Название: En torno a la economía mediterránea medieval
Автор: AAVV
Издательство: Bookwire
Жанр: Документальная литература
isbn: 9788491346647
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Anzitutto gli imprenditori fiorentini mostravano una forte vocazione all’innovazione: fino dagli ultimi decenni del Trecento, il pragmatico adattamento di molti strumenti del commercio provocò effetti fortissimi. Si potrebbero fare molti esempi ma mi limito a due, studiati da Melis. Il primo riguarda le innovazioni nel settore bancario e la graduale creazione di una banca moderna che offriva alle imprese lo scoperto di conto e che usava l’assegno di conto corrente.23 Il secondo attiene al settore dei trasporti dove la differenziazione dei noli marittimi consentì un forte ampliamento della circolazione di beni meno ricchi.24 Sembra quasi inutile sottolineare che quegli atteggiamenti mentali erano il frutto di una tensione rivolta alla espansione della propria impresa e alla riduzione dei costi di transazione; era la stessa tensione che diventava creatività nella produzione degli oggetti.
Accanto alla propensione all’innovazione troviamo una cultura orientata agli investimenti produttivi e al rischio. Francesco di Marco Datini, morendo nel 1410, lasciò oltre centomila fiorini ai poveri di Prato. Di quella cifra il 65 % era rappresentato da investimenti a rischio: quote di partecipazione in società di vario tipo e di varia forma; un altro 25 % era costituito dagli investimenti pubblici, spesso obbligatori, in termini di sottoscrizione delle cartelle del debito pubblico; solo il 10 % rappresentava gli immobili di questo imprenditore.25 Forse il Datini si mostra come un caso piuttosto raro; resta il fatto che, anche osservando le denunce catastali dei fiorentini, il reinvestimento dei guadagni nelle attività produttive sembra essere significativo. Sono convinto che questa particolare propensione al reinvestimento degli utili conseguiti potesse anche derivare dalla influenza degli ordini mendicanti che condannavano con forza il peccato di avarizia. Vicende e dibattiti che mi fanno venire in mente le osservazioni di Thomas Piketty sugli effetti negativi della accumulazione eccessiva della ricchezza e sulla sua errata distribuzione. Molti predicatori francescani e domenicani spiegavano nei loro sermoni che il denaro nella società dei credenti era come il sangue nel corpo mistico di Cristo: fermare il sangue, peccare di avarizia, significava uccidere la comunità dei cristiani.26 Forse per Datini, e per altri come lui, il continuo reinvestimento della propria ricchezza non era solo dettato dall’ansia del guadagno, poteva essere un modo di interpretare quelle prediche e, assieme alle continue elemosine, una risposta alle mille questioni irrisolte con la propria coscienza.
Per concludere questo mio tentativo di individuare i precedenti del fattore Italia nella Firenze rinascimentale vorrei riprendere brevemente il tema del dinamismo per accennare ad altro aspetto fino a ora poco considerato: quello del sistema di relazione tra le imprese, sia produttive che commerciali. Ovviamente non mi riferisco ai naturali meccanismi di confronto, di imitazione e di concorrenza tra aziende presenti sul medesimo mercato. Esisteva un nesso collaborativo, un vero e proprio network tra le aziende artigianali di base, piccole o grandi che fossero, e i grandi mercanti. Da questi ultimi la bottega otteneva un input fatto dagli stimoli ricevuti in contesti lontani, raccolti attraverso la conoscenza e lo studio dei mercati, stimoli e informazioni sui gusti presenti nelle grandi città europee e del Mediterraneo e su prodotti e tecniche poco conosciute. I manufatti, che rappresentavano delle novità, venivano accolti dai produttori i quali avevano cura di adattare tutto al gusto raffinato della realtà locale. Potremmo fare tantissimi esempi ma mi limito a ricordare il caso delle maioliche ispano-moresche. Le ceramiche che circolavano nel Mediterraneo durante il XIV secolo erano fabbricate da artigiani arabi di Manises e Paterna.27 I mercanti fiorentini cominciarono ad acquistarne per vedere se potevano trovare smercio; da Firenze giunsero molteplici input per cui i fabbricanti arabi cominciarono ad adeguarsi al gusto dei committenti fin tanto che, appresa la tecnica, i fiorentini iniziarono a produrne per proprio conto.
Anche da questo punto di vista l’elemento della imitazione si collegava strettamente con il Genius loci e con una creatività sostenuta e arricchita dal contesto ambientale ben curato. Ancora oggi, sia all’interno delle mura che fuori, nella campagna toscana, sono riconoscibili quei particolari elementi di armonia che ci appaiono come il frutto di una intelligenza collettiva, quasi un istinto di chi ha vissuto quell’ambiente, spontaneamente creato sulla base di una grande sensibilità estetica.
La forza economica di Firenze nel Rinascimento non era fatta soltanto dal design-thinking, beneficiava di una complessa serie di fattori economici e culturali.
Se questa è la lezione della storia, troviamo in essa molti utili riferimenti per affrontare oggi i complessi problemi economici dell’Italia. E non solo di essa.
1 D. HERLEY, CH. KLAPISCH-ZUBER, I toscani e le loro famiglie. Uno studio sul catasto fiorentino del 1427, il Mulino, Bologna 1988, pp. 329-362.
2 Il tema che viene affrontato di seguito, oltre che su mie dirette indagini tiene conto di molti altri studi relativi all’artigianato basso medievale, bibliografia articolata e complessa dalla quale emergono i lavori di Donata Degrassi dedicati all’economia artigiana nell’Italia medievale.
3 F. AMMANNATI, Un calzolaio del Quattrocento: Girolamo Talducci e la sua bottega in Porta Santa Trinita, «Prato Storia e Arte», 113, 2013, pp. 143-155.
4 G. NIGRO, Il tempo liberato. Festa e svago nella città di Francesco Datini, Istituto Internazionale di Storia Economica «F. Datini»-Prato, Prato, 1994, pp. 15-28.
5 G. NIGRO, Il tempo liberato, cit., pp. 7-10.
6 ARCHIVIO DI STATO DI PRATO, Fondo Datini, 1154, XXI, Quadernuccio degli scioperii, Compagnia di Arte della Lana di Prato.
7 G. NIGRO, Gestione del personale e controllo contabile. Un significativo esempio nella Toscana Basso medievale, in Fra spazio e tempo: studi in onore di Luigi De Rosa, a cura I. Zilli, I/III, Napoli [1995], I, Dal Medioevo al Seicento, pp. 809-821.
8 G. NIGRO, Per una analisi dei modelli di spesa e di investimento nella Toscana del XIV e XV secolo. Livelli di ricchezza o ceto di appartenenza? in Ricos y pobres: opulencia y dessarraigo en el Occidente medieval, XXXVI Semana de estudios medievales, Estella 20-24 julio, 2009, Gobierno de Navarra, Pamplona 2010, pp. 247-274.
9 Una sintesi di questo processo, complesso e articolato, si può trovare in G. NIGRO, M. SPALLANZANI, Intrecci mediterranei: tra economia e arte, in Intrecci Mediterranei. Il tessuto come dizionario di rapporti economici, culturali e sociali, Prato 2006, pp. 16-21.
10 D. CATELLACCI, Diario di Felice Brancacci, ambasciatore con Carlo Federighi al Cairo per il Comune di Firenze (1422), «Archivio СКАЧАТЬ