Fra Tommaso Campanella, Vol. 2. Amabile Luigi
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Название: Fra Tommaso Campanella, Vol. 2

Автор: Amabile Luigi

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ Adunque il libro della Monarchia di Spagna dovè essere scritto dopo le Difese, probabilmente in rifazione di un esemplare perduto in Stilo durante le sue peripezie, ma non potè essere presentato perchè il Campanella mantenevasi tuttora pazzo, onde v'è ragione di credere che invece di farlo venire subito da Stilo, lo abbia mandato a Stilo per farlo trovare in quel posto e giustificare in tutto e per tutto la sua asserzione; questo per un altro verso si dovrebbe dire egualmente del libro del Regime della Chiesa, perchè sappiamo che era stato scritto fin dal tempo della dimora in Padova ed era stato mandato a Mario del Tufo, e con ogni probabilità, mentre premeva che fosse venuto nelle mani de' Giudici, non si volle compromettere ulteriormente l'amico e protettore che ne possedeva un esemplare; deve d'altronde ritenersi molto naturale che in Calabria la prima composizione della Monarchia di Spagna si fosse perduta durante le peripezie del Campanella, mentre sappiamo con certezza che pure l'originale del Regime della Chiesa fu ivi «rubato da infedeli amici» come si legge nel Syntagma. Un'altra importante aggiunta autografa nella «1a Delineatio» si legge poco dopo quella finora esposta e commentata: avendo affermato che dalle profezie si rileverebbe non aver finto «ad malum tegendum», di seconda mano aggiunse che ciò si rileverebbe «et ex articulis prophetalibus ab eo additis» etc.; deve dunque dirsi che gli Articoli siano stati veramente scritti dopo la «1a Delineatio», che ad essi quindi si riferiva la dimanda fatta nel colloquio notturno da fra Pietro Ponzio il quale era impegnato a ricopiarli, e la data del 10 aprile sarebbe senz'altro la data in cui il Campanella dovè finirne la composizione. Mettiamo poi in un fascio tutte le altre aggiunte sparse nella «1a Delineatio», le quali recano essere stati i testimoni uniformi nelle profezie e varii nel rimanente, essere stato Maurizio persuaso a rivelare da un Fiscale in abito di confrate, essersi ritrattati il Caccia e il Vitale, essersi una volta ritrattato anche il Pizzoni; tutto ciò mostrerebbe che la composizione della «1a Delineatio» dovè cominciare anche prima che fosse stata consegnata la copia degli Atti processuali, rappresentando le dette aggiunte, quasi tutte, notizie raccolte dagli Atti; nè osta che in una si legga «detur copia processus et demonstrabitur», poichè ve ne sono altre che dicono «ut patet ex processu» e il Campanella avrebbe voluto non solo gli Atti concernenti la persona sua ma anche quelli concernenti i suoi compagni, che del resto dovè avere almeno in frammenti di soppiatto. Può dunque dirsi che egli abbia cominciato a scrivere questa «1a Delineatio» non appena sofferto il polledro e fatta la confessione, quando n'ebbe immediatamente «la comodità», ma deve anche dirsi che l'abbia compiuta dopo di avere avuto conoscenza della Difesa scritta dal De Leonardis e della replica del Sances, poichè vedremo or ora, nell'ultima parte di essa, non solo discusse con calore le identiche quistioni di dritto, ma anche respinte le cose che il Sances avea notate su' costumi, sulle passate imputazioni di eresia, sull'aver dato motivo di far morire molte persone: e gli Articoli profetali, da non doversi confondere con gli Articoli analoghi dettati al Barrese dietro richiesta del Sances, e rimasti senza dubbio nelle mani del Sances, naturalmente doverono essere scritti, nella loro ultima parte, tra le angustie della dimostrazione di pazzia e tra' pericoli della rigorosa sorveglianza.

      Veniamo a' particolari delle Difese, che ci sembra conveniente esporre con larghezza e poi commentare un poco, sebbene venute tanto più tardi in luce, non presentate al tribunale competente e rimaste affatto perdute pel Campanella. Teniamo per fermo che i lettori vorranno conoscerle nella loro integrità testuale, ma ciò non ci dispensa dall'obbligo di farne una minuta esposizione: deve anzi dirsi una fortuna poter udire subito dopo lo svolgimento del processo la voce dell'imputato, e poterne trarre una conclusione meno fallace intorno alla sua colpabilità ottenebrata da tanti interessi diversi.

