Alla conquista di un impero. Emilio Salgari
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Название: Alla conquista di un impero

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ a vedere il pozzo, Bindar. Assicuriamoci innanzi a tutto la ritirata.

      – Fa’ presto, fratello, – disse Sandokan.

      – Non domando che un solo minuto. —

      Si slanciò nella galleria coll’indiano che portava una torcia. Il fragore, prodotto dal fiume scorrente sopra i sotterranei della pagoda, era diventato assordante.

      Bindar, che tremava come se avesse la febbre, percorsi venti passi e fors’anche meno, si era fermato dinanzi ad una vasta apertura circolare, che non era difesa da alcun parapetto, in fondo alla quale si udivano a gorgogliare cupamente le acque del Brahmaputra.

      – È per di qui che dovremo scendere, – disse. – Vedi, sahib, che vi è anche una gradinata. —

      Yanez non aveva potuto trattenere una smorfia di malcontento.

      – Per Giove! – esclamò. – Questa discesa non sarà molto allegra; sei ben sicuro che noi non lasceremo la nostra pelle entro questa voragine?

      – Alcune settimane or sono per di qui è fuggita una ragazza che i gurum avevano rapita per farne una bajadera.

      – Ed è riuscita a salvarsi?

      – Te lo giuro su Siva, sahib.

      – Perché hanno aperto questo pozzo i sacerdoti?

      – Per lavarvi, senza essere veduti da alcun occhio profano, la pietra di Salagraman.

      – Tu sarai il primo a saltare in acqua. Voglio essere ben certo io del mio conto.

      – Preferisco uscire da questa parte che affrontare le tigri, – disse Bindar.

      – E se… —

      Due colpi di carabina che rintronarono sotto le tenebrose volte come due colpi di spingarda lo interruppero.

      – Ah! Le signore della jungla, – disse. – Andiamo a vedere se sono molto affamate.

      Quando ci saremo sbarazzati di quelle andremo a far conoscenza colle acque del Brahmaputra.

      È strano! Quest’avventura, salvo in certi particolari, mi fa pensare a quella affrontata nelle caverne di Raimangal. —

      Tornò rapidamente indietro, seguìto dall’indiano, e giunse nella sala sotterranea nel momento in cui rintronarono altri tre colpi di carabina.

      – Si sono decise ad assalirci dunque? – chiese il portoghese, levandosi le pistole. – Ci sono anch’io nella partita e le mie armi sono di buon calibro.

      Fabbrica anglo-indiana e delle più famose.

      – Temo che abbiamo sprecato inutilmente delle cariche, – disse Sandokan, che stava in piedi dietro ai malesi ed ai dayachi inginocchiati, assieme a Tremal-Naik. – Quelle bestie sono di una prudenza estrema e pare che non abbiano fretta di assaporare le nostre carni.

      – Puzzano troppo di selvatico quelle dei nostri uomini, – disse il portoghese, che non perdeva mai il suo buon umore.

      – Dove sono?

      – Sono dinanzi a noi, ma socchiudono troppo di frequente gli occhi e così non si lasciano scorgere, – rispose Sandokan.

      – Eppure dobbiamo far presto. L’alba non è lontana e poi vi è il pericolo che giungano le guardie del rajah.

      Ritiriamoci verso il pozzo e, se ci seguiranno fin là, daremo a loro battaglia prima di tuffarci.

      – In ritirata, amici! – gridò Sandokan.

      I malesi ed i dayachi si alzarono rapidamente, mostrando sempre la fronte alle tigri e si ritrassero in buon ordine verso il corridoio, che conduceva al pozzo.

      Fra l’oscurità, di quando in quando s’alzava terribile quell’impressionante ahu, delle regine delle jungle indiane.

      – Ci siamo, – disse Yanez, indicando a Sandokan il pozzo.

      – Che oscurità, – mormorò Tremal-Naik. – Confesso che il rumoreggiare di quest’acqua non giunge gradito ai miei orecchi.

      – Non vi è altra via da scegliere, – rispose Yanez. – A te Bindar.

      – Sì, sahib, – rispose l’indiano.

      Scese la gradinata senza manifestare la menoma apprensione. Si udì un tonfo, poi più nulla.

      – Agli altri ora, uno ad uno! – gridò il portoghese.

      Un malese fu il primo, poi seguirono gli altri. Non erano rimasti che Sandokan, Tremal-Naik ed il portoghese, quando degli ahu spaventevoli echeggiarono all’entrata della galleria.

      – Le tigri! – aveva gridato il bengalese.

      – Ah! canaglie! – gridò Yanez. – Hanno aspettato il buon momento! —

      Sandokan si era precipitato innanzi, colla scimitarra alzata e la pistola montata.

      Due lampi, che per poco non spensero la torcia che era stata infissa in un crepaccio della rivestitura del pozzo, balenarono.

      Una massa enorme attraversò lo spazio dinanzi al terribile pirata della Malesia, dibattendosi disperatamente e tentando di afferrarsi colle zampe anteriori.

      – A te il resto dunque! – gridò Sandokan.

      La sua scimitarra fischiò in alto e troncò d’un colpo solo il collo della belva.

      – Va’! – continuò il formidabile uomo. – Tu non sei degna di misurarti colla Tigre dell’arcipelago malese! —

      Le altre tre belve però erano pure comparse, e non sembravano affatto impressionate per la fine miseranda della compagna.

      Tremal-Naik, che oltre le pistole aveva una splendida carabina indiana, fece fuoco sulla più vicina, senza troppa precipitazione.

      La signora delle jungle spiccò un salto in aria mandando una specie di ruggito e cadde pure per non più alzarsi. Era stata fulminata.

      – A te, Yanez, finché ricarico le pistole! – gridò Sandokan, balzando indietro.

      – Eccomi, – rispose il portoghese.

      Oltre le armi da fuoco che portava appese alla cintura, aveva estratto il kriss mettendoselo fra le labbra.

      Le due altre tigri s’avanzavano strisciando e mugolando.

      Tremal-Naik sparò la sua pistola alla distanza di appena dieci passi e sbagliò entrambi i colpi.

      I due lampi però spaventarono le belve facendole indietreggiare rapidamente fino all’estremità del corridoio, prima che Yanez avesse avuto il tempo di far fuoco.

      Quel momento di sosta era stato però sufficiente a Sandokan per ricaricare le sue armi.

      – Yanez, – disse il pirata, – le tigri tarderanno l’attacco dopo un così brutto ricevimento. Approfitta senza ritardo.

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