Il tesoro della montagna azzurra. Emilio Salgari
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Название: Il tesoro della montagna azzurra

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ ditelo ancora, don Pedro. Guardate: la tromba torna a spostarsi ora a sud ora a settentrione, e questo gioco angoscioso può durare molto.

      – E intanto forse don Ramirez giungerà prima di noi.

      – Se la bufera fa tribolare noi, non sarà clemente con lui, se si trova già in questi paraggi, poiché l’uragano deve imperversare su tutta la costa orientale… Portate Mina nel casotto di poppa. La povera fanciulla non si regge più.

      Due marinai presero la fanciulla sotto le braccia, perché le onde, che continuavano a infrangersi contro le murate, non la rovesciassero e la condussero al coperto, nell’abitacolo posto davanti alla ruota del timone. Don Pedro era rimasto presso il comandante, pronto però ad accorrere in aiuto della sorella. La furia del mare non si calmava. Le onde, scombussolate dai soprassalti e dai giri turbinosi della tromba, si accaniva contro la nave, percotendone senza posa i fianchi. Salivano a bordo mostrando le loro creste minacciose, poi si aprivano, lasciandole cadere in profondi abissi. Il rollio e il beccheggio erano diventati così spaventosi che l’equipaggio stentava a tenersi in piedi. E nulla da fare, nulla da tentare! Spiegare le vele sarebbe stata una vera pazzia in quel momento, tanto più che non rimanevano che le rande, che potevano offrire buona presa a un nuovo colpo di vento. Don Josè era furioso di trovarsi impotente contro l’uragano e la tromba. Per un momento aveva pensato di ritentare la prova del cannone, poi aveva rinunciato. Colpire la colonna liquida che non cessava di spostarsi, mentre la nave subiva dei soprassalti disordinati, era cosa assolutamente impossibile.

      – Affidiamoci al destino,– mormorò con rassegnazione. – Non c’è più altro da fare che prepararsi a morire.

      Un po’ fatalista, come quasi tutti gli uomini di mare, si era aggrappato all’argano di prora, aspettando con meravigliosa freddezza d’animo il colpo mortale che doveva subissare l’Andalusia e tutti quelli che la montavano. E quel colpo, disgraziatamente, non era lontano. Non erano trascorsi venti minuti dal secondo turbine, quando sopraggiunse il terzo, il più temuto poiché è quasi sempre il più violento. La colonna d’acqua, investita da quella raffica formidabile, filò dritta verso l’Andalusia, che presentava in quel momento il suo fianco di tribordo. Si udì uno scroscio orrendo, come se tutto il fasciame avesse ceduto, seguito da urla di spavento, poi la nave fu sollevata e presa fra le spire della gigantesca colonna. Don Pedro aveva chiuso gli occhi per non vedere, chiamando angosciosamente Mina. Il capitano, credendo che tutto fosse finito, aveva tratto una pistola per uccidersi sul ponte della sua nave. L’ultima ora invece non era ancora arrivata. La nave seguiva il movimento rotatorio della tromba, ora quasi tutta fuori dall’acqua, ora basandosi sulla spuma che formava come lo zoccolo della colonna. A un tratto la nave subì una scossa spaventosa, come un colpo di tallone e si fermò, mentre la tromba ricadeva in mare sollevando onde altissime.

      La grande nube, stanca di assorbirla, l’aveva abbandonata, restituendola all’oceano che l’aveva creata. Per alcuni minuti l’Andalusia fu subissata da un diluvio d’acqua tale da impedire al suo equipaggio di sapere se galleggiava ancora o se stava scendendo nei profondi abissi del Pacifico; poi, come per incanto, le onde si spianarono e una calma improvvisa, inesplicabile, successe al ciclone.

      – Vivi! Ancora vivi! – gridò don Pedro.

      – Vivi per perderci più tardi, – rispose il capitano.

      – Ma che cosa è accaduto, don Josè?

