Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5. Giannone Pietro
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СКАЧАТЬ altri il ministerio della ruina di Manfredi, ecco che i Romani si ribellarono, e tolsero in tutto l'ubbidienza al Papa, e crearono un nuovo Magistrato detto de' Banderesi; per la qual cosa Urbano fu stretto a chiamare l'esercito franzese, per mantenere almeno con la persona sua il resto dello Stato ecclesiastico, che non seguisse l'esempio di Roma.

      Non lasciò Manfredi di pigliare sì opportuna occasione, e di travagliarlo; poichè partito che fu dall'altra riva del fiume l'esercito nimico, passò solo coi Saraceni, ricusando i suoi Baroni regnicoli d'andare con lui ad offesa delle terre della Chiesa, col pretesto che l'obbligo loro era solo di militare per la difensione del Regno[77]; come se non fosse difender il Regno, con tal diversione abbattere le forze del nemico. Ma Manfredi cedendo al tempo, dissimulò l'abbandonamento, e con placidezza diede a tutti licenza, perchè partissero ed andassero quietamente alle lor case: gli richiese solamente a titolo d'imprestito, che lo sovvenissero di que' danari che aveano portato seco per le spese: ciò che fu trattato dal Conte di Caserta, e così fu fatto.

      L'intrepido Re solamente co' suoi Saraceni andò verso Roma, e porgendo aiuto agli altri ribelli del Papa, perturbò tanto lo Stato ecclesiastico, che quelli Franzesi ch'erano venuti al soldo, non potendo aver le paghe, se ne ritornarono di là dall'Alpi, e gli altri che rimasero, appena bastarono a difenderlo.

      §. I. Invito d'Urbano fatto a Carlo d'Angiò per la conquista del Regno

      Questo accidente accaduto al Papa co' Romani, e 'l veder co' suoi ribelli unito Manfredi, accrebbe di tanto sdegno ed ira l'animo d'Urbano, che lo fece pensare a più potenti ed efficaci modi di ruinarlo; e perchè vedeva con isperienza, che le forze del Ponteficato non erano bastanti ad assoldare esercito tanto possente, che potesse condurre a fine sì grande impresa, chiamò il Collegio de' Cardinali[78], e con una gravissima ed accurata orazione commemorando le ingiurie e gl'incomodi, che per lo spazio di cinquanta anni la Chiesa romana avea ricevuti da Federico, da Corrado e da Manfredi senza niuno rispetto, nè di religione nè d'umanità, propose, ch'era molto necessario non solo alla reputazione della Sede Appostolica, ma ancora alla salute delle persone loro, di estirpare quella empia e nefanda progenie; e seguendo la sentenza della privazione di Federico data nel Concilio di Lione da Papa Innocenzio IV concedere l'uno e l'altro Regno, giustamente devoluto alla Chiesa, ad alcun Principe valoroso e potente, che a sue spese togliesse l'impresa di liberare non solo la Chiesa, ma tanti Popoli oppressi ed aggravati da quel perfido e crudel tiranno, dal quale parevagli ad ora ad ora di vedersi legare con tutto il sacro Collegio, e mandarsi a vogare i remi nelle galee. Queste e simili parole dette dal Papa con gran veemenza commossero l'animo di tutto il Collegio, e con gran plauso fu da tutti lodato il parer di Sua Santità, e la cura che mostrava avere della Sede Appostolica e della salute comune.

      Si venne perciò alla discussione intorno all'elezione del Principe: e poichè dal Re Errico d'Inghilterra non era da sperarsi cos'alcuna per esser lontano, per essersi veduto fin ora inutilmente averlo aspettato tanto, bisognava metter l'occhio ad altro Principe. Dal Re di Francia esserne già stato escluso. Nè era da sperar soccorso da Alemagna, implicata allora tra fiere guerre per l'elezione di due Re de' Romani, cioè d'Alfonso X Re di Spagna e di Rainulfo fratello del Re d'Inghilterra. Gli altri Principi di Spagna, essere parte a Manfredi congiunti di sangue, e parte lontani ed impotenti; onde non restava, che dalla Francia, come non molto lontana e sempre propensa a soccorrere la Chiesa romana, di ricercar ajuto.

      Era allora Carlo Conte di Provenza assai famoso in arte militare ed illustre per le gran cose fatte da lui contra gl'Infedeli in Asia sotto le bandiere di Re Luigi di Francia suo fratello[79], colui che per l'innocenza di sua vita adoriamo ora per Santo; e perchè era ancora ben ricco e possedeva per l'eredità della moglie tutta Provenza, Linguadoca e gran parte del Piemonte; parve al Papa ed a tutto il Collegio subito che fu nominato che fosse più di tutti gli altri attissimo a questa impresa; onde senz'altro indugio elessero Bartolommeo Pignatello già Arcivescovo d'Amalfi, ed ora di Cosenza e poi di Messina[80], per andare con titolo di Legato Appostolico a trovarlo in Provenza e riferirgli la buona volontà del Papa e del Collegio di farlo Re di due Regni, ed a trattare la venuta sua e sollecitarla quanto prima si potesse.

