Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 1. Edward Gibbon
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СКАЧАТЬ Io ho preso da Svetonio e da Tacito la espressioni naturali ad Augusto.

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Imperator (di cui noi abbiam fatto Imperatore) al tempo della Repubblica non significava altro che Generale, ed era un titolo sul campo di battaglia solennemente dai soldati accordato al vittorioso lor Capo. Quando i romani Imperatori lo assumevano in quel senso, lo ponevano dopo il lor nome, e notavano quante volte lo avevano preso.

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Dione l. LIII p. 103 ec.

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Livio, Epitom. l. XIV. Valer. Mass. VI 3.

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Ved. nel lib. VIII di Livio la condotta di Manlio Torquato e di Papirio Cursore. Violavano essi le leggi della natura e dell'umanità, ma sostenevano quelle della militar disciplina, ed il popolo, che abborriva l'azione, era forzato a rispettare il principio.

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Pompeo ottenne dagli sconsiderati, ma liberi suffragi del popolo un comando militare poco inferiore a quello di Augusto. Tra gli atti straordinarj di autorità esercitati dal primo, si può notare la fondazione di ventinove città, e la distribuzione di sei o sette milioni di zecchini alle sue truppe. La ratifica di tali atti trovò qualche opposizione e dilazione nel Senato. Ved. Plut. Appian. Dione Cassio, ed il primo libro delle lettere ad Attico.

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Sotto la Repubblica il trionfo potea pretendersi da quel Generale soltanto, ch'era autorizzato a prender gli auspicj in nome del popolo. Per una esatta conseguenza derivante da questo principio di politica e di religione, il trionfo era riservato all'Imperatore, ed i suoi più fortunati Generali si contentavano di alcuni segni di distinzione inventati in lor favore sotto nome di onori trionfali.

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Cicerone, De Legib. III 3, alla Dignità Consolare dà il nome di Regia Potestas, e Polibio l. IV c. 3 osserva tre poteri nella Costituzione romana. Il potere monarchico era rappresentato, ed esercitato dai Consoli.

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Siccome la Potestà Tribunizia (diversa dall'uffizio annuale del Tribuno) fu inventata a riguardo del Dittatore Cesare (Dione l. XLIV p. 364) essa gli fu data probabilmente come una ricompensa per avere così generosamente sostenuti colle armi i sacri diritti dei Tribuni e del popolo. Vedi i suoi Comment. De bell. civil. l. I.

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Augusto esercitò il Consolato per nove anni senza interruzione. Dipoi ricusò artificiosamente quella dignità, non meno che la Dittatura: si allontanò da Roma, e si trattenne fuori finchè gli effetti funesti del tumulto, e della fazione forzarono il Senato a rivestirlo del Consolato perpetuo. Augusto per altro ed i suoi successori affettarono di nascondere un titolo così invidioso.

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Vedi un frammento di un decreto del Senato, che conferiva all'Imperator Vespasiano tutte le potestà concedute ai suoi predecessori, Augusto, Tiberio, e Claudio. Questo monumento curioso ed importante si trova nelle iscrizioni di Grutero, num. CCXLII.

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Venivano creati due Consoli alle calende di gennaio; ma nel corso dell'anno se ne sostituivano degli altri, finchè l'annuo numero ascendesse almeno a dodici. I Pretori erano ordinariamente sedici o diciotto: Lipsio in Excurs. D. ad Tacito Annal. l. I. Io non ho parlato degli Edili, nè dei Questori. Quei semplici magistrati che sono incaricati del buon regolamento di una città o delle pubbliche entrate, si adattano facilmente a qualunque forma di governo. Al tempo di Nerone i Tribuni possedevano legalmente il diritto d'intercessione, benchè sarebbe stato pericoloso il farne uso; Tacito ann. XVI 26. Al tempo di Traiano era cosa dubbiosa se fosse il Tribunato un uffizio, od un nome. Plin. let. l. I 23.

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I tiranni stessi furono ambiziosi del Consolato. I Principi virtuosi lo dimandarono con moderazione, e l'esercitarono con esattezza. Traiano rinnovò l'antico giuramento, dinanzi il tribunale del Console, di osservare le leggi; Plin. Panegir. c. 64.

