Il tesoro della montagna azzurra. Emilio Salgari
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Название: Il tesoro della montagna azzurra

Автор: Emilio Salgari

Издательство: Public Domain

Жанр: Зарубежная классика

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СКАЧАТЬ sui frangenti, aveva contribuito non poco a calmare le apprensioni dei naufraghi. Non erano né albatros, né fregate, volatili che si possono incontrare anche a mille miglia al largo dalle isole o dai continenti, ma sule, che ordinariamente non si allontanano troppo dalle coste, e rondoni marini che hanno i loro nidi fra le scogliere degli isolotti. Per di più un gran numero di alghe apparivano in mezzo a una certa polvere giallastra, che i marinai inglesi chiamano sano-dustol, ossia segatura di legno, e che è prodotta da un’alga microscopica che si polverizza facilmente sotto l’impeto delle onde e che cresce in prossimità delle spiagge. Il capitano a cui nulla sfuggiva, dopo aver notato quelle novità si era affrettato a entrare nella tenda dove don Pedro teneva compagnia a sua sorella, prospettandole sempre la speranza di un prossimo approdo, affinché la fanciulla non si perdesse d’animo. Dobbiamo però dire che Mina, quantunque non abituata ai disagi delle lunghe navigazioni, si era mantenuta sempre calma e non aveva perso nulla del suo coraggio.

      – Qualche buona notizia? – aveva subito chiesto don Pedro, vedendo entrare il comandante.

      – Da certi segni ritengo che la terra non sia molto lontana, – aveva risposto don Josè.

      – Siamo sempre sulla linea della Nuova Caledonia?

      – A settentrione non vi sono isole oltre quella di Bualabea che chiude la baia omonima. Credo quindi fermamente di avere davanti a noi la grande terra dei Kanaki.

      – E quando arriveremo, capitano? – chiese Mina.

      – Io non posso per ora rispondere alla vostra domanda, señorita, – rispose don Josè. – Tutto dipende dal vento, e questo, disgraziatamente, non soffia sempre forte. E poi c’è qualche corrente che ci fa sempre andare verso settentrione.

      – Pensate che domani i viveri saranno nuovamente terminati? – disse don Pedro.

      – Quando si ha dell’acqua si può resistere alcuni giorni. E poi la terra non è molto lontana e un giorno o l’altro ce la vedremo sorgere davanti con le sue fresche e meravigliose foreste cariche di frutta deliziosa… Coraggio, mio povero amico: il tesoro della Montagna Azzurra non ci porterà sfortuna!

      La notte fu tutt’altro che buona, appunto a causa dei cavalloni che arrivavano con un certo impeto. Qualche burrasca doveva essere scoppiata molto lontano e i poveri naufraghi ne subivano le conseguenze. Quantunque ci fosse una grande agitazione fra l’equipaggio che non riusciva a chiudere occhio, poiché il rollio li faceva rotolare ora avanti e ora indietro, il bosmano, don Josè e don Pedro non dimenticarono di esercitare, a turno, una rigorosa sorveglianza con la speranza di sorprendere il traditore. Ma sia che il miserabile si fosse accorto che vigilavano attentamente sulla cassa contenente gli strumenti o che si fosse accontentato dei gravissimi danni commessi, non si lasciò prendere. Nessun marinaio si era avvicinato alla piccola tenda. Solo Emanuel, il giovane mozzo che godeva la simpatia di tutti, eccettuata quella del bosmano, e che era il meno sospettabile, durante il suo turno di guardia si era fermato qualche istante dietro la tenda per cercare un pezzo di fune e un chiodo per prepararsi un amo da pesca. Quando il sole tornò a mostrarsi all’orizzonte, la situazione non era cambiata. L’ondata pesante che veniva da est, non era cessata e nessuna terra era in vista.

      – Nulla, sempre nulla! – esclamò il capitano facendo un gesto di disperazione. Poi soggiunse sottovoce: – E non poter sapere dove ci troviamo, per colpa di un miserabile!

      I marinai erano divenuti cupi, tristi, con la disperazione più profonda dipinta sul viso. Lo avevano circondato interrogandolo con lo sguardo.

      – Coraggio, amici, – disse don Josè, riacquistando prontamente tutta la sua energia. – La Nuova Caledonia non può essere lontana. Se il vento si alza, in poche ore potremo raggiungerla.

