora saranno bell’è addormentati. Per metterla in parole semplici, in modo che te lo ficchi bene in testa: niente shopping nei negozi di antiquariato!”

      “Ok, va bene. Allora gli europei dormono. E se sono venuti da più lontano e i loro orologi biologici sono ancora sfasati, quindi non hanno fame per pranzo e hanno invece voglia di andare a comprare qualche oggetto antico?”

      Gina incrociò le braccia. “Lacey,” disse con tono materno. “Hai bisogno di una pausa. Ti distruggerai se passi ogni singolo minuto di ogni giorno dentro a queste quattro mura, per quanto possano essere artisticamente decorate.”

      Lacey corrucciò le labbra. Poi posò il sestante sul bancone e si diresse con Gina verso la porta. “Hai ragione. Che danno può davvero fare una sola ora?”

      Erano parole di cui Lacey si sarebbe pentita molto presto.

      CAPITOLO TRE

      “Non vedo l’ora di vedere la nuova sala da tè,” disse Gina con fare esuberante mentre lei e Lacey passeggiavano sul fronte mare, i loro amici canini che si rincorrevano a vicenda sul bagnasciuga, scodinzolando eccitati.

      “Perché?” chiese Lacey. “Cos’ha di così speciale?”

      “Niente in particolare,” rispose Gina. Abbassò poi la voce: “Ho solo sentito che il nuovo proprietario era un wrestler professionista! Non vedo l’ora di conoscerlo!”

      Lacey non poté trattenersi. Piegò indietro la testa e rise sguaiatamente in risposta a quel grottesco pettegolezzo. Però era anche vero che non tanto tempo prima tutti a Wilfordshire avevano pensato che lei potesse essere un’assassina.

      “Che ne dici se prendiamo con le pinze questa diceria?” suggerì a Gina.

      L’amica sbuffò, poi entrambe si misero a ridere.

      La spiaggia era particolarmente bella ora che faceva più caldo. Non era ancora la temperatura ideale per prendere il sole o mettere i piedi nell’acqua, ma c’erano un sacco di persone in più che passeggiavano, comprando gelato dai furgoncini. Mentre camminavano, le due amiche si persero nelle loro chiacchiere, e Lacey aggiornò Gina sulla chiamata di David e sulla toccante storia dell’uomo e della ballerina. Poi arrivarono alla sala da tè.

      Si trovava all’interno di un edificio che era stato adibito precedentemente a ricovero per le barche, proprio di fronte al mare. Erano stati i precedenti proprietari a ristrutturarlo e convertirne l’utilizzo, trasformando il vecchio capanno in una specie di squallido bar, un locale che Gina le aveva insegnato a definire ‘bettola’. Ma i nuovi proprietari avevano decisamente migliorato il design. La facciata di mattoni era stata ripulita, eliminando tutti i rimasugli di escrementi di gabbiano che vi si erano accumulati probabilmente a partire dagli anni Cinquanta. Avevano messo all’esterno una lavagna dove c’era scritto, in ordinato e quasi professionale corsivo: caffè biologico. E la porta in legno che c’era prima era stata sostituita da una in lucido vetro.

      Gina e Lacey si avvicinarono. La porta si aprì automaticamente, come a invitarle a entrare. Le due amiche si scambiarono un’occhiata e avanzarono.

      Vennero subito accolte dal pungente aroma di chicchi di caffè, seguito dal profumo di legno, terriccio umido e metallo. Non c’erano più le vecchie piastrelle bianche che rivestivano interamente le pareti, ed erano spariti anche i banchetti in plastica rosa e il pavimento in linoleum. Ora le pareti di mattoni erano a vista e le vecchie tavole del pavimento erano state verniciate di scuro. In sintonia con quell’atmosfera rustica, i tavoli e le sedie sembravano essere stati ricavati da tavole di vecchie barche di pescatori – cosa che spiegava l’odore di legno – e delle tubature in rame mascheravano tutti i cavi che alimentavano le grandi lampadine in stile Edison che pendevano dall’alto soffitto, e da cui veniva l’odore di metallo. Il profumo di terra derivava invece dal fatto che in ogni spazio libero era stato sistemato un cactus.

      Gina strinse il braccio di Lacey e sussurrò inorridita: “Oh no, è… trendy!”

      Lacey aveva recentemente imparato, durante uno dei suoi viaggi alla ricerca di pezzi d’antiquariato a Shoreditch, a Londra, che trendy non era un complimento da usarsi alla guisa di ‘stiloso’, ma che aveva piuttosto un sotto-significato che tendeva al frivolo, pretenzioso e arrogante.

      “A me piace,” ribatté. “È ben strutturato. Anche Saskia sarebbe d’accordo.”

      “Attenta. Non farti fregare,” aggiunse Gina, facendo un movimento esagerato per evitare un grosso cactus dall’aspetto pungente.

      Lacey la redarguì con lo sguardo e andò al bancone, che era fatto in bronzo brunito e sul quale era posata una vecchia macchina del caffè, sicuramente messa lì per bellezza. Contrariamente a quello che Gina aveva sentito, dietro al banco non c’era un uomo che desse l’idea di essere un wrestler, ma una donna con un caschetto di capelli biondi tinti e un top corto bianco che metteva perfettamente in risalto la sua pelle dorata e i bicipiti torniti.

      Gina incrociò lo sguardo di Lacey, guardandola come a dire comunque: vedi, te l’avevo detto.

      “Cosa posso darvi?” chiese la donna con uno stretto accento australiano che Lacey non aveva mai sentito.

      Prima che Lacey potesse chiedere un caffè macchiato, Gina le diede una gomitata nelle costole.

      “È come te!” esclamò. “Un’Americana!”

      Lacey non poté evitare di ridere. “Ehm… no, direi di no.”

      “Sono australiana,” disse la donna con fare amichevole.

      “Davvero?” chiese Gina, perplessa. “Ma per me hai davvero lo stesso accento di Lacey.”

      La bionda si voltò subito a guardare Lacey.

      “Lacey?” ripeté, come se l’avesse già sentita nominare. “Tu sei Lacey?”

      “Uh… sì…” rispose lei, sentendosi piuttosto in imbarazzo nei confronti di quella sconosciuta che la conosceva.

      “Sei la proprietaria del negozio di antiquariato, giusto?” aggiunse la donna, appoggiando il piccolo bloc-notes che teneva in mano e infilandosi la matita dietro all’orecchio. Poi le tese una mano.

      Sentendosi ancora più confusa, Lacey annuì e gliela strinse. La donna aveva una presa forte e lei si chiese brevemente se ci fosse della verità in quelle voci sul wrestling, dopotutto.

      “Scusa, ma come fai a sapere chi sono?” le chiese, mentre la donna le scuoteva il braccio vigorosamente con un ampio sorriso in volto.

      “Perché ogni persona del posto che entra qua dentro e si rende conto che sono straniera, mi racconta subito di te! Di come anche tu sia venuta qui da oltreoceano da sola. E di come abbia avviato la tua personale attività dal niente. Mi sa che tutta Wilfordshire si aspetta che diventiamo migliori amiche.”

      Le stava ancora scuotendo energicamente la mano, e quando aprì bocca per rispondere, Lacey si accorse che anche СКАЧАТЬ