Название: En torno a la economía mediterránea medieval
Автор: AAVV
Издательство: Bookwire
Жанр: Документальная литература
isbn: 9788491346647
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61 Pinto, Il lavoro, la povertà, l’assistenza cit., p. 67; Francheschi, «Woollen luxury clorth», cit., pp. 194-195.
62 Si veda per Siena, Tortoli, «Per la storia della produzione lanierta», cit., p. 222; per alcuni centri lombardi, Mainoni, Economia e politica nella Lombardia medievale cit., pp. 37-38; per Padova, Collodo, «Signore e mercanti: storia di un’alleanza» cit., pp. 362, 386-393; per vari centri marchigiani (Ascoli, Camerino, Fabriano, San Severino), G. Pinto, «Le città umbro-marchigiane», in Le città del Mediterraneo all’apogeo dello sviluppo medievale. Aspetti economici e sociali, Pistoia, Centro italiano di studi di storia e d’arte, 2003, pp. 245-272, a p. 258.
63 Si trattava di una prassi diffusa, ricordata in molti degli studi menzionati sopra. Significative le parole con cui nel 1387 il Comune di Siena approvò il divieto di importare panni: molti Comuni italiani «si sforzano d’acrescere e bonificare la detta Arte della lana ne le loro città, però che tutte, cioè Bologna, Vinegia, Verona, Padova, Mantova e tutte l’altre terre di Lombardia ànno proveduto che niuno panno forestieri di veruno pregio possa entrare o mettarsi ne le dette cittadi» (passo citato in Tortoli, «Per la storia della produzione laniera» cit., p. 236). A Vicenza, al divieto di vendere panni forestieri sul mercato cittadino, si aggiunse l’obbligo per i cittadini di indossare solo vestiti confezionati con tessuti vicentini (Demo, L’«anima della città» cit., p. 79). Naturalmente sull’efficacia di tale normativa i dubbi sono tanti.
64 Si veda ad esempio per Firenze Franceschi, «Istituzioni e attività economica a Firenze» cit., pp. 82-83; per Verona e Vicenza Demo, L’«anima della città» cit., pp. 79-83.
65 Di ciò ci si lamenta a Siena: Tortoli, «Per la storia della produzione laniera» cit., p. 236.
66 Tra le eccezioni, troviamo lo Statuto quattrocentesco di Faenza (Statuta Faventiae, a cura di G. Rossini, RIS, 2a ediz., Bologna, 1929-1930, p. 289), che fissa i compensi massimi dei cimatori un tanto a braccio, ma con differenze tra i diversi tipi di panno. Tutt’altro discorso per gli statuti corporativi: cfr. ad esempio Statuti dell’Arte della lana di Prato cit., pp. 65-66, dove si fissano (1321) i compensi massimi dei tessitori; P. Rasi - E. Rossi, Statuta scholarum artis et laborantium lanae civitatis Feltri, Milano, 1943, pp. 74, 78, dove si stabiliscono le retribuzioni massime di tessitori, follatori e garzatori (1420 circa). Sulla regolamentazione dei salari a partire dalla metà del XIV secolo cfr. G. Pinto, «Congiuntura economica, conflitti sociali, rivolte», in Rivolte urbane e rivolte contadine nell’Europa del Trecento. Un confronto, a cura di M. Bourin, G. Cherubini, G. Pinto, Firenze, 2008, pp. 337-349, alle pp. 347-349.
67 Zanazzo, L’arte della lana in Vicenza cit., pp. 104, 299-300. Il provvedimento tuttavia non passò facilmente dal momento che si dice che su di esso «plurimum fuit disputatum».
68 Cfr. ad esempio Franceschi, Oltre il «Tumulto» cit., pp. 280-285.
69 F. Careri, «Il “Presto ai Quattro Pavoni”: dal libro-giornale di Isacco da San Miniato (1473-75)», Archivio storico italiano, CLIX, 2001, pp. 395-421: p. 408 e sgg.