      – I viveri quest’oggi saranno finiti, signore, – osservò un marinaio.

      – Che cosa accadrà di noi domani se non riusciremo a catturare nessun pesce? – osservò un altro.

      – Non si muore di fame per un digiuno di ventiquattro o quarantott’ore, – rispose il capitano. – La mancanza d’acqua sarebbe ben più terribile.

      – E se il digiuno dovesse prolungarsi per delle settimane? – chiese un altro. – Sono tre giorni che viviamo con una razione infima.

      – Io non ne mangio più di te…

      – È vero, capitano Ulloa, – risposero tutti gli altri in coro.

      Si sciolsero, disponendosi sui bordi della zattera con la speranza di poter catturare qualche pesce o di sorprendere quel maledetto squalo che si teneva ostinatamente nascosto sotto il galleggiante, mettendo in fuga con la sua presenza tutti gli altri pesci. A mezzogiorno, non avendo preso assolutamente nulla, sebbene possedessero tre o quattro buone canne da pesca, il capitano divise l’altra metà dello sword-fish, che fu immediatamente divorata. Perfino Mina, dopo molte esitazioni, fu costretta a seguire l’esempio degli altri, avendo ormai terminata la sua magrissima provvista di prosciutto salato e il suo ultimo biscotto. Un senso di vero terrore colse i marinai, quando rivolsero il loro sguardo verso la cassa vuota che aveva contenuta la loro ultima risorsa. Fortunatamente parve che Dio avesse compassione di quei disgraziati, poiché qualche ora dopo, Emanuel, che stava sempre in vedetta, non prendendo che dei brevissimi riposi, segnalò uno stormo di giganteschi pesci-volanti che avanzavano da ponente, descrivendo fulminee parabole, perseguitati accanitamente da una sciame di quei grossi uccellacci, dal becco robustissimo, chiamati rompitori d’ossa. Dovevano avere degli altri nemici sott’acqua, delle dorate o dei pesci-spada, perché se non sono minacciati, i pesci-volanti non si abbandonano troppo spesso a quella ginnastica indiavolata. Un grido di gioia si era alzato fra l’equipaggio a cui aveva subito risposto una voce:

      – A me una canna! Lasciate fare! Li prenderò al volo!

      Un marinaio, barbuto e dalla muscolatura potente, era balzato in piedi fissando lo sguardo sui peschi che si dirigevano verso la zattera.

      – Datemi un avanzo qualsiasi dello sword-fish! – aveva subito aggiunto. – Mi incarico io di catturarne qualcuno.

      – Ci sono ancora delle budella, – aveva risposto un altro marinaio.

      – Presto tagliamone un pezzo.

      – Che cosa vuoi fare, John? – chiese il capitano al pescatore improvvisato. – Vuoi cogliere al volo quei pesci che se non m’inganno, sono lunghi quasi come te?

      – Sì, capitano, e con l›amo, – rispose il marinaio che era un nordamericano. – Quando ero in California non tornavo mai alla spiaggia senza rimorchiarmi dietro quattro o cinque di quelle bestie.

      – E tu vuoi catturare un pesce che pesa almeno duecento libbre? Sono dei giganti, quelli!

      – Li conosco capitano: aspettate e vi mostrerò come noi americani peschiamo al volo…Camerati, vi assicuro un’abbondante cena!

      Quantunque nessuno avesse molta fiducia nel marinaio che si proponeva, con una semplice canna, di arrestare di colpo quei volatili di mare, si erano tutti ritirati verso poppa per lasciarlo libero di eseguire il suo colpo maestro. Mina, avvertita da suo fratello di quella pesca straordinaria, si era unita a loro. I pesci-volanti, che erano quattro o cinquecento per lo meno, continuavano a fuggire, avanzando verso la zattera. Stretti da vicino dai loro nemici acquatici e perseguitati non meno accanitamente dai feroci rompitori di ossa che li afferravano al volo, descrivevano dei fulminei zig-zag, vibrando disperatamente le loro natatoie, poi si lasciavano cadere a piombo sollevando enormi spruzzi d’acqua. L’americano, ritto a qualche passo dal margine della zattera, con le gambe ben allargate, faceva fischiare СКАЧАТЬ