Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5. Giannone Pietro
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СКАЧАТЬ lecito al Principe ricuperare tutta quella Terra, ch'appartiene al suo dominio.

      Fermata che fu dal Principe e dal Legato questa pace, fu da costui Manfredi instantemente pregato, che volesse ad imitazione del nostro buon Redentore perdonare a que' gentiluomini del Regno, che nel tempo dell'Imperador Federico suo padre erano stati esiliati dal Regno, e che allora erano col Legato. Manfredi, ancorchè questo non fosse compreso ne' capitoli della pace, nulladimanco usando della sua clemenza concedè a tutti il perdono, e non solamente lor diede la sua grazia, ma restituì loro tutte le Terre, che in pena della fellonia loro erano state giustamente tolte, con che però nell'avvenire colla loro fedeltà ed onore cancellassero le passate offese.

      Nè volle, che da questa grazia fosse eccettuato il Marchese Bertoldo, co' suoi fratelli, ma con ampio perdono gli ammise nuovamente nella sua familiarità, permettendo, che potessero ritenere i loro Stati, dei quali per le loro colpe avrebbono meritato esserne perpetuamente privi.

      Conchiusa in cotal maniera questa pace, l'esercito papale col Legato partì da Foggia, ed andò in Terra di Lavoro; e Manfredi avendo perciò tolto l'assedio da quella città, andò a divertirsi alla caccia in quelle vicine pianure; ma nell'istesso tempo del riposo, non trascurò mandare suoi Ambasciadori al Papa a chiedergli l'accettazione di quanto erasi col Legato concordato[58]; altrimente rifiutando l'accordo, in esecuzion di quello avrebbe proccurato ridurre sotto la sua ubbidienza Terra di Lavoro.

      Ma ecco come tosto svanirono questi concordati; poichè giunti gli Ambasciadori del Principe in Napoli, trovarono nella Corte del Papa il Conte Guaserbuch, il quale scoprì loro una congiura, che coll'intelligenza di quella Corte, il Marchese Bertoldo, e suoi fratelli con alcuni Nobili del Regno tramavano contro la persona di Manfredi, al quale bisognava tosto avvisarla, perchè se ne guardasse. S'avvidero ancora, che il Papa Alessandro a tutto altro era inchinato, che a confermar l'accordo avuto col suo Legato; onde tosto dell'uno e dell'altro ne avvertirono Manfredi.

      Il Principe sorpreso da tal notizia, ricercati altri indizj di tal congiura, s'avvide, che era vero ciò che gli aveano avvisato i suoi Ambasciadori; onde fece tosto imprigionare il Marchese e' suoi fratelli. Ed essendo ritornati dalla Corte del Papa gli Ambasciadori senza conchiuder niente, stante la ripugnanza d'Alessandro ad accettare la preceduta concordia: per riparare a' mali gravissimi, che se gli minacciavano, intimò una general Corte a tutti i Conti e Baroni del Regno da tenersi in Barletta in febbrajo nel dì della Purificazione del seguente anno 1256. Ed intanto perchè dal suo canto niente da far rimanesse, per togliere ogni scusa, tornò a mandare nuovi Ambasciadori al Pontefice a ricercarlo di nuovo, se volesse confermar la concordia, ma Alessandro espressamente negando di fermarla, ne rimandò i Legati.

      Allora fu, che Manfredi nel stabilito tempo convocò in Barletta il general Parlamento, nel quale in presenza di tutti i Conti e Baroni del Regno furono varj, e gravi affari risoluti.

      Fu privato per sentenza de' medesimi Pietro di Calabria, tanto dell'onore del Contado di Catanzaro, quanto dell'Ufficio della Marescialleria regia del Regno di Sicilia, per la sua fellonìa.

      Fu creato Conte del Principato di Salerno Gualvano Lancia zio del Principe, al quale fu anche conceduto l'Ufficio di Gran Maresciallo del Regno di Sicilia, di cui era stato Pietro spogliato.

      Nell'istesso Parlamento, il fratello di Gualvano zio parimente di Manfredi fu fatto Conte di Squillaci; ed ad Errico da Spernaria fu conceduto il Contado di Marsico[59].

      Fu parimente in questa general Corte agitata e discussa la causa del Marchese Bertoldo e de' suoi fratelli, i quali convinti della congiura macchinata contro il Principe, con concorde voto de' Conti e de' Baroni del Regno, furono con lor sentenza condennati a morte. Ma Manfredi volendo usar loro clemenza, commutò la pena in carcere perpetua, ove miseramente finirono la loro vita.

