Название: En torno a la economía mediterránea medieval
Автор: AAVV
Издательство: Bookwire
Жанр: Документальная литература
isbn: 9788491346647
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Anche le fonti narrative si soffermano sull’importanza dell’arte della lana. Per Firenze sono note e oggetto di discussione le cifre sulla produzione di panni lana riportate da Giovanni Villani –su cui torneremo più avanti– e le indicazioni presenti nella Cronica di Benedetto Dei, dove in riferimento al 1472 si scrive di 270 botteghe della lana dislocate soprattutto nell’Oltrarno.10 Bonvesin della Riva nel passo che elenca gli addetti alle principali attività economiche dei milanesi a fine XIII secolo pone al primo posto i tessitori di lana.11 Nel 1514 il canonico fiorentino Bonsignore Bonsignori in visita ad Ascoli per conto del papa metteva in rilievo come in città vi fossero molti artigiani che «fanno grandissima quantità di panni ogni anno, et assai boni».12
La manifattura laniera si era sviluppata a partire dal XIII secolo in concomitanza con il forte incremento della popolazione cittadina e con il conseguente aumento della domanda di capi di abbigliamento da parte di una popolazione sempre più differenziata al proprio interno.13 Gualchiere, tiratoi, botteghe di tinta, fondaci, lavatoi caratterizzarono presto il paesaggio urbano e sub-urbano di molte città.14 Eppure, le condizioni naturali per il suo sviluppo erano meno favorevoli in Italia rispetto ad altre parti dell’Occidente europeo e del mondo mediterraneo: le lane migliori erano prodotte, come sappiamo, in Inghilterra e poi nella penisola iberica e nei paesi del Nord-Africa;15 alcune sostanze usate nel processo produttivo (allume, coloranti, ecc.) arrivavano in buona parte dall’esterno. Fu probabilmente la richiesta sui mercati urbani di tessuti, qualitativamente sempre più differenziati e di valore crescente, a determinare il decollo della manifattura tessile, già presente per altro in molte realtà su base artigianale e con una produzione modesta per quantità e qualità.16
Una ricca messe di studi quasi ininterrotta, che parte dall’erudizione storica tardo ottocentesca e dalla scuola economico-giuridica a cavallo tra i due secolo,17 sino a giungere a lavori recenti, ha messo bene in luce la diffusione e il ruolo della manifattura laniera nelle città italiane. Una prima sintesi c’è stata offerta, nel 1990, dalla rassegna di Bruno Dini che presenta un quadro complessivo, ricco e articolato, della geografia delle manifatture tessili basso medievali.18 Gli studi non si sono affatto interrotti negli ultimi due-tre decenni, con lavori di carattere generale19 o su singole città.20 L’attenzione si è rivolta anche a centri piccoli e medi, talvolta veri e propri distretti, dove non di rado parte della manodopera –quella meno specializzata– alternava il lavoro nella manifattura con quello dei campi.21 Il sistema della fabbrica disseminata (Verlagsystem) risulta essere in funzione anche in numerosi piccoli centri.22
L’arte della lana, fiore all’occhiello –si potrebbe dire parafrasando il testo perugino– di tante città italiane, aveva assunto un’importanza del tutto particolare per una serie di ragioni, che si possono così riassumere: produceva ricchezza, ovvero, usando un termine dell’economia contemporanea, contribuiva in misura determinante al prodotto interno lordo; alimentava gli scambi commerciali ai diversi livelli (locale, regionale, internazionale) sia per i panni finiti che per le materie di base, incrementando in tal modo le entrate dell’erario grazie alle gabelle che gravavano sulle merci in movimento; dava da vivere a una parte considerevole della popolazione cittadina e a persone che vivevano nelle campagne circostanti (per la filatura e in certe zone anche per la tessitura); contribuiva a rendere le città ben popolate, in un periodo in cui il numero degli abitanti era considerato elemento di forza e di prestigio: «nichil est quod urbes opulentiores et celebriores efficiat quam civium et habitantium moltitudo».23 Si aggiunga infine che si trattava di una produzione destinata a soddisfare i bisogni primari della popolazione nella sua interezza: come recita uno statuto padovano del ‘300, i tessuti erano considerati «res utiles ad sustentaciones vite», al pari quasi dei generi alimentari (victualia).24
Tutte queste ragioni facevano sì che l’interesse per le sorti della manifattura laniera non rimanesse circoscritto all’interno della corporazione ma chiamasse in causa il governo stesso della città, come testimoniano gli statuti cittadini e le delibere consiliari, di cui abbiamo falto menzione.
Nella celebre descrizione di Firenze al 1338 Giovanni Villani parla di 200 botteghe della lana e di una produzione di 70-80 mila panni, il cui valore superava i 1.200.000 fiorini d’oro.25 Può darsi che il cronista sopravvaluti il numero dei panni confezionati,26 resta il fatto che a Firenze –uno dei maggiori centri dell’Occidente europeo– nessuna altra attività produceva manufatti il cui valore si avvicinasse minimamente a quello dei panni che uscivano dalle botteghe dei lanaioli. Per Siena abbiamo ricordato sopra la considerazione espressa nella massima assemblea cittadina secondo cui la vendita dei panni di lana faceva affluire da ogni parte denaro in città.27 A Pisa una serie di provvedimenti pubblici a favore dell’Arte della lana, adottati prima e dopo la metà del Trecento, avevano come obiettivo dichiarato quello di accrescere la ricchezza della città.28 Vanno nella stessa direzione le testimonianze ricordate sopra in relazione a Verona e Vicenza.29 Ancora, alcune delle maggiori famiglie ascolane della primissima età moderna avevano costruito le loro fortune con la produzione e il commercio dei panni lana.30
Importante quanto l’attività manifatturiera in sé era il commercio delle materie prime e dei panni confezionati. Le une e gli altri erano probabilmente tra le merci che più circolavano sulle medie e lunghe distanze.31 È noto che la più importante arte fiorentina, quella di Calimala, raggruppava i grandi mercanti internazionali impegnati nella rifinitura e nel commercio dei panni pregiati importati dalle Fiandre.32 Quanto alla materia prima, nei centri manifatturieri italiani arrivava –come si è detto– lana dall’Inghilterra, dalla penisola СКАЧАТЬ