Istoria civile del Regno di Napoli, v. 6. Giannone Pietro
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СКАЧАТЬ in questo XIV secolo nuove compilazioni del diritto pontificio. Acciocchè i Papi d'Avignone non fossero, anche in ciò, meno che i Papi di Roma: Clemente V racchiuse in cinque libri le sue Costituzioni, e quelle stabilite nel Concilio di Vienna; e tenendo nel mese di marzo dell'anno 1313 pubblico concistoro nel castello di Montilio, vicino la città di Carpentras, gli fece pubblicare; ma infermatosi poco da poi e morto nel seguente mese d'aprile, non ebbe tempo di mandargli alle Università degli studj, perchè nelle scuole s'insegnassero, e per quattro anni rimasero sospese. Giovanni Aventino166, per relazione avutane da Guglielmo Occamo, scrisse, che Clemente nel punto della morte, considerando, che quelle Costituzioni contenevano molte cose contrarie alla simplicità cristiana, ordinò che s'abolissero; ma il suo successore Giovanni XXII trovatele a proposito del suo genio di congregar tesori, le fece nel mese di ottobre dell'anno 1317 pubblicare; e le trasmise alle Università degli studj, ordinando per sua Bolla167, che quelle si ricevessero non meno nelle scuole che ne' Tribunali. Sortirono due nomi di Clementine, e per non confonderle col sesto, furono anche chiamate settimo delle decretali, come le chiamarono Giovanni Villani168, Aventino, Michel di Cesena ed altri169.

      Non soddisfatto appieno Giovanni XXII di questa compilazione, volle alle Costituzioni di Clemente aggiungere venti altre delle sue, le quali furono chiamate utili e salutifere, a cagion dell'utilità grande, che recavano alla sua Corte; e poichè senz'ordine vagavano fuori del corpo dell'altre raccolte, furono chiamate Joannine170, come eziandio le chiamò Cuiacio171; ed intorno all'anno 1340 furono per privata autorità raccolte insieme, nè furono ricevute da tutti per pubblica autorità. Questo Pontefice vien riputato ancora autore delle regole della Cancelleria172, inventore delle scandalose Annate, e d'altri sottili ed ingegnosi ritrovamenti per cumular ricchezze. Al di lui esempio gli altri Pontefici suoi successori, ne stabilirono delle altre, come Eugenio IV, Calisto III, Paolo II, Sisto IV ed altri; onde da poi per privata autorità se ne fece di tutte queste estrazioni raccolta, che fu al corpo del diritto pontificio aggiunta, ed ebbero non meno che le decretali i suoi Chiosatori e commentatori173. Ma non da tutte le nazioni furono ricevute: e Guglielmo Occamo, che fu coetaneo di Giovanni XXII testifica, che sin dal loro nascimento, furono da molti riprese e condennate come eretiche e false e ripiene di molti errori174. Presso i nostri Canonisti però ebbero credito e vigore; e mentre durò il Regno degli Angioini, non vi fu cosa, che i Pontefici avignonesi non facessero, che prontamente non fosse ricevuta; quindi avvenne che quando la Francia e la Germania cominciavano a toglier da' loro Regni gli abusi, presso di noi maggiormente si stabilivano; e li disordini che seguirono da poi nel Regno di Giovanna I, e de' seguenti Re angioini (dove non meno lo stato politico, per le tante revoluzioni, che l'Ecclesiastico per lo scandaloso Scisma, che surse, furono tutti sconvolti) posero le cose in maggior confusione, ed in altri pensieri intrigarono gli animi de' nostri Principi, sì che potessero pensare al rimedio, come vedrassi ne' seguenti libri di quest'Istoria.