      Disbrigato che fu il Principe Manfredi da questa Corte, ove diede molti provedimenti politici per la quiete del Regno, fu poi tutto rivolto all'impresa di Terra di Lavoro, ed a spegnere affatto dalla Calabria, e più dalla Sicilia la fazione del Papa, il quale in quell'isola ancor vi teneva Frate Rufino dell'Ordine de' Minori per Legato della Sede Appostolica, il quale poneva in isconvolgimenti continui quell'isola avendosi resi molti Siciliani benevoli, i quali scossa la fede regia, ubbidivano a lui, come a Signore dell'isola in nome della Chiesa romana. A riparar questi mali creò Manfredi per suo general Vicario di Calabria e di Sicilia Federico Lanzia suo zio, il quale con mirabile destrezza e gran valore ripose le città di Calabria fluttuanti interamente in pace e quiete, e sotto l'ubbidienza del Re, e dando animo all'esercito regio, ch'era in Palermo, fece sì, che il Legato Rufino, e' suoi seguaci fossero fatti tutti prigioni, e fosse restituita Palermo, e tutti que' luoghi all'ubbidienza del Re; e passato poi in Messina ridusse parimente quella città alla fede regia.

      Intanto il Principe Manfredi avendo intimata la guerra al Papa, che allontanatosi dal Regno, avea prima in Anagni, e poi in Viterbo trasferita la sua Corte, s'accinse all'impresa di Terra di Lavoro, per restituirla sotto il suo dominio. Spiegò li suoi stendardi, e con potente esercito entrò ne' confini di Terra di Lavoro, e verso Napoli incamminossi. Fu veramente cosa maravigliosa, come notò il Costanzo[60], che la città di Napoli, la quale pochi anni prima avea tanto ostinatamente chiuse le porte e negata l'ubbidienza a Corrado, ora, mandasse fuori messi a Manfredi, mentre era ancor lontano, a spontaneamente offerirsegli[61]. Nè si crede che ne fosse stata altra cosa cagione, che le poche forze e vigore del Papa, e la fresca memoria, che sotto la speranza di Papa Innocenzio IV erano stati saccheggiati, e miseramente disfatti. Nè vi è dubbio, che vi cooperarono molto le promesse di Manfredi, il quale mandò a dire a molti gentiluomini suoi conoscenti, quanto gli uomini valorosi poteano sperare maggior esaltazione da lui, che dal governo de' Preti; il che si potea vedere per esempio di molti di Puglia e di Calabria e d'altre province, ch'egli con somma liberalità e munificenza avea esaltati con ordine di cavalleria, e con altre dignità e preminenze. In fatti i Napoletani riceverono con gran festa e giubilo Manfredi nella lor città; il quale, perchè l'effetto fosse conforme alle promesse, entrato che vi fu, fece tutto il contrario di quel, che avea fatto Corrado, rinovando a sue spese gli edificj pubblici, assecurando tutti coloro, che a tempo di Corrado ed a tempo suo s'erano mostrati inimici della Casa di Svevia, ed onorando molti Nobili, con pigliargli, secondo l'età e la virtù, o per Consiglieri, o per Cortegiani appresso la sua persona[62].

      L'esempio di Napoli mosse anche i Capuani di rendergli parimente la loro città, ed il simile fecero tutte l'altre città convicine. Solo Aversa per la fazione, che v'aveano le genti del Papa, fece alquanto resistenza; ma finalmente bisognò, che cedesse alla forza di Manfredi, ed in breve tutta la provincia di Terra di Lavoro si sottopose alla sua ubbidienza. Ridotta questa provincia, passò in Capitanata, ed indi in Brindisi per reprimere la sedizione, che l'Arcivescovo di quella città aveagli fomentata: la ridusse in sua fede, ed imprigionò l'Arcivescovo. Ariano e l'Aquila, che furono l'ultime e le più ostinate a mantenersi in ribellione, furono da lui arse e distrutte.

      Così avendo questo Principe restituito con tanto valore al suo dominio tutto il Regno di Puglia, si dispose di passare in Sicilia per maggiormente stabilirla nella fede regia, e purgare quell'isola d'ogni vestigio, che mai vi rimanesse della fazion contraria. Navigò lo stretto, ed in Messina giunto, fecevi dimora per pochi giorni, ed indi passò a Palermo regia Sede degli antichi Re di Sicilia.

      Intanto il Pontefice Alessandro, non potendo per se solo rintuzzare le forze di Manfredi, rinovò in quest'anno 1257 le pratiche in Inghilterra, per ridurre quel Re ad accettar l'investitura del Regno offertagli per Edmondo suo figliuolo; e narra Matteo Paris, che Errico vi condescese; ma perchè le forze non erano pari all'impresa, il Re desiderava, che gl'Inglesi gli dessero validi ajuti: per la qual cosa fece egli unire un Parlamento, e fecevi in quello comparire Edmondo vestito alla Pugliese, per maggiormente spingergli a soccorrerlo, acciocchè il Regno offertogli, СКАЧАТЬ



<p>58</p>

Anonym.

<p>59</p>

Anonym.

<p>60</p>

Costanzo l. 1.

<p>61</p>

Anon.

<p>62</p>

Anonym. Et ideo praedictae duae Civitates Neapolis, et Capua sponte sua se ad mandatum Principis converterunt.