Alla conquista di un impero. Emilio Salgari
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Название: Alla conquista di un impero

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ nuotare sott’acqua.

      – E voi?

      – Non occupartene. Da’ a noi le tue pistole che in acqua non ti servirebbero.

      Il kriss ti basterà. Sarà meglio però che tu ti sbarazzi almeno degli stivali.

      – Esito.

      – Perché?

      – Siete in due contro due.

      – E le armi? Abbiamo coi tuoi sette colpi e poi sai che noi non abbiamo paura.

      Metti in salvo il cofano, se ti è assolutamente necessario per conquistare la corona.

      – Più che necessario.

      – Allora salta in acqua. Le tigri brontolano, ma non si muovono e probabilmente lasceranno anche a noi il tempo di andarcene senza troppi pericoli.

      Spicciati! —

      Il portoghese si levò gli stivali e la giacca, si fissò bene il kriss nella cintura dei calzoni, si assicurò il cofano e scese la gradinata, dicendo ai suoi due valorosi compagni:

      – L’appuntamento è nel nostro sotterraneo. —

      Scese dieci gradini viscidi per l’umidità e si trovò dinanzi ad un foro circolare entro cui gorgogliava la corrente.

      – Preferirei vederci, – disse. – Bah! Posso fidarmi delle mie forze. —

      Alzò le mani e si precipitò nelle cupe acque del Brahmaputra, scomparendo sotto la galleria sommersa.

      Si era appena tuffato, quando un ahu terribile annunciò a Sandokan ed a Tremal-Naik che le due tigri si erano finalmente decise a ritentare l’assalto e vendicare le loro compagne.

      – In guardia, Tremal-Naik, – disse la Tigre della Malesia. – Vengono a grandi slanci.

      – Sono pronto a riceverle, – rispose l’intrepido bengalese. – Nella jungla nera ne ho ammazzate un buon numero, quindi sono pure mie vecchie conoscenze. —

      Le due belve erano sbucate dalla galleria, mugolando ferocemente. Erano due splendidi animali, che avevano raggiunto il loro pieno sviluppo, con un collo da toro.

      Vedendo i due uomini in piedi, colle armi puntate, dinanzi alla torcia che mandava dei bagliori sanguigni crepitando, si erano fermate, raccogliendosi su loro stesse, come se si preparassero allo slancio supremo.

      – Fuoco, Tremal-Naik! – aveva gridato precipitosamente Sandokan.

      Il bengalese scaricò la carabina ed una delle due tigri, colpita sul muso, s’inalberò come un cavallo che riceve una terribile speronata, poi si accasciò.

      – Salta in acqua, Tremal-Naik! – gridò Sandokan.

      Il bengalese si precipitò giù per la gradinata, credendosi seguìto dal pirata; questi invece era rimasto fermo dinanzi all’ultima tigre che cercava di avvicinarsi, strisciando lentamente.

      – Non voglio che nemmeno tu difenda più mai il tesoro del rajah, – disse il formidabile uomo, – La Tigre della Malesia ti aspetta a piè fermo. —

      La belva aveva risposto con una specie di miagolìo strozzato e aveva fissati i suoi occhi fosforescenti sull’uomo che osava offrirle l’ultima battaglia.

      – Ti aspetto, – ripeté Sandokan, che impugnava la pistola sua e quella di Yanez. – Spicciati: ho fretta di raggiungere i compagni. —

      La tigre spalancò la bocca, mostrando i suoi aguzzi denti, duri come l’acciaio e dalla gola uscì una nota spaventevole che terminò in un vero ruggito, quasi simile a quello che irrompe dal petto dei leoni africani, poi scattò.

      Sandokan, che s’aspettava quell’assalto, fu lesto a gettarsi da una parte, poi sparò i suoi quattro colpi con lentezza studiata, cacciando tutte le quattro palle nel corpo della belva.

      – La Tigre della Malesia ha vinto un giorno la Tigre dell’India uomo – disse, mentre un sorriso d’orgoglio gli compariva sulle labbra. – Ora ho ucciso anche la tigre dell’India animale. —

      Si rimise le pistole nella cintura e mentre la fiera esalava l’ultimo respiro, scese la gradinata e si gettò, senza la menoma esitazione, nelle tenebrose acque del Brahmaputra.

      6. Sul Brahmaputra

      Yanez, appena gettatosi in acqua, si era messo a nuotare vigorosamente, seguendo la corrente, immaginandosi che solamente in quel modo avrebbe potuto trovare il canale di sfogo e rimontare alla superficie.

      Prima d’abbandonarsi non si era dimenticato di riempirsi per bene i polmoni d’aria, ignorando quanto avrebbe potuto durare quell’immersione sotto le ultime volte del tempio.

      Il cofano che portava legato al dorso, gli dava non poco fastidio, tuttavia non disperava di ritornare alla superficie, essendo sicuro delle proprie forze e della propria abilità come nuotatore.

      Credendosi ormai fuori dalle volte, aveva tentato di spingersi in alto, e non senza provare un brivido di terrore, aveva urtato sempre il capo contro una massa resistente.

      – Mi pare che la faccenda diventi un po’ seria, – aveva pensato, raddoppiando le battute delle mani e dei piedi.

      Percorsi altri quindici o venti passi, sempre assordato dai muggiti della corrente che cercava travolgerlo, e sentendosi ormai i polmoni esausti, ritentò l’ascensione, appoggiandola con due vigorosi colpi di tallone.

      La sua testa emerse senza trovare più alcun ostacolo. Le volte non esistevano più e si trovava quasi in mezzo all’immenso fiume, a più di duecento passi dall’isolotto.

      Aspirò una gran boccata d’aria e si rovesciò sul dorso per prendere un po’ di riposo.

      Il sole non era ancora sorto, però le tenebre cominciavano a diradarsi. L’alba non doveva essere lontana.

      – Cerchiamo di raggiungere subito la riva, – disse. – Prima che il giorno sorga è meglio trovarci al sicuro nel tempio sotterraneo. I malesi e i dayachi ci saranno forse già, se non hanno preferito aspettarci nella bangle. Spero che non avranno commessa l’imprudenza d’aspettarci.

      Orsù! Quattro buoni colpi e attraversiamo il fiume prima che il cielo si rischiari e che i sacerdoti della pagoda mi scorgano. —

      Si era rivoltato e stava per scivolare silenziosamente fra due acque, quando sentì un urto che lo fece indietreggiare di qualche passo.

      – Chi mi assale? – si chiese. – Qualche coccodrillo? —

      Levò precipitosamente il kriss e cercò di rimanere immobile.

      Quasi subito vide ergersi dinanzi a lui una brutta testa piatta, di dimensioni simili press’a poco a quella d’un pesce-cane, con una bocca larghissima, armata d’un gran numero di denti acutissimi, fornita agli angoli di certi baffi lunghi quasi due piedi, che davano uno strano aspetto.

      – Per Giove! – esclamò il portoghese. – Io conosco queste brutte bestie e non ignoro quanto siano voraci. Non sapevo che anche nei fiumi dell’India vi fossero delle balene d’acqua dolce! In guardia, amico Yanez: valgono i coccodrilli. —

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