Название: Una morte e un cane
Автор: Фиона Грейс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Жанр: Зарубежные детективы
isbn: 9781094305301
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CAPITOLO DUE
Lacey era nel mezzo del suo lavoro di valutazione quando vide dalla finestra che finalmente Taryn si era decisa a spostare il suo enorme furgone, liberandole la veduta sul negozio di Tom dall’altra parte della strada. Le bandierine decorative del periodo pasquale erano state sostituite da festoni in tema estivo, e Tom aveva cambiato la sua vetrina di macaron, che ora mostrava la scena di un’isola tropicale. Macaron al limone costituivano la sabbia, circondati da un mare di diverse tonalità di blu: turchese (gusto zucchero filato), celestino (gusto gomma da masticare), blu scuro (gusto mirtillo) e blu navy (gusto lampone blu). Alte pile di macaron al cioccolato, al caffè e alle arachidi formavano la corteccia delle palme e le foglie erano state realizzate con del marzapane, altro materiale dolciario con cui Tom era bravo a lavorare. La vetrina era magnifica, per non parlare dell’acquolina che faceva venire in bocca, e attirava sempre una bella folla di entusiasti turisti a fare da spettatori.
Guardando attraverso la vetrina, Lacey vide Tom impegnato dietro al bancone, occupato a deliziare i suoi clienti con le sue dimostrazioni teatrali.
Lacey appoggiò il mento alla mano e si lasciò scappare un sospiro sognante. Fino ad ora le cose con Tom stavano andando alla grande. Stavano ufficialmente ‘uscendo insieme’, come Tom aveva scelto di descrivere la situazione. Durante la discussione che avevano avuto per dare una definizione alla loro relazione, Lacey gli aveva detto che secondo lei si trattava di un termine piuttosto infantile e inadeguato per due adulti, grandi e vaccinati, che si imbarcavano in una storia amorosa, ma Tom aveva sottolineato che, dato che non era un dipendente della Merriam-Webster – casa editrice per dizionari – la terminologia non era poi questo grosso dilemma. Lei aveva accettato quella puntualizzazione, ma aveva assolutamente rifiutato di farsi chiamare la sua ‘ragazza’, o di fare lo stesso con lui. Dovevano ancora decidere come rivolgersi l’uno all’altra, e di solito ricadevano su un neutro ‘caro’ e ‘cara’.
Improvvisamente si accorse che Tom la stava guardando e salutando con la mano. Lacey sobbalzò raddrizzandosi in piedi, sentendosi arrossire nella consapevolezza di essersi fatta beccare a guardarlo come una ragazzina con una cotta.
Il gesto di saluto di Tom si trasformò in un segnale d’invito, quindi Lacey si rese conto di che ora era. Le undici e dieci. L’ora del tè! E lei era in ritardo di dieci minuti per la loro consueta pausa delle undici!
“Andiamo, Chester,” disse velocemente, mentre il petto le si gonfiava per la trepidazione. “È ora di andare a trovare Tom!”
Praticamente corse fuori dal negozio, ricordandosi al volo di ruotare il cartellino ‘Aperto’, in modo che mostrasse l’avviso ‘Torno tra 10 minuti’, e chiudere la porta. Poi attraversò la strada di ciottoli saltellando verso la pasticceria, il cuore che le batteva a tempo con i passi, emozionata dalla presenza di Tom.
Non appena raggiunse la porta della pasticceria, il gruppo di turisti cinesi che Tom stava intrattenendo pochi secondi prima si riversò fuori dal negozio. Ciascuno teneva in mano una grossa borsa di carta marrone piena zeppa di deliziosi dolcetti, e tutti chiacchieravano e ridacchiavano tra loro. Lacey tenne pazientemente la porta aperta, aspettando che fossero usciti tutti quanti, e ognuno le rivolse un segno di ringraziamento chinando la testa.
Quando la via fu finalmente sgombera, Lacey poté entrare.
“Ciao, mia cara,” le disse Tom con un largo sorriso che illuminava il suo volto bello abbronzato, facendo comparire delle affascinanti rughe di espressione accanto ai suoi luccicanti occhi verdi.
