Il tesoro della montagna azzurra. Emilio Salgari
Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Il tesoro della montagna azzurra - Emilio Salgari страница 8

Название: Il tesoro della montagna azzurra

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

Серия:

isbn:

isbn:

СКАЧАТЬ servito? Non c’erano cantieri, in quel tempo, sulle isole del Pacifico.

      – L’Andalusia ha terminata la sua carriera, – disse il capitano, quando risalì in coperta, ai marinai che si erano raccolti intorno al boccaporto maestro e che l’aspettavano con angoscia.

      – Tutto finito? – chiesero.

      – La nave è piena d’acqua e la carena deve essersi spezzata in vari punti. Non c’è più nulla da fare su questo rottame.

      – Lo hanno accoltellato, – aggiunse il bosmano, che non sembrava molto impressionato per quel disastro.

      – E ora, capitano? – chiese Mina che si trovava tra i presenti.

      – Costruiremo una zattera e fileremo verso Bualabea, – rispose il capitano. – Cento miglia non ci spaventeranno e fra tre giorni potremo salutare la Costa della Nuova Caledonia e metterci in cerca dei Krahoa della Montagna Azzurra, señorita.

      – E se ci cogliesse una nuova tempesta? – chiese don Pedro.

      – Penserà Dio a levarci, per la seconda volta, d’impiccio e mandarci… – si interruppe bruscamente, e battendosi la fronte: – Reton! – esclamò.

      – Ebbene, che cosa c’è ancora di nuovo? – domandò il bosmano.

      – L’acqua non avrà invaso il deposito dei viveri?

      Una imprecazione sfuggì dalle labbra del marinaio.

      – Mil diables!

      Poi si slanciò come un pazzo verso il boccaporto di poppa scendendo a precipizio la scala che metteva sotto il quadro. Quando tornò in coperta era pallidissimo.

      – Tutto è perduto! – esclamò, tendendo i pugni. – Ci sono oltre due metri d’acqua nella cambusa.

      Un profondo silenzio seguì queste parole: il capitano, don Pedro e i marinai apparivano esterrefatti per quella inattesa notizia. Il capitano fu il primo a parlare.

      – Nulla neppure nella camera comune? – chiese ansiosamente guardando i marinai.

      – Io ho due libbre di biscotto, – rispose uno.

      – Io ho la mia razione di prosciutto salato, – soggiunse un secondo.

      – Ed io una scatola di acciughe, – dichiarò il terzo.

      Il capitano attese invano la risposta degli altri.

      – E questo è tutto? – chiese finalmente, tergendosi il sudore che gli bagnava la fronte.

      Nuovo silenzio.

      – Amici, non perdiamo un solo secondo e cominciamo la costruzione della zattera. Fortunatamente l’armeria è dietro la mia cabina, e quando si hanno delle armi da fuoco si può sempre sperare.

      IV. LA ZATTERA

      Il capitano aveva appena dato l’ordine, che già tutto l’equipaggio, sotto la direzione del bosmano e del carpentiere di bordo, armatosi di scuri e di seghe, smontava l’alberatura e le murate per preparare il materiale necessario alla costruzione della zattera. Lavoravano con vero furore, spronati dal timore di dover soffrire la fame prima di approdare alla Nuova Caledonia. Cento miglia non erano un gran che, ma su una zattera potevano diventare enormemente lunghe. E poi poteva sopraggiungere una nuova bufera. Il sole si era alzato splendido, tuttavia il cielo non era del tutto sgombro verso ponente e il vento soffiava ancora irregolarmente. Anche il barometro non rassicurava troppo e non saliva che con grande fatica. A mezzogiorno i travi inferiori degli alberi, i soli che la tromba marina aveva risparmiati, cadevano in mare, insieme a una enorme quantità di legname strappato alle murate del casotto di poppa, alle cabine del quadro e a un certo numero di barili e di botti destinate a rendere la zattera più leggera. Subito metà dell’equipaggio, con il carpentiere, si era impossessato di tutto quel materiale, formando lo scheletro del galleggiante. Fortunatamente il mare era abbastanza tranquillo, ciò che permetteva di procedere rapidamente alla costruzione. Alle tre del pomeriggio la prima piattaforma era finita e alle cinque anche la seconda era a posto, formata con gli usci delle cabine e con i boccaporti.

      – È il momento di prendere il largo, – disse don Josè che osservava, non senza una certa inquietudine, il cielo. – Questa calma non mi persuade affatto e vi dico che di colpi di vento ne avremo ancora, prima di vedere le coste della Nuova Caledonia. Che cosa ne dici tu, bosmano, che hai sempre un barometro in testa?

      – Eh! – fece il vecchio, facendo un gesto vago. – Tutto non deve essere finito, a quanto pare. Imbarchiamoci alla lesta, capitano. Saremo più sicuri sulla zattera che non su questa carcassa immobilizzata.

      – Giù le provviste! – comandò don Josè.

      – Le abbiamo in tasca, – risposero i marinai.

      – L’acqua?

      – Abbiamo già calati tre barili di cento litri ciascuno, – disse Reton.

      – Prima la señorita, allora.

      Mina si aggrappò saldamente a una fune e si calò sulla zattera, sulla quale si trovavano radunati già alcuni marinai che erano occupati a rizzare un pennone che doveva servire a una vela. Pedro fu il secondo, poi a loro volta si calarono i marinai portando le carte e gli strumenti di bordo. Non erano rimasti sull’Andalusia che il capitano ed Emanuel.

      – Sbrigati, – comandò il primo. – Che cosa aspetti?

      – Se voi capitano me lo permettete, – disse il giovane, preferirei rimanere qui a guardia della vostra nave.

      – Tu sei pazzo!

      – Forse meno di quello che credete, capitano. Mio padre un giorno naufragò non so su quale scogliera della Terra del Fuoco e si salvò solo perché era rimasto a bordo della nave, mentre dei suoi compagni, che si erano affidati a una zattera, non si udì parlare mai più.

      – Questione di fortuna.

      – Lasciatemi provare dunque.

      – Io non ho fiducia nella fortuna e perciò non commetterò la sciocchezza di lasciare qui il mio mozzo… Tu non sei ancora un uomo e io rispondo della tua vita. Scendi sulla zattera, ti dico, o ti afferro e di getto giù.

      – Capitano! – esclamò Emanuel. – Ho diciassette anni!

      – Se tu ne avessi anche venti non ti lascerei egualmente qui… Giù, comando io qui!

      Il mozzo borbottò qualcosa, poi vedendo che don Josè avanzava per afferrarlo, si aggrappò alla fune calandosi rapidamente sulla zattera.

      – Troveranno il segnale, – borbottò, mentre un lampo maligno gli balenava negli occhi nerissimi.

      Il capitano, dopo aver percorso tutta la tolda della sua povera nave, si calò a sua volta sul galleggiante, mormorando a più riprese:

      – Addio, mia povera Andalusia!

      Quando mise i piedi sulla zattera era molto commosso. Diede con voce ferma il comando di troncare la gomena, l’ultimo legame che ancora li univa all’Andalusia. L’albero, formato da un robusto pennone di gabbia, era stato rizzato, spiegando СКАЧАТЬ