Il tesoro della montagna azzurra. Emilio Salgari
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Название: Il tesoro della montagna azzurra

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ style="font-size:15px;">      – Adagio, señorita, – rispose il comandante. – Questo disegno che rappresenta tre notù può avere il suo valore. Ditemi, prima che mi pronunci definitivamente, che cosa diceva il documento contenuto nel barile trovato da quel briccone di Ramirez?

      – Volete leggerlo?

      – L’avete con voi?

      – Sì, una copia, quella scritta in lingua spagnola.

      – E l’altra scritta in inglese?

      – È nelle mani del capitano Ramirez.

      – Con che diritto? – chiese don Josè.

      – Leggete il documento prima, – rispose don Pedro.

      Il capitano dell’Andalusia depose la pipa, tracannò un altro bicchiere di caña, poi prese delle carte ingiallite, che il giovinetto aveva levate da un portafoglio di pelle di caimano.

      «Datato oggi, ventiquattro marzo 1866 – lesse il capitano. – Nel momento di comparire davanti a Dio, affido alle onde dell›oceano Pacifico i sette barili che ho potuto salvare dal naufragio della mia nave Sarmento appartenente al dipartimento marittimo del Callao, naufragata il 27 gennaio 1863 sulle scogliere della baia di Bualabea. Ho lasciato a Valparaiso due figli, Pedro e Mina, che potrebbero un giorno diventare ricchissimi se seguiranno le mie istruzioni. Accolto dalla tribù dei Krahoa, indigeni antropofagi che mi hanno considerato come un figlio delle onde e che mi hanno nominato loro capo, ho trovato una miniera d’oro che per quattro anni ha reso milioni e milioni di piastre. Mi trovo nell’impossibilità di calcolare la ricchezza del deposito che io ho fatto rinchiudere nei fianchi della Montagna Azzurra, dopo averla tabuata. Unisco al documento un pezzo di corteccia con tre notù, insegna della tribù, fatto in doppia copia nel caso che i miei figli si decidano a venire a prendere il tesoro. Fra pochi giorni sarò morto perché una freccia, probabilmente avvelenata, mi si è piantata profondamente nel petto durante la festa del pilù-pilù. Qualunque navigante raccolga uno dei barili che ho fatto gettare in mare dalla foce del Diao, li consegni ai miei figli in Valparaiso, calle dell’Alcalà.

      «Capitano Fernando de Belgrano».

      Il comandante dell’Andalusia, letto il documento, era rimasto silenzioso, guardando ora don Pedro e ora Mina.

      – Che cosa ne dite, don Ulloa? – chiese il giovanotto, impaziente di rompere quel silenzio.

      – Dico che questo è un colpo di fulmine che vorrei che fosse toccato a me, – rispose il lupo di mare. – Si parla di milioni. Valgame Dios! C’è da far girare la testa al più flemmatico uomo d’America!

      – Che cosa fareste, capitano? – domandò don Pedro.

      – Spiegherei immediatamente tutte le vele, e me andrei, al più presto possibile nella nuova Caledonia, dovessi farmi mangiare da quei cannibali, una gamba o un braccio.

      – Ebbene, signor Ulloa, io ero venuto appunto per proporvi questo, – disse il giovane, – certo che voi, vecchio amico di mio padre, non mi avreste negato il vostro aiuto e che avreste accettato di interessarvi all’impresa.

      Il capitano dell’Andalusia aveva fatto un balzo, scaraventando a terra la pipa.

      – Voi, señor, siete venuto da me per farmi una tale proposta! – esclamò.

      – E per offrirvi la terza parte di quel tesoro, se mi aiuterete a conquistarlo. Voi non perderete nulla perché vi chiedo di noleggiare per sei mesi la vostra nave, al prezzo che voi stesso fisserete. Voi già sapete che mio padre ha lasciato a noi un bel patrimonio, senza contare il tesoro che si trova nascosto nella Montagna Azzurra.

      – Parlate sul serio, señor de Belgrano? – gridò il comandante dell’Andalusia.

      – Sì, capitano: ditemi solo quanto dovrò darvi per questa campagna che suppongo non durerà meno di sei o sette mesi.

      – Rayo de sol! – esclamò il capitano. – Quando vorreste partire, señor de Belgrano?

      – Il più presto possibile, – rispose il giovane – poiché avremo don Ramirez alle spalle.

      – Che cosa vuole da voi quel briccone?

      – Vi ho già detto che nel barile c’erano due copie di documenti e due di questi emblemi che dovranno servire, suppongo, a farci riconoscere dalla tribù degli indigeni Krahoa.

      – Continuate.

      – L’altra copia e l’altro pezzo di niaulis sono in mano del capitano Ramirez.

      – E non vuole consegnarveli?

      – Sì, se gli cedo almeno la metà del tesoro.

      – È partito quel brigante?

      – Non ancora.

      – Sono sicuro, señor de Belgrano, che lo troveremo nelle acque della Nuova Caledonia. Dobbiamo assolutamente precederlo. So che possiede una buona goletta.

      Stette un momento in silenzio, come immerso in un profondo pensiero, poi estrasse l’orologio e guardò l’ora.

      – Sono le dieci meno sette minuti, – disse. – Ho tutto il tempo necessario per imbarcare altri viveri, oggetti di ricambio, armi e munizioni. A mezzanotte, possiamo spiegare le vele… Emanuel!

      Il mozzo accorse prontamente, domandando:

      – Desiderate, comandante?

      – Dove sono i marinai?

      – Nella taverna del Toro.

      – Và a radunarli e conducili immediatamente a bordo. Questa notte si salpa.

      Il ragazzo uscì correndo, attraversò il pontile, che era stato gettato fra la nave e la calata e si lanciò a terra. Non aveva però fatti dieci passi che cadde fra le braccia di un uomo tozzo, muscoloso, barbuto e colorito quasi come un indiano della Cordigliera, che lo strinse così violentemente da strappargli un grido di dolore.

      – Taci, – gli disse lo sconosciuto – e avrai dieci, cento, anche mille piastre se vorrai. Vieni con me e farò la tua fortuna. Non ti chiedo che un quarto d’ora. Tu sei il mozzo dell’Andalusia, è vero?

      – Sì, señor

      – Chiamami capitano. Seguimi alla lesta. Non desidero che quel giovanotto e quella señorita mi vedano.

      III. SUI FRANGENTI

      Le trombe marine che spazzano spesso gli oceani, sono il terrore dei naviganti. Guai alla nave che si trova sul loro percorso! Viene aspirata, strappata alle onde, portata in alto dalla colonna roteante e quindi sommersa durante lo sfacelo della tromba. Quella che stava per innalzarsi davanti all’Andalusia doveva avere proporzioni gigantesche, a giudicare dal moto rotatorio delle acque. Il mare era in continuo ribollimento, come sotto l’azione di un gran numero di vulcani sottomarini e sprigionava delle immense nubi di vapore che formavano una moltitudine di colonne grigiastre, pronte a fondersi e collegarsi con la grande nuvola nera che gradatamente si abbassava, impaziente di riunirsi ai cavalloni. Un grande rigonfiamento, simile СКАЧАТЬ