70 Così a Firenze in occasione delle carestie del 1329, 1340 e 1347, con la motivazione che a causa degli alti prezzi del grano «extenuate sunt divitie singulorum et precipue pauperum et miserabilium personarum, ita quod non possunt ad presens suis respondere creditoribus»: G. Pinto, Il Libro del Biadaiolo. Carestie e annona a Firenze dalla metà del ‘200 al 1348, Firenze, 1978, pp. 147-148. Provvedimenti simili sono attestati anche nella Firenze del ‘500: Fanfani, Storia del lavoro in Italia cit., p. 375, delibera del 1562 a favore dei tessitori.
71 Pinto, Il lavoro, la povertà, l’assistenza cit., pp. 156-158.
72 Pinto, Il Libro del Biadaiolo cit., p. 124.
73 Naturalmente si tratta di un fenomeno non solo italiano. L’intervento delle autorità pubbliche per disciplinare e incrementare la produzione laniera (e più in generale tessile) è comune a molte realtà politiche europee del tempo, come mostrano molti dei saggi raccolti in Produzione, commercio e consumo dei panni di lana cit., ai quali, in relazione a Valencia, merita aggiungere J. Bordes García, Desarrollo industrial textil y artesanado en Valencia de la conquista a la crisis (1238-1350), Universitat de València, Facultat de Geografia i Història, Tesis doctoral dirigida por Paulino Iradiel e Enrique Cruselles, Valencia, 2003, pp. 162, 646-658 (Ordinanza del 1311), e per l’intera area catalana-aragonese, G. Navarro Espinach, «La política del desarrollo de las manufacturas textiles en la Corona de Aragón», in Il governo dell’economia. Italia e Peniscola iberica nel basso Medioevo, a cura di L. Tanzini e S. Tognetti, Roma, 2014, pp. 285-308. Per altro il tema della manifattura tessile ritorna spesso nella produzione scientifica di Paulino Iradiel –sia in riferimento alla penisola iberica, sia con considerazioni di carattere generale e di metodo– a partire dalla monografia Evolución de la industria textil castellana en los siglos XIII-XVI. Factores de desarollo, organización y costes de la producción manufacturera en Cuenca, Salamanca, 1974.
74 A. Stella, «Ciompi… gens de la plus baisse condition… crasseux et dépenaillés»: désigner, inférioriser, exclure», in Le petit peuple dans l’Occident médiéval. Terminologies, perceptions, réalités, a cura di P. Boglioni, R. Delort e C. Gauvard, Paris, 2002, pp. 145-152.
75 De La Roncière, «Pauvres et pauvretè à Florence» cit., pp. 685-691; R. De Roover, «Labour conditions in Florence around 1400: theory, policy and reality», in Florentine Studies cit., pp. 277-313, alle pp. 282-286.
76 Passo citato in B. Geremek, «Il pauperismo nell’età preindustriale (secoli XIV-X-VIII)», in Storia d’Italia, volume quinto, I documenti, I, Torino, 1973, pp. 667-698, a p. 683. È interessante ricordare che Antonino fu tra i promotori della compagnia dei «Buonuomini di San Martino», che aveva il compito di assistere i cosiddetti ‘poveri vergognosi’, soprattutto artigiani caduti in miseria, tra i quali numerosi erano i tessitori: si veda M. Fubini Leuzzi, «L’arcivescovo e la città. I Buonomini di San Martino», in Antonino Pierozzi. La figura e l’opera di un santo arcivescovo nell’Europa del Quattrocento, a cura di L. Cinelli e M. P. Paoli, Firenze, 2012 (Memorie Domenicane, 129, 2012, pp. 141-166, alle pp. 149-152).
77 Sul tema del ‘bene comune’ nelle città medievali gli studi si sono moltiplicati negli ultimi anni: ci limitiamo a ricordare i saggi raccolti nei volumi De Bono Comuni. The Discourse and Practise of the Common Good in the European city (XIIIth-XVIth c.). Discours СКАЧАТЬ