      – La base della tromba deve aver incontrato sulla marcia qualche scogliera, che per il momento non possiamo vedere, e si è spezzata contro.

      – Una vera fortuna.

      – Ah! La chiamate così? Non avete udito quello scroscio?

      – Certo.

      – Era la carena della mia nave che si sfondava.

      – Cosa dite, don Josè! – esclamò don Pedro che si era fatto pallidissimo.

      – Che il tesoro della Montagna Azzurra può essere perduto per voi.

      – Questo non lo crederò mai.

      – E come andremo a raccoglierlo se la mia nave si è spezzata?

      – Voi non siete ancora ben certo se l’Andalusia sia assolutamente inservibile.

      – Un vecchio marinaio difficilmente si inganna.

      – Può essersi aperta semplicemente una falla, facilmente riparabile.

      – Uhm! – fece il capitano crollando il capo. – Se lo scafo non si muove con tutti questi colpi di mare, vuol dire che le punte delle scogliere sono penetrate ben dentro la stiva e che la trattengono. Che squarci devono avere aperto! Aspettiamo che le ondate prodotte dalla tromba si calmino un po’ e andremo a verificare i danni. Non vi fate però alcuna illusione, don Pedro. Noi non toccheremo certamente la costa della Nuova Caledonia con l’Andalusia.

      – E le scialuppe?

      – Il mare se l’è portate via tutte, a quanto pare, poiché non ne vedo neppure una appesa ai paranchi.

      – E dovremo rimanere qui aspettando che qualcuno venga a raccoglierci? Sarebbe la perdita del tesoro, poiché don Ramirez nel frattempo ne approfitterebbe per rubarmelo.

      – Se si trova, come vi ho detto, in questi paraggi, la bufera avrà investito anche la sua nave, – rispose il capitano. – E poi il vostro caso mi ha troppo interessato perché io mi rassegni ad attendere qui un soccorso molto problematico. Le navi non osano spingersi fino qui, non avendo commerci da queste parti. Mil Diables! Non troverebbero da imbarcare che degli antropofagi pronti a divorare, con un appetito straordinario, i loro equipaggi.

      – Ma se non abbiamo più imbarcazioni!…

      – Eh, il legname non manca qui, don Pedro, e una zattera si può costruire a mare tranquillo! Aspettiamo: i salti di vento pare che siano cessati. Gli uragani che devastano queste regioni sono terribili, però la loro durata, ordinariamente, è breve.

      Il capitano Ulloa non si sbagliava. Spezzatasi la tromba e cessate le raffiche, il mare si calmò rapidamente. L’ondulazione era sempre fortissima intorno all’ostacolo che aveva arrestato l’Andalusia, che doveva essere qualche scoglio corallifero ancora in formazione, però anche quella non doveva tardare a finire. I cavalloni non si facevano più sentire. Dovevano essersi allontanati verso ponente, sospinti dalle ultime raffiche che li cacciavano verso le coste australiane. Tre ore dopo, mentre il sole sorgeva maestoso, anche la forte ondulazione cessava, lasciando vedere una serie di scoglietti aguzzi, di natura corallifera, che si stendevano a forma di semicerchio intorno all’Andalusia.

      – Me l’ero immaginato, – disse il capitano a don Pedro, dopo aver fatto il giro della nave, osservando attentamente la scogliera. – Eppure questi frangenti che devono aver sventrata l’Andalusia, ci hanno forse salvata la vita.

      – Lo credete, capitano? – chiese il giovane.

      – Se la tromba non si fosse spezzata contro questo ostacolo avrebbe continuato la sua corsa vertiginosa senza lasciarci e avremmo finito per fare un gran tuffo in fondo all’oceano.

      – Non ci troviamo però in troppo buone condizioni.

      – Meglio vivi che morti…– rispose il capitano. – Venite don Pedro, e anche tu bosmano. Andiamo a vedere che specie di ferita hanno prodotto queste scogliere alla mia povera nave. Credo che nessun chirurgo potrebbe cucirla.

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