“Vedo che i tuoi fan se ne sono appena andati,” disse Lacey scherzando e avvicinandosi al bancone. “E pare abbiano comprato un sacco di roba.”
“Mi conosci,” le rispose Tom ammiccando con le sopracciglia. “Sono il primo pasticcere al mondo con un fan club.”
Sembrava essere particolarmente di buon umore oggi, pensò Lacey. Non che avesse mai un aspetto scontento. Tom era una di quelle persone che sembravano godersi la vita, senza lasciarsi turbare dai soliti stress che abbattevano la maggior parte della gente. Era uno degli aspetti che Lacey adorava di lui. Era così diverso da David, che si sarebbe lasciato stressare da un nonnulla.
Lacey raggiunse il bancone e Tom si sporse in avanti per darle un bacio. Lacey si permise di perdersi in quel momento, ridestandosi solo quando Chester abbaiò, esprimendo il proprio disappunto per essere ignorato.
“Scusa, amico,” disse Tom. Si avvicinò quindi al cane e gli offrì un dolcetto ai semi di carruba, senza cioccolata. “Ecco qua. Il tuo preferito”.
Chester fece un solo boccone del biscottino, poi sospirò soddisfatto e si sdraiò sul pavimento, pronto per una pennichella.
“Ebbene, che tè c’è sul menù oggi?” chiese Lacey, sedendosi sul suo solito sgabello al bancone.
“Cicoria,” disse Tom.
Entrò nella cucina sul retro.
“Non l’ho mai preso prima,” commentò lei ad alta voce per farsi sentire.
“È senza caffeina,” rispose Tom dalla cucina, tra il rumore dell’acqua che scorreva e lo sbattere delle ante di una credenza. “E ha un leggero effetto lassativo se ne bevi troppo.”
Lacey rise. “Grazie per le dritte,” gli rispose.
La risposta alle sue parole fu il rumore di ceramica e il ribollire dell’acqua nel bollitore.
Poi Tom riapparve con un vassoio. Sopra erano disposti piattini, tazzine, zuccheriera e una teiera di ceramica.
Posò il vassoio sul bancone tra di loro. Come tutte le cose di Tom, nessun pezzo era abbinato: l’unico tema che li accomunava era la Gran Bretagna, come se ne avesse comprato ciascuno da una diversa anziana signora patriottica. La tazza di Lacey aveva sopra la foto della principessa Diana. Sul piattino c’era una frase di Beatrix Potter scritta in un delicato corsivo accanto all’immagine in acquerello dell’iconica anatra di Aylesbury – Jemima, Anatra de’ stagni – con il suo fiocco e lo scialle. La teiera aveva la forma di un elefante indiano pomposamente decorato, con le parole Piccadilly Circus stampate sulla sella di color oro e rosso acceso. La proboscide fungeva ovviamente da beccuccio.
Mentre il tè stava in infusione nella teiera, Tom usò delle pinze d’argento per selezionare dei croissant dalla vetrinetta del banco, posandoli poi su dei bei piatti dal motivo floreale. Fece scivolare quello di Lacey verso di lei, insieme a un vasetto della sua marmellata all’albicocca preferita. Poi versò per entrambi una tazza del loro tè fumante, si accomodò sul suo sgabello, sollevò la propria tazza e disse: “Cin cin.”
Con un sorriso Lacey acconsentì al brindisi. “Cin cin.”
Mentre sorseggiavano il tè insieme, Lacey ebbe un improvviso dejà vu. Non uno vero, come quando hai la convinzione di aver già vissuto quell’esatto momento prima, ma il dejà vu che deriva dalla ripetizione, dalla routine, dal rifare la stessa cosa di giorno in giorno. Le sembrava che avessero già fatto quella cosa, perché così era stato. Ieri, e il giorno prima, e quello prima ancora. In quanto entrambi impegnati nella gestione del proprio negozio, Lacey e Tom facevano spesso gli straordinari e lavoravano sette giorni su sette. Era tutto così naturale, un’abitudine, un ritmo. Ma c’era di più. Tom le aveva dato in automatico il suo croissant preferito – alle mandorle tostate – insieme alla marmellata di albicocca. Non c’era neanche più bisogno che le chiedesse СКАЧАТЬ