Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5. Giannone Pietro
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СКАЧАТЬ battaglia, la quale non è del nostro istituto descriverla a minuto, potendosi con tutte le sue circostanze leggere nell'Anonimo, nel Summonte, Inveges, Tutini; e presso molti altri Istorici, che la rapportano.

      L'infelice Manfredi mentre la pugna tutta arde, ed egli la mira da un rilevato colle, vede due schiere del suo esercito, ch'erano malmenate da' nemici, e volendo movere la terza, ch'era sotto la sua guida, tutta di Pugliesi, grida a' Capitani suoi, che tosto ivi accorressero alla difesa, s'avvede che molti de' nostri Regnicoli corrotti da Carlo, seguivano il suo partito, e con infame tradimento non ubbidivano, ma s'astenevano di combattere, quando il bisogno più lo richiedeva[105]. Allora Manfredi con animo grande ed invitto, deliberando di voler più tosto morire, che sopravvivere a tanti valorosi suoi Campioni, che vedea in quella strage morire; cala egli al campo, ed ove la pugna più arde si mischia nella più folta schiera de' suoi nemici, e tra loro combattendo, da colpi di sconosciuto braccio, perchè niuno potesse darsi il vanto di sua morte, restò infelicemente in terra estinto; e sconosciuto tra innumerabile folla di cadaveri estinti, tre dì, prima che fosse ravvisato, miseramente giacque. Così infamemente da' suoi tradito morì Manfredi[106]. Il cui tradimento non potè Dante (siccome l'Anonimo) non imputarlo a' nostri Regnicoli, chiamati allora comunemente Pugliesi, quando nel suo Poema[107] commemorando questa rotta, coll'altra data a Corradino, disse:

      E l'altra, il cui ossame ancor s'accoglie

      A Ceperan là dove fu bugiardo

      Ciascun Pugliese; e là da Tagliacozze,

      Ove senz'arme vinse il vecchio Alardo.

      Ecco l'infelice fine di questo invitto e valoroso Eroe, Principe (se ne togli la soverchia ambizion di regnare e non avesse avuto l'odio di più romani Pontefici, che lo dipinsero al Mondo per crudele, barbaro e senza religione) da paragonarsi a' più famosi Capitani dei secoli vetusti. Ei magnanimo, forte, liberale ed amante della giustizia, tenne i suoi Reami in istato florido ed abbondante. Violò solamente le leggi per cagion di regnare, in tutte le altre cose serbò pietà e giustizia. Egli dotto in filosofia, e nelle matematiche fu espertissimo, non pur amante de' Letterati, ma egli ancora litteratissimo, e narrasi aver composto un trattato della caccia, a questi tempi da' Principi esercitata, ed in sommo pregio, e diletto avuta. Biondo era, e bello di persona e di gentile aspetto, affabilissimo con tutti, sempre allegro e ridente, e di mirabile ed ameno ingegno; tanto che non son mancati[108] chi con ragione l'abbia per la sua liberalità, avvenenza e cortesia, paragonato a Tito figliuolo di Vespasiano, reputato la delizia del genere umano. Della sua magnificenza sono a noi rimasti ben chiari vestigi, il Porto di Salerno, e la famosa città di Manfredonia in Puglia, che dal suo ritiene ancor ora il nome. E se i continui travagli sofferti per difendere il Regno dalle invasioni di quattro romani Pontefici, gli avessero dato campo di poter più attendere alle cose della pace, di più magnifiche sue opere, e di altri più nobili istituti avrebbe egli fornito questo Reame.

      Intanto l'esercito di Carlo avendo interamente disfatto quello dell'infelice Manfredi, inoltrossi nel Regno, ed in passando, non vi fu crudeltà e strage, che i Franzesi non usassero; Benevento andò a sacco ed a ruba, nè fu perdonato a sesso, nè ad età. Que' Baroni, che nella pugna non restarono estinti, parte fuggendo scamparono la morte, e parte inseguiti da quei di Carlo furono fatti prigionieri: alcuni ne furono mandati prigioni in Provenza, ove gli fece morire d'aspra e crudel morte; alcuni altri Baroni tedeschi e pugliesi ritenne prigioni in diversi luoghi del Regno; ed a preghiere di Bartolommeo Pignatelli Arcivescovo di Cosenza, e poi di Messina, diede libertà a' Conti Gualvano, e Federico fratelli, ed a Corrado, ed a Marino Capece di Napoli cari fratelli[109].

