Fra Tommaso Campanella, Vol. 2. Amabile Luigi
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Название: Fra Tommaso Campanella, Vol. 2

Автор: Amabile Luigi

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ co' versi

      «Mentre l'albergo mio non vede esangue

      e gli spirti poggiar tremanti al cielo»,

      offre una maledizione ed anche una preghiera, la quale mostra che l'autore riteneva del tutto imminente la chiamata agli esami,

      «Deh Sig.^r forte, in me volgi tua faccia,

      dà authorità più espressa al mio sermone

      ond'i ministri di Sathan disfaccia».

      Il terzo, che porta veramente il titolo «in lode di spagnuoli», offre una insinuazione contro lo Sciarava e una protesta di devozione a Spagna, la quale certamente nessuno vorrà prendere sul serio: bisognava pure che il poeta si preparasse qualche argomento in suo favore pel caso di una scoperta delle poesie, massime quando avea mostrato tanto poco rispetto verso un funzionario importante del Governo spagnuolo e tuttora deputato ad assistere il Sances durante il processo. Poniamo inoltre qui il «Sonetto di rinfacciamento a Musuraca», senza dubbio mal situato tra le poesie del 2o gruppo, e sempre capace di eccitare gli amici a rimaner tali anche «a tempo d'infelice stato»118. Con tanto maggior ragione poniamo qui anche il «Sonetto fatto a tutti carcerati», che del rimanente potrebbe esser posto anche tra le poche poesie del tempo del processo de' laici119: in esso si dice che era negata, oltre la favella e il commercio, benanco la difesa, ciò che si spiega col fatto dell'amministrazione delle torture decretata durante il processo informativo, senza dare anticipatamente la copia degli atti; e tra' varii istrumenti di morte è citata pure la sega, ciò che aggiunge qualche cosa anche alla credibilità dello strano supplizio già destinato a Maurizio in Calabria. Vi brillano poi i concetti elevati e i consigli virili al maggior segno; vi si canta

      «… sol la virtù de' vostri petti

      l'orgoglio del tyranno affrena e lega»;

      vi si esalta il glorioso e bel morire per la libertà, e vi si dice

      «Qui dolce libertà l'alma gentile

      ritrova, e prova il ver, che senza lei

      sarebbe anchor il paradiso vile».

      Ma oltre gli eccitamenti in generale, diretti a' frati rimastigli fedeli, il Campanella diresse anche qualche eccitamento in particolare, p. es. al Petrolo, che sperava poter ricondurre a fedeltà; così dettò quel Sonetto che fra Pietro intitolò «in lode di fra Domenico Petrolo», e che veramente si deve dire di sollecitazione a ritrattarsi:

      «Venuto è 'l tempo homai che si discuopra,

      Petrolo mio, l'industriosa fede

      che serbasti all'amico, e già si vede

      ch'à tutte l'altre questa tua và sopra.

      Mortifera, infedel, empia, ingrata opra

      far simolasti, ch'a lui vita diede» etc.120.

      Non si sarebbe potuto adoperare modi più insinuanti, facendo ottimo viso a pessimo gioco; s'intende quindi che il Petrolo ne sia rimasto convertito, come mostrò con la sua deposizione del 29 gennaio, ma pur troppo per brevissimo tempo.

      Cominciata in sèguito la causa, sostenuto l'esame ed essendo in corso le confronte, precisamente al cadere del gennaio 1600, il Campanella rincorato dovè scrivere quel magnifico Sonetto «a sè stesso», che fu poi pubblicato dall'Adami e che comincia coi noti versi:

      «Legato e sciolto, accompagnato e solo

      chieto, gridando, il fiero stuol confondo,

      folle all'occhio mortal del basso mondo» etc.122;

      le quali ultime parole dinoterebbero il valore dato da' Giudici alle profezie e presagi, che egli dichiarò averlo guidato a ritenere imminenti grandi mutazioni. Di poi sofferta la dimora nella fossa del miglio e quindi la tortura, fatta in questa la sua confessione, non dovè mantenersi in tanta fiducia, e lo mostrerebbe il Sonetto «alla Beata Ursula napolitana a cui si raccomanda», inserto nella raccolta dopo il precedente121: tutto il Sonetto esala lo sconforto del Campanella, che in quel momento sperava soltanto in una protezione superiore;

      «Pregoti per l'honor del sacro manto

      di cui spogliato incorsi in gran ruina,

      ....

