Il tesoro della montagna azzurra. Emilio Salgari
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Название: Il tesoro della montagna azzurra

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ – disse Emanuel. – Credete di poter aspettare ancora?

      – No, risposero in coro i marinai.

      – Credete che i vostri compagni si opporranno?

      – Nemmeno.

      – Allora chiediamo al capitano che ci dia dei viveri o che ci abbandoni la ragazza o il fratello.

      – Preferisco la prima, – osservò uno dei congiurati, con un atroce sorriso. – Sarà più tenera.

      – E se il capitano si rifiutasse? – chiesero due o tre altri.

      – Ricorreremo alla forza, – rispose Emanuel.

      – Tu dimentichi però, – osservò un gabbiere – che le armi da fuoco sono nelle mani del capitano.

      – Siamo in dodici e i coltelli e le scuri non mancano. Se hai paura, ritirati.

      – Ho troppa fame per indietreggiare.

      – Chi sarà il nostro capo?

      – Hermos, il pilota, – risposero tutti ad una voce.

      – È quello infatti che gode maggiore autorità. È il più in gamba di tutti, – osservò Emanuel. – Purché accetti.

      – Mi incarico io di farlo decidere, – disse una voce.

      In quel momento si udirono tre colpi di tosse. Il pescatore dava il segnale di finire la discussione.

      – A domani, – sussurrarono.

      Ripresero le canne e si sdraiarono bocconi fingendo di pescare. Reton, che per istinto sospettava di tutto e di tutti, avanzava cautamente verso la prora, con la speranza di sorprendere il traditore. Vedendo quella riunione di marinai la sua fronte si aggrottò.

      – Come va la pesca? – chiese.

      – Male, bosmano, – rispose il gabbiere. – non c’è carne da mettere sugli ami e i pesci non si lasciano ingannare da un pezzetto di cuoio. Bisognerà bene che il capitano si decida a fornircene, se non vuole farci morire di fame tutti.

      – E di quale carne? – domandò Reton.

      – Mil diables! – esclamò il pescatore americano, che aveva raggiunti i camerati. – Ce n’è perfino troppa su questa zattera del malanno! Uno di meno non sarà gran cosa.

      – Che vuoi dire, John? – chiese il bosmano atterrito.

      – Che così non si può andare avanti e che è arrivato il momento di prendere una decisione.

      – Quale?

      – La diremo domani al capitano.

      – Tu hai qualche brutto pensiero, Jonathan, – disse Reton.

      – Vedremo se i miei camerati lo troveranno buono o cattivo.

      – Io l’approvo già, – asserì Emanuel.

      – Taci tu, – rispose Reton con ira.

      – Siamo tutti uguali su questa zattera, perché la mia pelle vale quanto la vostra, bosmano.

      Reton, furioso, alzò la destra e lasciò andare un manrovescio; ma il marinaio, che si teneva in guardia, con un salto da coguaro fu lesto a fuggire, prorompendo in una fragorosa risata.

      – Lascia andare quel ragazzo, Reton, – soggiunse il gabbiere, vedendo che il bosmano si preparava a rinnovare l’attacco. – Sai che ama scherzare e che non conta affatto.

      – Io voglio sapere che cosa avete deciso, – disse il bosmano.

      – Ti ho detto che lo diremo domani al capitano, – rispose John. – Non c’è alcuna fretta per il momento.

      Reton, comprendendo che non sarebbe riuscito a saper nulla e non volendo irritare quegli animi troppo inaspriti dalle lunghe privazioni, si allontanò brontolando. Dopo tutto poteva ancora illudersi di essersi ingannato sul vero significato di quelle parole, non avendo assistito alla riunione di poco prima.

      – Bah! – disse tra sé. – Forse proporranno al capitano di cambiare rotta. Non inquietiamo don Josè.

      Fingendo che nulla fosse accaduto, aveva ripreso il suo posto presso il timone, sebbene non fosse necessaria alcuna manovra, poiché la calma non si era rotta nemmeno con il cadere della notte e la zattera rimaneva immobile, con la sua vela pendente tristemente lungo l’albero. La notte trascorse senza alcun altro avvenimento degno di nota. Se però il bosmano avesse meglio sorvegliato, avrebbe potuto scorgere dei corpi umani scivolare con cautela fra gli oggetti ingombranti il galleggiante e svegliare gli uomini che dormivano e scambiarsi delle rapide parole. Il capitano si era addormentato e lui, non volendo lasciare quel posto, sempre con la speranza che un po’ di brezza si alzasse di momento in momento, non aveva fatta più alcuna escursione verso prora, sicché quelle misteriose manovre gli erano sfuggite. D’altronde una parte dei marinai aveva ripreso il suo posto, fingendo sempre di dare la caccia ai pesci che mancavano invece assolutamente. Verso le sette, il capitano si svegliò e l’intero equipaggio avanzò in gruppo compatto verso poppa, capitanato dal pilota dell’Andalusia, un pezzo di gigante, forte come un toro, che aveva nelle vene più sangue indiano che europeo. Apparentemente nessuno era armato; era però possibile che sotto le casacche avessero, se non delle scuri, almeno i loro coltelli di manovra.

      – Che cosa volete? – chiese il capitano, sorpreso di vedere i suoi fedeli marinai avanzare verso di lui in atteggiamento minaccioso, mentre il bosmano scivolava sotto la tenda per avvertire don Pedro e Mina di tenere pronti i fucili.

      – Veniamo a reclamare la colazione, comandante, – rispose Hermos con voce decisa. – Sono due giorni che non mangiamo.

      – Avete preso dei pesci la notte scorsa? Portateli qui e li divideremo in parti eguali.

      – Quali? Senza carne sugli ami non si possono catturare. Voi lo sapete meglio di me.

      – E così?

      – Io dico che abbiamo bisogno di carne per sfamarci. Non possiamo contare né sulla pesca, né sulla caccia.

      Don Josè era diventato pallidissimo e ira e indignazione gli erano balenate nello sguardo. Aveva ormai compreso che cosa stavano per chiedere i suoi marinai. Non volle però dare la soddisfazione di avere indovinato lo scopo di quella riunione. Con uno sforzo supremo si contenne, incrociò le braccia sul petto e fissando ben in viso il pilota:

      – Non so che cosa tu voglia, Hermios, – disse con voce abbastanza tranquilla.

      – Un altro al vostro posto mi avrebbe perfettamente compreso, senza chiedere ulteriori spiegazioni. Noi abbiamo fame.

      – E io non meno di te, – ribatté il capitano con una certa violenza.

      – E allora, comandante, si ricorre ai mezzi estremi. Si tratta di perderne uno, mettiamo anche due, per salvarne tredici o quattordici, – disse il pilota. – Hanno fatto così a bordo della zattera della Medusa e mio nonno ha potuto così ritornarsene in patria.

      – Miserabile! – esclamò con voce soffocata il capitano. – Questa non è la zattera della Medusa e c›è qui ancora СКАЧАТЬ