      Erano intanto scorsi tre giorni, e di Manfredi non s'avea novella alcuna, tanto che si credea avesse colla fuga scampata la morte; ma fatto far da Carlo esattissima diligenza nel campo tra' corpi morti fu finalmente a' 28 di febbraio giorno di domenica, ravvisato il suo cadavero[110]; e condotto avanti il Re, lo fece Carlo osservare da Riccardo Conte di Caserta, e dal Conte Giordano Lancia, e da altri Baroni prigionieri de' quali alcuni timidamente rispondendo, quando fu esposto agli occhi di Giordano, questi tosto che lo riconobbe, dandosi colle mani al volto, e gridando altamente, e piangendo se gli gittò addosso baciandolo, e dicendo: Oimè, Signor mio, ch'è quel che io veggio! Signor buono, Signor savio, chi ti ha così crudelmente tolto di vita! Vaso di filosofia, ornamento della milizia, gloria de' Regi, perchè mi è negato un coltello, ch'io mi potessi uccidere per accompagnarti alla morte, come ti sono nelle miserie[111]; e così piangendo non se gli potea distaccare d'addosso, commendando que' Signori franzesi molto cotanta sua fedeltà ed amore verso il morto Principe. E richiesto Carlo da' Franzesi stessi impietositi del caso estremo, che lo facesse onorar almeno degli ultimi ufficj, con fargli dar sepoltura in luogo sacro, si oppose il Legato Appostolico, dicendo che ciò non conveniva, essendo morto in contumacia di Santa Chiesa; onde Carlo loro rispose, ch'egli lo farebbe molto volontieri, se non fosse morto scomunicato. Perlaqualcosa fu il suo cadavero seppellito in una fossa presso il Ponte di Benevento, ove ogni soldato (affinchè almeno in cotal guisa fosse noto a' posteri il luogo del suo sepolcro, e l'ossa non fossero sparse, ma ivi custodite) vi buttò una pietra, ergendovisi perciò in quel luogo un picciol monte di sassi.

      Ma l'Arcivescovo di Cosenza fiero inimico di Manfredi, cui non bastò la morte per estinguere il suo implacabil odio, ad alta voce gridando cominciò a dire, che se bene non fosse stato Manfredi sepolto in luogo sacro, era però stato il suo cadavero posto presso a Benevento, in terreno ch'era della romana Chiesa; che dovea quel cane morto levarsi da quel luogo, e portarsi fuori del Regno, e le ossa buttarsi al vento; del di cui zelo cotanto si compiacque Papa Clemente, che furono l'ossa dissotterrate ed a lume spento furono trasportate in riva del fiume Verde, oggi appellato Marino[112], ed esposte alla pioggia, ed al vento, tanto che gli abitatori di que' luoghi non poteron mai di quelle trovar segno, o memoria alcuna[113]. Dante come Ghibellino, avendo compatimento d'un così miserabil caso, finge Manfredi penitente, e lo ripone perciò non già nell'Inferno, ma nel Purgatorio, e così gli fa dire:[114].

      son Manfredi

      Nipote di Costanza Imperatrice:

      Ond'io ti priego, che quando tu riedi,

      Vadi a mia bella figlia, genitrice

      Dell'onor di Cicilia e d'Aragona,

      E dichi a lei il ver, s'altro si dice.

      Poscia ch'i' ebbi rotta la persona

      Di due punte mortali, i' mi rendei,

      Piangendo, a quei che volentier perdona.

      Orribil furon li peccati miei:

      Ma la bontà infinita ha sì gran braccia

      Che prende ciò, che si rivolve a lei.

      Se 'l Pastor di Cosenza, ch'alla caccia

      Di me fu messo per Clemente allora,

      Avesse in Dio ben letta questa faccia,

      L'ossa del corpo mio sariéno ancora

      In co del Ponte presso a Benevento

      Sotto la guardia de la grave mora:

      Or le bagna la pioggia, e move 'l vento

      Di fuor dal Regno quasi lungo 'l Verde:

      Ove le trasmutò a lume spento.

      Per lor maladizion sì non si perde,

      Che non possa tornar l'eterno amore,

      Mentre che la speranza ha fior del verde.

      CAPITOLO IV

      Re Carlo entrato nel Regno СКАЧАТЬ



<p>105</p>

Anonym. Mandat caeteris Capitanis et Praepositis sui exercitus, quod illico descendant ad pugnam: sed cum nonnulli de Regno, qui quosdam falsos Comites, cum quibus Rex Carolus sub colorato patrimonialis successionis titulo spolia Regni diviserat, sequebantur, nollent bellum ingredi, sed proditorie abstitissent, Manfredus cum suis militibus mori potius eligens, etc.

<p>106</p>

Anonym. Proh dolor! a suis sic proditus, etc.

<p>107</p>

Dante nell'Infer. canto 28.

<p>108</p>

Riccobaldo presso il Summonte.

<p>109</p>

Anonym. Quibus ad preces B. de Pignatellis Archiepiscopi Messanensis vitae veniam post eventum praefatae deliberationis indulserat.

<p>110</p>

Epist. Caroli ad Clem. IV. che si legge presso Tutini de' Contest. del Reg. pag. 96.

<p>111</p>

Inveges Annal. di Paler. t. 3.

<p>112</p>

Boccaccio: Viridis fluvius a Picaenatibus dividens Aprutinos, et in Truentum cadens, mirabilis, eo quod ejus in ripam, quae ad Picaenates versa est, jussu Clementis Pontificis Summi, ossa Manfredi Regis Siciliae, quae secus Calorem Baneventi fluvium sepulta erant, absque ullo funebri officio dejecta fuerunt a Consentino Praesule, eo quod Fidelium communione privatus occubuerit.

<p>113</p>

Alessand. Andrea nella Guerra di Paolo IV ragion. 2.

<p>114</p>

Dante Canto 3 del Purgatorio.