Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5. Giannone Pietro
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СКАЧАТЬ qual era, come si disse, Pietro Ruffo di Calabria Conte di Catanzaro. Questi essendo di fortuna assai povera, fu a' tempi dell'Imperador Federico ammesso nella sua Corte[50]; indi tratto tratto crescendo nella grazia di Federico, fu fatto suo intimo Consigliero, e finalmente Maresciallo del Regno di Sicilia. Morto Federico, fu da Manfredi dato per Balio ad Errico, perchè governasse la Calabria e la Sicilia in suo nome. Fu da poi da Corrado fatto Conte di Catanzaro, e confermato nel governo di quelle province; ma morto Corrado, mal sofferendo il Baliato di Manfredi, diede di se gravi sospetti d'essersi confederato col Pontefice Innocenzio IV a' danni del Re Corradino; e mostrò sempre avversione con Manfredi, ed ora più che mai, che lo vedeva potente in Puglia, gli avea sconvolta la Sicilia non meno che la Calabria per mezzo di Giordano Ruffo suo nipote. Questi essendosi con molta gente afforzato in Cosenza, teneva sotto la sua divozione tutta la provincia di Val di Crati, e Terra Jordana, in guisa che il nome del Principe Manfredi, non solo non era temuto, ma avuto in niun conto; anzi erasi scoverto un trattato, che passava con molta secretezza tra lui ed il Pontefice Alessandro, di darsi la Calabria in mano della Chiesa, e già andavano, e ritornavano messi per compire il trattato[51].

      Manfredi avvisato di queste insidie da alcuni Cosentini, e da Gervasio di Martina, tosto mandò sue truppe in Calabria, e ne fece Capitano Corrado Truich, al quale insieme col suddetto Gervasio impose, che guardasse quella provincia. Furono da questi valorosi guerrieri dopo varj successi, descritti diffusamente dall'Anonimo, finalmente poste quelle province sotto l'ubbidienza del Re Corrado; ed avendo l'esercito di Manfredi soggiogata quasi tutta la Calabria, fu anche espugnata Messina; e Reggio tosto si pose sotto l'ubbidienza del Principe, il quale intanto mentre per suoi Ministri guerreggiava in Calabria e in Sicilia, non tralasciò l'assedio d'Oria, e di ridurre le città di Terra d'Otranto ribellanti alla sua divozione.

      Ma mentre Manfredi era intento all'assedio d'Oria, e teneva le sue forze divise in varie parti di Calabria e di Sicilia, Ottaviano Legato della Sede Appostolica avea già ragunato un grand'esercito per invadere la Puglia; ed era il numero delle truppe, che lo componevano, sì grande, che obbligarono Manfredi abbandonare quell'assedio, e portarsi in Melfi, per resistere a quel torrente, che veniva ad inondarlo. Unì per tanto il Principe, come potè meglio, i suoi Tedeschi e Saraceni: ed ancorchè il suo esercito di numero cedesse a quello del Legato; nulladimeno per lo valore de' suoi soldati, con intrepidezza mirabile se gli fece incontro, invitandolo a battaglia. Ma l'esercito papale, alla cui testa era il Legato, non volle mai accettar l'invito, e sol fronteggiava quello del Principe, non venendosi per più tempo a niun fatto d'arme.

      Intanto sotto la condotta dell'Arciprete di Padova, che il Legato avea fatto suo Vicario, erasi ragunato un altro esercito per l'impresa di Calabria; poichè Pietro Ruffo scacciato da Messina, e fuggitivo da Calabria era ricorso al Pontefice Alessandro, animandolo all'impresa di Calabria. S'aggiunsero ancora gli acuti stimoli di Bartolommeo Pignatelli, creato allora dal Papa Arcivescovo di Cosenza, il quale per l'odio implacabile, che teneva con Manfredi, fu dal Pontefice Alessandro riputato istromento abilissimo per poterlo impiegare insieme con Pietro Ruffo a quella impresa. Accoppiossi ancora a costoro Bertoldo Marchese di Honebruch, al quale Alessandro, per maggiormente adescarlo, avea conceduta l'investitura del Contado di Catanzaro, tolto da Manfredi a Pietro Ruffo[52].

      Or mentre questi erano per incamminarsi in Calabria, fu dal Legato richiamato indietro l'Arciprete, per dover colle sue truppe accrescere l'esercito, che fronteggiava con quello di Manfredi; e s'avviarono l'Arcivescovo di Cosenza, e Pietro Ruffo in Cosenza, ove giunti, avendo prima sparse molte finte novelle, per atterrire que' Popoli, finalmente gli richiesero, che si rendessero al Papa. Ma stando alla difesa di que' confini Gervasio di Martina, fece loro valida resistenza; e poichè, per la mancanza delle genti dell'Arciprete, l'esercito dell'Arcivescovo era molto estenuato, questo Prelato per accrescere il numero, tenendone facoltà dal Papa, cominciò a crocesignare quanti Calabresi potè avere per que' contorni, togliendogli dalla zappa, dall'aratro e dal remo, i quali correvano in folla a farsi crocesignare; poichè l'Arcivescovo avea pubblicata la Crociata contro Manfredi, con remissione di tutti i loro peccati, e indulgenze così plenarie, come se pigliassero la Croce contro Infedeli per discacciargli da Terra Santa, e dal Sepolcro di Cristo[53]. Si crocesignarono perciò da duemila Calabresi, che uniti colle genti dell'Arcivescovo, ancorchè mal in arnese d'armi e cavalli, nulladimanco come se andassero a prender il martirio per la Fede, mostrarono intrepidezza tale che stimolavano l'Arcivescovo a dover in tutti i modi uscire e combattere l'esercito contrario. Ma Gervasio di Martina disprezzando le loro forze, dopo varie vicende descritte minutamente dall'Anonimo, alla perfine gli pose in fuga, gli dissipò tutti, e costrinse l'Arcivescovo e Pietro Ruffo a scappar via, il quale ricovratosi in Lipari, tornò poi in Terra di Lavoro nella Corte del Papa. Questi avvenimenti stabilirono le Calabrie saldamente nella fede del Principe Manfredi, e tutte pacate sotto la sua ubbidienza tornarono.

