Название: Il Quadriregio
Автор: Frezzi Federico
Издательство: Bookwire
Жанр: Языкознание
isbn: 4064066072339
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E quando questo a me ebbon risposto,
passâro un monte e sí ratto fuggîro,
che appena il vento si movea sí tosto.
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100 Ed io dirieto a lor, con gran suspiro,
presi la costa e salsi il monte ratto;
e quando giú nell'altra valle miro,
io vidi l'arco di Iunon lí fatto
ed alto in aere, il qual per segno diede
105 Dio a Noè, con lui facendo il Patto.
E come re ovver regina siede
nell'alto tron, cosí su quel si pose
Venus vestita d'òr da capo a piede,
con la corona di mirto e di rose,
110 con lieta faccia ed aspetto sí bello,
piú che mai dèe ovver novelle spose.
Cupido allor volar come un uccello
vidi per l'aere; e credo sí veloce
Cillen non corse mai, né tanto snello.
115 Venus mi disse in questo ad alta voce:
—O giovin, c'hai montata insú la costa,
spronato dall'amor caldo e feroce,
la bella ninfa, che a te fe' risposta,
da me e dal mio figlio a te è sortita,
120 che l'abbi a tuo voler ed a tua posta.
Fa' che tu passi qua, dov'è fuggita
nell'altra valle, e tanto lí rimagne,
che da Cupido per te sia ferita.—
Per questo io trapassai l'aspre montagne,
125 tanto ch'io la trovai nell'altro piano,
che stava a coglier fior con le compagne.
Cupido lí non molto da lontano
di quella bella ninfa mi ferío
d'una saetta d'oro, ch'avea in mano.
130 Però io con ingegno e con desio
m'appressa' a loro e dissi:—O ninfe belle,
in questo loco sí silvestre e rio
per consigliarmi alcuna mi favelle:
deh! non v'incresca che alquanto qui stia,
135 stancato tra le selve amare e felle.—
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La ninfa, che risposto m'avea pria:
—O giovin—disse,—non abbiam temenza,
né anco incresce a noi tua compagnia.
Ma noi Minerva, dea di sapienza,
140 aspettiam qui; e da noi qui s'aspetta
con lo gran carro della sua eccellenza;
ché qui tra noi è una giovinetta,
che vuoi menare al suo regno felice,
la qual tra le sue ninfe ha per sé eletta;
145 e non sappiam di qual di noi si dice.
Noi non voramo, quando ella discende,
che alcun uomo con noi trovasse quice.
Per quella cortesia, che 'n te risplende,
ti prego che di qui ti parti alquanto,
150 ché tua presenza sospette ne rende.
—O ninfa, veder te m'è grato tanto
—risposi a lei—e tanto a te mi lego,
che io non posso andar in alcun canto.
Ma io a me stesso la mia voglia niego
155 contra mia voglia ed al partire assento,
da che ti piace: tanto può 'l tuo priego.
E, da che io mi parto con tormento,
dimmi chi se'; e quando qui ritorno,
prego, del tuo parlar fammi contento.—
160 Per la vergogna arrosciò il viso adorno,
e ch'io non fossi udito ella temea:
però ella mirava intorno intorno.
Poscia rispose:—Io nacqui giá 'n Alfea,
Ilbina ho nome e tra li duri scogli
165 vo seguitando la selvaggia dea.
Piú non ti dico: omai partir ti vogli.—
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CAPITOLO XI
Come la dea Minerva discese e seco menò Ilbina ninfa.
Io me n'andai in un boschetto alpestro,
distante a quelle ninfe, a mio parere,
ben quasi una gettata di balestro,
sí ch'io poteva udire e ben vedere
5 tutti lor atti e tutte lor parole,
ed aspettando mi stava a sedere.
Ed ecco, come quando il chiaro sole
tra le men folte nubi sparge il raggio,
che quasi strada in cielo apparir sòle,
10 cosí da cielo ingiú si fe' un viaggio;
e la via lattea, che pel caldo s'arse,
piú che quella in splendor non ha vantaggio.
Le ninfe tutte alla strada voltârse;
e come quando rischiara l'aurora,
15 cosí lucente in cielo un carro apparse.
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