      Nella «1a Delineatio», appellandosi a' Libri sacri come fonte di ogni legge, il Campanella comincia dal notare che in essi son detti colpevoli di lesa Maestà solamente quelli che prendono le armi contro il Re giusto o per malevolenza o per ambizione, non quelli che perfino consumarono la ribellione guidati dalla profezia e comunque fossero cattivi soggetti, adducendo gli esempi di Siba e di Chore da una parte, e di Jeroboam, di Jehu e di Joiada dall'altra. E soggiunge: «ma fra Tommaso Campanella, insieme con quelli i quali aderirono a lui con retta intenzione, non fu mosso a cospirare nè dall'ambizione nè dalla malevolenza, se pure cospirò, bensì guidato dalla profezia umana e divina; nè la sua fu una cospirazione contro il Re, ma una certa cautela contro le incursioni de' barbari e un'ammonizione a' conterranei perchè si mantenessero incolumi ne' monti, se per fatalità avvenisse quanto si prediceva, laonde egli non è ribelle nè degno di morte». Passa quindi a dimostrare che non lo fece per ambizione di Regno, perchè era impossibile a lui poveretto distrarre il Regno o la provincia dal dominio di un Re tanto forte, e bisognava esser matto per ingannarsi fino a questo punto; e dice che per natura e per fortuna egli era impotente a tali desiderii, e rassegna i suoi precedenti, e nota le sue carcerazioni e malattie anteriori, il ritorno in patria per salute a consiglio de' medici Tancredi, Politi e Carnevale, i suoi studii alieni dalle armi, le sue predicazioni per indurre il popolo a fabbricare una Chiesa di cui il convento difettava ed egli scavò i fondamenti; e nota il libro Sulla predestinazione che scriveva contro Molina per S. Tommaso, e la Tragedia della Regina di Scozia contro gli Anglicani in favore del Re, la sua vita di studioso e religioso, la sua opera di pacificatore, e perfino la sua timidità provata nel tormento, citando come testimoni fra Pietro di Stilo, il Petrolo, tutti i suoi compagni di dimora, e conchiudendo che «dissero cosa mostruosa coloro i quali gli attribuirono la cupidigia di Monarchia». Dimostra poi che non cospirò per malevolenza verso il Re e il suo dominio, perchè aveva sempre ottenuto favore dagli spagnuoli ed austriaci, come dal Reggente Marthos (Reggente di Cancelleria in Napoli) e dall'Ambasciatore di Roma (il Duca di Sessa), e parimente dall'Arciduca Massimiliano e dall'Imperatore, i quali scrissero a Roma in favore di lui e di Gio. Battista Clario carcerati; onde per gratitudine egli compose il Trattato in cui sosteneva che l'Italia per suo bene dovea desiderare il dominio del Re di Spagna, Trattato che mandò all'Imperatore mediante Gio. Battista Clario, ed egualmente il Dialogo contro gli Stati del settentrione calvinisti e luterani, che mandò a Massimiliano e che trovavasi in copia presso D. Mario del Tufo, come pure l'anzidetta Tragedia, nota a Stilo ed al Principe della Roccella, ed il libro della Monarchia di Spagna, scritto ad istanza del pretore (Governatore de Roxas?) e colmo di lodi per gli spagnuoli, che trovavasi nelle sue poche masserizie. Nota infine la sua amicizia col pretore spagnuolo e co' Presidi della Provincia (gli Auditori?), l'essere stato sempre invitato dal governatore a predicare, e l'aver detto nelle sue prediche tante cose in favore del Re: che Dio avea dato la Monarchia agli spagnuoli perchè aveano combattuto 700 anni contro i mori nemici della fede, mentre gli altri Principi cristiani si combattevano tra loro; che il Re avrebbe distrutto i turchi quando costoro si sarebbero divisi giusta la predizione di Arquato astrologo; che se nel Regno esisteva qualche durezza, essa dovevasi ai difetti del popolo e de' ministri, non già del Re; che nella prossima mutazione del mondo il Re Filippo avrebbe rappresentata la parte di Ciro, secondo i detti di Esdra e di Isaia, poichè dovea liberare la Chiesa dalla Babilonia de' turchi e degli eretici, edificare Gerusalemme, cioè Roma, e stabilire il vero sacrificio dovunque nel mondo, girando il suo imperio col sole, ogni ora facendo giorno in qualche parte del Regno suo e celebrandosi continuamente la Messa in siffatto giro, la quale sentenza era invalsa tanto, che Fulvio Vua sindaco di Stilo l'avea riprodotta nel recitare il prologo di una rappresentazione della Passione di Cristo, citando il Campanella fra' battimani generali. Così egli era stato sempre pel Re ed avea procurato che gli altri lo fossero, ne conservava l'immagine ed amava coloro che le facevano onore, come erano in grado di attestare fra Pietro di Stilo, il Petrolo, fra Scipione Politi, tutti gli Stilesi; nè poteva dirsi che egli si fosse infinto, mentre avrebbe agito contro sè medesimo, perocchè se voleva tra due mesi distruggere il dominio del Re, come mai così accanitamente l'edificava? e come mai il Popolo poteva credergli in tanta contraddizione? conchiudendo: «l'edificazione è attestata da molti e probi uomini, la distruzione segreta da pochi e scellerati, a chi crederete voi o giusti giudici?». Escluso quindi il movente dell'ambizione e della malevolenza contro la Maestà, rimaneva il movente della profezia, e non già contro ma a tutela della Maestà. E qui egli si fa a citare tutte le previsioni, tutt'i prodigi, tutte le profezie ad una ad una (sono state già accennate troppe volte e possiamo dispensarcene), aggiungendo di avere interpretate le imminenti mutazioni a favore del Re e della Chiesa, col servirsi delle affermazioni de' Profeti e de' Santi, col sostenere che prima della fine del mondo doveva esservi «un solo ovile ed un solo pastore in una sola Repubblica cristiana, a capo della СКАЧАТЬ