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«Quoties magistratuum comitiis interesset, Tribus cum candidatis suis circuibat, supplicabatque more solemni. Ferebat et ipse suffragium in Tribubus, ut unus e populo.» Svet. Vita d'Aug. c. 56.

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«Tum primum comitia e campo ad Patres translata sunt», Tacito ann. I 15. La parola primum par che alluda ad alcuni deboli e vari sforzi fatti per rendere al popolo quel diritto.

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Dione, l. LIII p. 703, 704, ha dato un debole, e parziale prospetto del sistema Imperiale. Per illustrarlo ho meditato Tacito, esaminato Svetonio, e consultato i seguenti moderni: L'Ab. de la Bleterie Mem. dell'Accad. Tom. XIX, XXI, XXIV, XXV, XXVII; Beaufort, Repub. Rom. I p. 255. 275; due Dissert. di Noodt, e di Gronov. De lege Regia stampate a Leida nel 1731; Gravina De Imp. Rom. p. 479 544 de' suoi Opuscoli; Maffei Verona illustr. p. 1 p. 245 cc.

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Un Principe debole sarà sempre governato dai suoi domestici. La potenza degli schiavi aggravò la vergogna dei Romani, ed i Senatori fecer la corte a un Pallante, e ad un Narciso. Può accadere che un favorito moderno sia un gentiluomo.

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Vedi un Tratt. di Van-Dale De consacrat. Principum. Sarebbe più facile per me il copiare, di quel che sia il verificare le citazioni di questo dotto Olandese.

238

Ved. una Dissert. dell'Ab. di Mongault nel I vol. della Accad. dell'Iscrizioni.

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«Jurandasque tuum per nomen ponimus aras» dice Orazio all'Imperatore istesso, e Orazio conosceva bene la Corte di Augusto.

240

Vedi Cicerone Philipp. I 16; Giuliano in Caesaribus.

Inque Deum templis jurabit Roma per umbras esclama Lucano sdegnato. Ma questa indignazione è originata più dal patriottismo, che dalla devozione.

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Dione lib. LIII. p. 710 colle note curiose di Reimar.

242

Mentre Ottaviano si avanzava verso il banchetto dei Cesari, il suo colore cambiava come quello del Camaleonte, pallido prima, di poi rosso, indi nero; prese finalmente il delicato colore di Venere, e delle Grazie: Caesares, p. 309. Questa immagine, impiegata da Giuliano nella sua ingegnosa finzione, è giusta e graziosa. Ma quando ei considera questo cambiamento di carattere come reale, e che lo attribuisce al potere della filosofia, egli fa troppo onore alla filosofia, e ad Ottaviano.

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Dugent'anni dopo lo stabilimento della Monarchia, l'Imperatore Marco Aurelio vanta il carattere di Bruto come un perfetto modello della virtù romana.

244

È gran perdita per noi quella parte di Tacito, che trattava di questo avvenimento. Siamo forzati di contentarci dei rumori popolari riferiti da Giuseppe, e delle imperfette narrazioni di Dione e di Svetonio.

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Augusto restituì l'antica severità alla disciplina. Dopo le guerre civili non chiamò più i soldati Militones, ma solamente Milites; Sveton. in Aug. c. 25. Vedi la maniera colla quale Tiberio calmò la sedizione delle legioni della Pannonia. Tacito Annal. I.

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Queste parole par che fossero la formola determinata Ved. Tacito Annal. XIII 4.

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Il primo fu Camillo Scriboniano che prese l'armi nella Dalmazia contro Claudio, e fu abbandonato dalle sue proprie truppe in cinque giorni. Il secondo Lucio Antonio nella Germania che si ribellò contro Domiziano; e il terzo Ovidio Cassio nel Regno di Marco Antonino. I due ultimi non regnarono che pochi mesi, e furono trucidati dai loro proprj aderenti. È da osservarsi che Camillo e Cassio colorirono la loro ambizione col divisamento di ristabilire la Repubblica; impresa, diceva Cassio, specialmente riservata al suo nome, ed alla sua famiglia.

248

Velleio Patercolo l. II cap. 121. Svetonio in Tiberio cap. 20.

249

Svetonio in Tit. cap 6. Plin. nella prefazione alla Stor. Nat.

250

Questa idea è spesso e fortemente inculcata da Tacito Ved. Stor. I 5 16 II 76.

251

L'Imp. Vespasiano col suo solito СКАЧАТЬ