Istoria civile del Regno di Napoli, v. 6. Giannone Pietro
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СКАЧАТЬ a concederla, vario e discorde è il parere dei nostri Autori. Matteo d'Afflitto53, Grammatico54, Caravita55, il Presidente de Franchis56, ed altri sostennero, che il primo fosse stato il Re Alfonso I d'Aragona; e quest'ultimo Scrittore dice non essersi ciò posto in uso, se non da' Re Aragonesi. Altri, come Francesco d'Amico57, il reggente Capecelatro58 e Capobianco59, la riportano un poco più in dietro, cioè a' tempi della Regina Giovanna II; ma se dobbiamo credere a quel gravissimo istorico, Angelo di Costanzo60, bisognerà dire, che il nostro Re Roberto fosse stato il primo. Favellando questo Scrittore della liberalità di questo Principe, narra, che per infiniti privilegi conceduti a' Baroni, a' Cavalieri particolari, tanto Napoletani quanto dell'altre terre del Regno, si vedea quanto fosse stato verso i medesimi liberalissimo, a' quali donò Titoli, Castella, e Feudi con giurisdizioni criminali, essendo fin a quel tempo costume, che rarissimi de' Conti del Regno avessero la giurisdizione criminale nelle lor terre; e questo Istorico medesimo rapporta ancora, che il Re Ladislao concedè la giurisdizione criminale ad Antonello di Costanzo sopra Tevarola, dov'egli ed i suoi per ottanta anni non avevano avuto altro che la civile61.

      Che che ne sia, se Roberto o altri suoi successori a qualche suo benemerito avesse usata questa insolita liberalità, egli è certo, che da Alfonso I e dagli altri Re aragonesi suoi successori, furon poste in uso; e con maggior frequenza fu, nelle concessioni fatte ai Baroni, data la giurisdizione criminale, o nell'investiture fu conceduto loro anche la potestà, ed arbitrio contenuto in queste quattro Lettere Arbitrarie, ed oggi si è ridotto a stile, e quasi formolario di tutte l'investiture, che si danno, di mettervi anche questa facoltà per clausola.

      Da ciò n'è nato, che siccome prima queste lettere erano a beneplacito ed arbitrio del Principe, rivocabili e ristrette a certi confini; così per quel che riguarda le persone de' Baroni, per le concessioni, che ne tengono nelle loro investiture, sono irrevocabili; e maggiore si vide in ciò essere stata l'autorità, ed arbitrio dei medesimi, che degli Ufficiali regi, a' quali (come al Reggente e suoi Giudici della G. C. della Vicaria, a' governadori delle province, Capitani delle terre ed altri Ufficiali del Regno) fu prescritto dall'Imperador Carlo V per mezzo di sue prammatiche62 il modo di componere i delitti e commutar le pene corporali in pecuniarie, e vietato di farlo senza suo consenso o del Vicerè del Regno, e senza rimession della parte offesa, o ne' casi che si dovesse imporre pena di morte naturale, o di troncamento di membra. E poichè a' Baroni si trovavano concedute quelle lettere, affinchè il loro arbitrio stasse ristretto fra' termini del dovere e di giustizia; quindi l'istesso Imperador Carlo V con altra sua particolar prammatica63 stabilita per li Baroni e loro Ufficiali ordinò che non dovessero abusarsi della facoltà, che tenevano nella commutazion delle pene, ma servirsene fra' termini del giusto e con ragionevol modo: minacciandogli in caso d'abuso della privazione de' loro privilegi.