FINE DEL LIBRO VENTESIMOSECONDO

      LIBRO VENTESIMOTERZO

      Celebrate che furono l'esequie dell'inclito Re Roberto, la città di Napoli fece subito gridar per tutto il nome di Giovanna e d'Andrea; ma si vide in pochi dì, come scrive il Costanzo175, quella differenza, ch'è tra il dì e la notte; poichè gli Ungheri, de' quali era Capo Fra Roberto, per mezzo dell'astuzia di lui, pigliarono il governo del Regno, cacciando a poco a poco dal Consiglio tutti i più fidati e prudenti Consiglieri del Re Roberto, per amministrar ogni cosa a volontà loro; onde la povera Regina, che non avea più di sedici anni, era rimasta solo in nome Regina, ma in effetto prigioniera di que' barbari, e quel che più l'affliggeva, era la dappocaggine del marito; il quale non meno di lei stava soggetto agli Ungheri. La Regina Sancia vedova del Re Roberto, vedendo in tanta confusione la Casa Reale, che a tempo del suo marito era stata con tanto ordine, fastidita del Mondo, andò a rinchiudersi nel Monastero di Santa Croce, edificato da lei presso al mare, dove appena finito l'anno morì con fama grandissima di santità. I Reali, che stavano in Napoli, vedendosi da Fra Roberto privi di tutto quel rispetto che solevano avere dal Re Roberto, andarono ciascuno alle sue Terre, ed in Napoli si vivea con grandissimo dispiacere. I Cavalieri napoletani, vedendo il Re Andrea dato all'ozio, e non esservi menzione alcuna di guerra, andarono ad offerirsi a Roberto Principe di Taranto, che quell'anno armava per passare in Grecia: ed accettati con molto onore dal Principe, andarono a servirlo con tutte le loro compagnie, e diedero esempio a molti Cavalieri privati del Regno che andassero a quell'impresa; e con questa milizia felicemente il Principe ricovrò fin alla città di Tessalonica; ed era salito in gran speranza di ricovrare la città di Costantinopoli, se dalle turbolenze del Regno, che si diranno, que' Capitani, con quasi tutta l'altra Cavalleria, non fossero stati richiamati alla difensione delle cose proprie. Frate Roberto pronosticando da questi andamenti, che i Reali di Napoli avessero da far ogni sforzo di precipitarlo dal colmo di quell'autorità, che si avea usurpata, mandò a sollecitare Lodovico Re d'Ungaria fratello maggiore d'Andrea, che venisse a pigliarsi la possessione del Regno, come debito a lui per eredità dell'avolo; ma Antonio Buonfinio Scrittore dell'Istorie d'Ungaria dice, che Lodovico Re d'Ungaria mandò Ambasciadori al Papa a proccurare, che mandasse a coronar Andrea suo fratello, e che gli facesse l'investitura, non come marito della Regina Giovanna, ma come erede di Carlo Martello suo avolo, e che questi Ambasciadori fecero a tal'effetto molto tempo residenza nella Corte del Papa, che allora era in Avignone, perchè vi trovarono gran contrasto; e Giovanni Boccaccio scrive, che appena poterono ottenere le Bolle dell'incoronazione. Giovanna intanto era stata già solennemente coronata in Napoli per mano del Cardinal Americo mandato dal Pontefice Clemente VI, il quale gl'inviò parimente l'investitura, e fu intitolata Regina di Sicilia e di Gerusalemme, Duchessa di Puglia, Principessa di Salerno, di Capua, di Provenza, e di Forcalqueri, e Contessa di Piemonte: la quale all'incontro nella Chiesa di Santa Chiara nel dì ultimo d'agosto di quest'anno 1344 in mano dello stesso Cardinale gli giurò omaggio, con promessa del solito censo, siccome si legge nell'investitura rapportata dal Summonte che l'estrasse dall'Archivio regio, ove si conserva176.

      Il Papa avea mandato il Cardinal Americo non solo per ricever il giuramento da Giovanna, ma l'avea anche creato Balio della medesima per la sua minor età: al quale parimente avea data potestà di revocare tutte le donazioni e concessioni fatte da Roberto, e da Giovanna in pregiudicio della Chiesa romana e del Regno177: ma questo baliato non ebbe alcun effetto178, perchè Fra Roberto co' suoi Ungheri governavano ogni cosa. E sebbene i Pontefici romani avessero sempre avuta tal pretensione di mandar essi i Balj, non ebbero però mai parte alcuna nel governo.

      Avea inoltre questa Regina, come donna savia mandato a chiamare Carlo Duca di Durazzo figliuolo primogenito del Principe della Morea, e datagli Maria sua sorella per moglie, dal qual matrimonio ne nacque un figliuolo chiamato Luigi, che non avendo compito un mese, se ne morì, e fu sepolto in Santa Chiara, dove ancora oggi si vede il suo Tumulo. Ed in quest'anno medesimo Luigi di Durazzo, figliuolo secondogenito del Principe della Morea e fratello di Carlo, tolse per moglie una figliuola di Roberto o sia Tommaso Sanseverino, dal qual matrimonio ne nacque poi Carlo III che fu Re di Napoli179.

      Saputosi intanto in Napoli che il Papa avea spedite le Bolle dell'incoronazione d'Andrea, e che gli Ambasciadori che le portavano, erano giunti presso a Gaeta: alcuni Baroni che desideravano impedirla, stimolati anche da' Reali che vi dissentivano, e sopra tutti da Carlo Duca di Durazzo, stante ancora la dappocaggine d'Andrea, e l'insolenza degli Ungheri, diedero la spinta a coloro che aveano congiurato d'ucciderlo, d'accelerar la sua morte, temendo che scoverti i loro disegni, non fossero per opera СКАЧАТЬ



<p>166</p>

Avent. Ann. Bojor, l. 7 c. 15 n. 18.

<p>167</p>

Bulla Jo. XXII praefixa Clementinis.

<p>168</p>

Villan. Histor. Flor. l. 9 c. 2.

<p>169</p>

V. Baluz. in Not. ad Vitas PP. Aven. tom. 1 p. 682 Struv. Hist. Jur. Can. c. 7 § 27. Bonifac. de Amanatis in prooem. Clement.

<p>170</p>

V. Struv. l. c. § 18.

<p>171</p>

Cujac. in C. ad audientiam 4 de Spons. et Matr.

<p>172</p>

Ludov. Gomes. in prooem. Comment. ad Regul. Cancel.

<p>173</p>

V. Mastricht. Hist. Jur. Can. n. 283.

<p>174</p>

V. Struv. Hist. Jur. Can. c. 7 § 28 et § 36.

<p>175</p>

Costanzo lib. 6.

<p>176</p>

Summonte t. 2 l. 3 pag. 417. Baluz. Notae ad Vitas Papae. Aven. tom. 1 p. 842.

<p>177</p>

Baluz. loc. cit.

<p>178</p>

Prima Vita Clem. VI apud Baluz. tom. 1 pag. 246. Sed circa regimen, et administrationem Regni memorati modicum facere potuit, per dictam Joannam jam doli capacem impeditus.

<p>179</p>

Costanzo lib. 6.