      Intanto questo Principe campeggiava col suo esercito in Puglia presso Guardia Lombarda a fronte dell'esercito del Legato, il quale non volendo venir mai a battaglia, stavasi a vista di quello di Manfredi osservando l'uno gli andamenti, ed i moti dell'altro.

      Ma mentre questi eserciti erano in cotal stato, ecco che giunse in Puglia a Manfredi un Maresciallo del Duca di Baviera zio del fanciullo Re Corrado mandato dalla Regina Elisabetta madre del Re, e dal Duca istesso, per trattare con Manfredi, e colla Corte romana di questi interessi, ch'erano proprii di quel Principe[54].

      Subito che il Legato ed il Marchese Bertoldo seppero l'arrivo del Maresciallo, e la cagione per la quale era stato inviato, mandarono al Principe Manfredi a cercargli una tregua e sospension d'arme, affine di potersi trattar la pace tra il Papa Alessandro ed il Re Corrado per mezzo del Maresciallo; Manfredi glie la accordò; ed essendosi per molti Nobili e Baroni dell'una parte e l'altra giurata la tregua per insino che durasse il trattato, e per cinque dì da poi, nel caso niente si conchiudesse: il Legato, niente rispondendo circa la dilazione di cinque giorni, diede di se sospetto, non volesse ingannarlo, siccome l'evento dimostrò; poichè essendosi Manfredi (fermata che fu la tregua) allontanato col suo esercito da quel luogo, e scorrendo per le marine di Bari, il Legato, contro i patti della tregua, entrò col suo esercito in Capitanata, e sorprese Foggia; pose in costernazione tutte le altre città di questa provincia; e la città di S. Angelo posta nel sopracciglio del Monte Gargano, all'arrivo dell'esercito papale in Foggia, si ribellò contro il Principe. Manfredi, ch'era a Trani, pien di stupore per la violata fede del Legato[55], non credè in prima la sorpresa di Foggia; ma accertato da poi di sì grave attentato, tutto pien d'ira velocemente passò col suo esercito a Barletta, ed avendola mantenuta in fede, ritornò in Lucera; indi passò al Gargano, ove presa per assalto quella città ribellante, la ridusse alla sua ubbidienza; e ristorato il suo esercito, si appressa a Foggia, ove assedia l'esercito papale, ch'erasi ritirato in quella città. Intanto il Marchese Bertoldo era accorso colle sue truppe in ajuto del Legato: Manfredi lo prevenne, e datagli una fiera rotta, lo pone in fuga, e prende tutto il suo bagaglio.

      Il Legato si chiude in Foggia col suo esercito; e Manfredi cinge la città di stretto assedio, e vi cagiona una penuria grandissima di viveri, tanto che si dava un cavallo per una gallina, e sopra questi mali vi s'aggiunse altro peggiore d'una infermità così grave, che ne perivano molti del suo esercito, e l'istesso Legato cadde anch'egli infermo[56].

      Vedutosi perciò in quest'angustie, conoscendo, che non poteva più resistere alla fortuna e valore del Principe, per non veder perire tutte le sue genti angustiate con quel stretto assedio, mandò suoi Messi a Manfredi pregandolo della pace. Non fu il Principe renitente ad abbracciarla; onde dopo varj trattati infra di loro avuti, fu la pace conchiusa con queste condizioni[57].

      Che il Principe tenesse il Regno per se e per parte del Re Corrado suo nipote, eccetto Terra di Lavoro: che questa provincia dovesse tenersi dalla Chiesa: che se Papa Alessandro non volesse СКАЧАТЬ



<p>50</p>

Anonym. Curiam ipsius Imperatoris Federici pauper ingressus.

<p>51</p>

Anonym. Quia tractari dicebatur, quod Calabria in manibus Ecclesiae daretur.

<p>52</p>

Anonym.

<p>53</p>

Anonym.

<p>54</p>

Anonym.

<p>55</p>

Anonym. Minime credibile reputavit, et miratus est si verum esset, quod Legatus Sedis Apostolicae, vir quidem Ecclesiasticus, et qui magis aliis fidem servare tenebatur, firmata inter se, et Principem treguarum pacta, fregisset.

<p>56</p>

Anonym.

<p>57</p>

Anonym. Ut princeps pro parte sua, et Regis Conradi nepotis sui Regnum teneret, excepta Terra Laboris, quam Princeps Ecclesiae concessit tenendam.