      CAPITOLO VI

De' Riti della Regia camera

      Pure sotto il Regno di Roberto furono compilati i riti della Regia Camera. Questo Tribunale non solo in tempo dell'Imperador Federico II si reggeva dai maestri Razionali, ma anche nel Regno di questi Re angioini. Erano questi Ufficiali di grande autorità, e perciò vediamo i più distinti personaggi di que' tempi impiegati a queste cariche; e dalla Regina Giovanna I furono di maggiori prerogative e privilegi arricchiti. La principal loro incombenza era d'invigilare sopra i diritti e rendite fiscali, costringere i minori Ufficiali come Doganieri, Tesorieri, Credenzieri ed altri, a render ragione della loro amministrazione, ricevere da essi i conti dell'esazioni fatte, e raccogliere il denaro per mandarlo alla Camera del Re. Queste rendite per la maggior parte si cavavano da' dazi, gabelle, dogane, regalie e da altre ragioni fiscali, così antiche come nuove. Nel Regno de' Normanni queste esazioni restringevansi a poco numero, ed erano assai moderate, e particolarmente in tempo del buon Re Guglielmo; ma da poi che l'Imperator Federico I restituì le regalie, che s'erano quasi perdute in Italia, e che tutti gli altri Principi, al di lui esempio, vollero anche restituirle ne' loro Stati, s'accrebbe il di lor numero, e furono più pesanti. Così passato questo Regno dai Normanni a' Svevi, Federico II ve n'impose delle nuove: instituto, che fu poi dagli altri Re suoi successori continuato, come quello che conduceva molto all'abbondanza del loro erario, donde potevano sostenere più grandi eserciti e numerose armate. I Re della casa d'Angiò, ancorchè più volte ne' loro Capitoli promettessero moderarle, e di ridurle secondo erano al tempo del Re Guglielmo il Buono; con tutto ciò, per le lunghe ed ostinate guerre che soffrirono, e particolarmente per quella di Sicilia, non ne fecero nulla, anzi di tempo in tempo più crebbero. Furono per ciò queste ragioni fiscali divise in antiche e nuove.

      Dell'antiche, cioè di quelle, che furono prima dall'Imperador Federico II nel Regno di Guglielmo, e suoi successori Normanni, abbiamo che Andrea d'Isernia64 ne formò due Cataloghi: uno se ne legge nelle note, che fece alle Costituzioni del Regno sotto la rubrica de decimis: e l'altro tra i riti della Regia Camera, pure sotto il medesimo titolo65. In poche cose, e sol nell'ordine è l'uno vario dall'altro: ecco il novero, che ne fece nelle Costituzioni.

Jura vetera sunt haec, videlicet

      Dohana.

      Anchoragium.

      Scalaticum.

      Glandium, et similium.

      Jus Tumuli.

      Portus, et Piscaria.

      Jus Affidaturae.

      Herbagium, Pascua.

      Passagium vetus.

      Jus Casei, et Olei non est ubique per Regnum.

      Ecco l'altro che pose fra i Riti della Camera.

Jura vetera sunt haec

      Jus Dohanae.

      Jus Anchoragii.

      Jus Scolatici, ovvero

      Jus Colli.

      Jus Tumuli.

      Jus Portus, et Piscariae vetus.

      Jus Bucceriae vetus.

      Jus Affidaturae herbagii, pascuorum, glandium, et similium.

      Jus Casei, et Olei, non est ubique per Regnum.

      Jus Passagii vetus.

      Delle nuove parimente ne abbiamo del medesimo Autore ne' luoghi allegati due cataloghi. Furono queste introdotte da Federico II Principe appo gli Scrittori Guelfi, che scrissero sotto il Regno degli Angioini, riputato tiranno, e che angariasse in cento maniere i suoi sudditi: Andrea d'Isernia sopra gli altri l'ha sempre nelle sue opere malmenato, e dipinto per un crudele, e lo pone per ciò nel fuoco penace dell'Inferno: dice nelle Costituzioni66, che perciò la Chiesa non vuole le decime di queste esazioni, come ingiuste, ed imposte da Federico contro Dio e la giustizia: De illis non vult Ecclesia decimas, tanquam de male oblatis, quae imposita fuerunt per illum contra Deum, et justitiam: per quod videtur ille Federicus quiescere in pice, et non in pace. E nel Rito I sotto il titolo de Jure Tinctoriae, et Celandrae, dicendo che questi dritti come nuovi ed odiosi non doveano stendersi per interpetrazione, СКАЧАТЬ



<p>53</p>

Affl. in Constitut. contingit 3 notab. et in Constit. ea quae ad speciale decus 4 notab.

<p>54</p>

Gramat. voto 28.

<p>55</p>

Caravita ritu 49.

<p>56</p>

Franchis decis. 510 nu. 4 et decis. 370 num. 2.

<p>57</p>

Franc. de Amic. ad tit. de his, qui feud. dar. pos. fol. 43 n. 8.

<p>58</p>

Capecelatr. cons. 41 num. 10.

<p>59</p>

Capibl. de Baron. prag. 8 par. 1 n. 63 et 84.

<p>60</p>

Costanzo lib. 6.

<p>61</p>

Costanzo Hist. lib. 12 in fin.

<p>62</p>

Pragm. In sperata delictorum venia pragm. Et quia, etc.

<p>63</p>

Pragm. mandamus etiam.

<p>64</p>

Andr. in Constit. quanto caeteris, de decimis.

<p>65</p>

Rit. 1 de decimis, etc.

<p>66</p>

Andr. Constit. quanto de caeteris, de decimis.