      Fu anche in quest'anno 1263 da Urbano inviato in Inghilterra altro Legato al Re Errico e ad Edmondo suo figliuolo, affinchè non volendo accettar i patti contenuti nell'investitura concessa, nè essendo in istato di adempir le condizioni, colle quali era stato il Regno conceduto, rinunziassero in mano del detto Legato le ragioni che mai potessero avere in questi Reami per l'investitura fattagli da Papa Alessandro IV.

      (Lunig[81] rapporta il breve d'Urbano IV drizzato in quest'anno 1263 al Re d'Inghilterra, riprendendolo della sua negligenza, e che perciò rinuncii all'investitura del Regno, minacciandolo di volerne investir altri. E ripigliando il trattato con Lodovico IX Re di Francia, offerendo l'investitura a Carlo suo fratello, gli scrisse per ciò due Brevi, che pur si leggono presso Lunig[82]).

      E que' Principi prontamente, nauseati da tanti patti e condizioni dal Papa ricercate, rinunciarono l'investitura[83], nè vollero di ciò più sentir parola; ond'è che gl'Inglesi dicono che i Papi dopo aver tirate dall'Inghilterra grandissime somme di denaro per questo negozio, la fecero restar delusa d'ogni speranza, incolpando il Re Errico, il quale essi dicono, avrebbe dovuto alla prima rifiutar questa corona, o almeno rinunziarla tosto, da poi che vide le tante condizioni e difficoltà; e pensare che donare un Regno, sopra del quale non vi si abbia in sostanza alcun diritto, a condizione che s'abbia da andare a conquistare a proprie spese e rischio, è lo stesso, che fare un presente egualmente ingiusto e nocevole, e che fa tanto male a colui che l'accetta, quanto disonore a chi lo dona.

      Intanto l'Arcivescovo di Cosenza giunto in Provenza, espose con molto vigore ed efficacia l'ambasciata; e come era uomo del Regno di Napoli e fiero inimico di Manfredi, cui avendo egli in tanti modi offeso, e dubitando non ne prendesse vendetta, premeva molto di ridurre ad effetto quest'impresa; esagerò a quel Principe con molto spirito e vivacità la bellezza e l'opulenza dell'uno e l'altro reame, e l'agevolezza d'acquistargli, per l'odio che portavano universalmente i popoli alla casa di Svevia.

      Carlo, ancorchè Principe ambizioso, intesa l'ambasciata, restò alquanto sospeso, pensando all'arduità dell'impresa ed all'avversione, che v'ebbe sempre il Re Luigi suo fratello, onde fu per rifiutar l'offerta; nulladimanco stimolato da Beatrice sua moglie, la quale non poteva soffrire, che tre sue sorelle fossero l'una Regina di Francia, l'altra d'Inghilterra e l'altra di Germania, ed ella, che avea avuto maggior dote di ciascuna di loro, essendo rimasta erede di Provenza e di Linguadoca, non avesse altro titolo che di Contessa, vedendo suo marito così sospeso, gli offerse tutto il tesoro, tutte le cose sue preziose, fino a quelle, che servivano per lo culto della sua persona, purchè non lasciasse una impresa così onorata. Mosso adunque non meno dal desiderio di soddisfare alla moglie, che dalla cupidità sua di regnare, rispose all'Arcivescovo, ch'egli ringraziava il Papa di così amorevol offerta, e che accordate che si fossero le condizioni dell'investitura non sarebbe rimasto altro, che di parlarne al Re di Francia suo fratello, il quale sperava, che non solo gli avrebbe dato consiglio d'accettare l'impresa, ma favore ed ajuto di poter più presto e con più agevolezza condurla a fine.

      Ed essendosi cominciato a trattar delle condizioni, che il Papa voleva imporre su i due reami di Sicilia e di Puglia, si vide, che Urbano voleva investirne Carlo, ma con quelle condizioni, colle quali erasi stabilita la pace tra Manfredi ed il Cardinal Ottaviano allora Legato Appostolico, cioè che Napoli, e tutta la provincia di Terra di Lavoro, colle sue città e terre e l'isole adjacenti, come Capri e Procida, Benevento col suo territorio e Val di Guado restassero alla Chiesa romana: e tutte l'altre province, coll'isola di Sicilia si sarebbero a lui per investitura concedute.

      Mostrate al Conte queste condizioni, non volle in conto alcuno accettarle, e СКАЧАТЬ



<p>77</p>

V. Jacob. de Ajello tract. de Adaha, num. 15.

<p>78</p>

Costanzo lib. 1.

<p>79</p>

Costanzo lib. 1.

<p>80</p>

Anonym.

<p>81</p>

Lunig Cod. Ital. Diplom. tom. 2 p. 390.

<p>82</p>

Ibid. pag. 935 e 936.

<p>83</p>

Tutin. de' Contest. pag. 59. Chioccar. M. S. giuris. tom. 1.