      E canterò tornando al mio bel nido

      il fin de' miei travagli» etc.

      inutili speranze, desolanti ricordi. Ma non dovè tardare a sentire tanto maggiormente il bisogno di ravvivare la fede ed anche l'affetto de' suoi compagni, e crederemmo che dapprima gli abbia data una buona occasione la fermezza di fra Pietro di Stilo nel respingere le esortazioni di Maurizio a seguire l'esempio suo e a confessare: così alla 2a metà di febbraio e 1a di marzo ci parrebbe potersi assegnare i due Sonetti «in lode di fra Pietro di Stilo» seguìti da' tre «in lode del Rev.do P.e fra Dionisio Pontio»123; l'essere stati posti nella Raccolta in ordine inverso ben può spiegarsi con la classificazione della relativa importanza data da fra Pietro Ponzio a' frati compagni del Campanella. Fra Pietro di Stilo, che aveva tanto poco partecipato alle speranze ed a' maneggi della congiura, soffriva tanti disagi e maltrattamenti per l'affetto al Campanella, su cui vegliava assiduamente e senza ritrarsi per qualsivoglia motivo; così ben si spiega tutto il contesto de' due Sonetti, ne' quali si vede pure il Campanella tuttora sconfortato:

      «Sino all'inferno un cavalier seguìo

      l'avventurato amico à grande impresa.

      ....

      Frati, amici, parenti, chi mi nega,

      chi più ingrato mi trade, e mi maligna (int. il Pizzoni)

      chi non volendo nel mio mal si piega (int. il Lauriana).

      Solo il travaglio e la rabbia maligna

      titulo in fronte del tuo honor dispiega

      Rè della fede chi mai non traligna.

      ....

      Fedel combattitor, mai non s'estingue

      più il nome tuo, poiche serbasti solo

      virtù, religion, patria, et amici».

      In tal guisa il Campanella, pieno di gratitudine, onorava fra Pietro Presterà, «Pietro suo», come poi lo disse nell'opera ricomposta Del Senso delle cose: ma per fra Dionisio il caso era abbastanza diverso. «Senza dubbio fra Dionisio avea motivo di dolersi del Campanella, che già prima nella Dichiarazione, ma poi anche peggio nella confessione in tortura, avea rivelato l'esistenza di un concerto per fare la Calabria repubblica compromettendo lui; ed avendo sostenuto il polledro con tanta fermezza, verosimilmente la sua vanità lo conduceva tanto più a sparlare del Campanella, il quale, fin dal 1o Sonetto, «senza voce, afflitto e lento» ne carezza al maggior segno la vanità:

      «Cantai l'altrui virtuti, (int. di Maurizio), hor me ne pento

      Dionigi mio, non havean senno vero» etc.

      Umiliato per non essere riuscito, all'opposto di lui, nella prova del polledro, il Campanella spiega la cosa con una finzione poetica, ma anche più curialesca, e infine si rivela disposto a soggiacere a tutto:

      «In me tanto martìre io non soffersi

      ch'in te stava il valor, el senno mio,

      e solo al viver tuo fur ben conversi.

      S'a te par, io men vado, o frate, a Dio

      nè СКАЧАТЬ



<p>118</p>

Ved. Doc. 489, pag. 569.

<p>119</p>

Ved. Doc. 447, pag. 553.

<p>120</p>

Ved. Doc. 451, pag. 554.

<p>122</p>

Ved. Doc. 439, pag. 550.

<p>121</p>

Ved. Doc. 440, ib.

<p>123</p>

Ved. Doc. 449 e 450, pag. 554; dippiù gli anteriori 444-46, e 448, pag. 552-53.