La Divina commedia / Божественная комедия. Книга для чтения на итальянском языке. Данте Алигьери
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      mai che le bolle che ’l bollor levava,

      e gonfiar tutta, e riseder compressa.

      22 Mentr’ io là giù fisamente mirava,

      lo duca mio, dicendo «Guarda, guarda!»,

      mi trasse a sé del loco dov’ io stava.

      25 Allor mi volsi come l’uom cui tarda

      di veder quel che li convien fuggire

      e cui paura subita sgagliarda,

      28 che, per veder, non indugia ’l partire:

      e vidi dietro a noi un diavol nero

      correndo su per lo scoglio venire.

      31 Ahi quant’ elli era ne l’aspetto fero!

      e quanto mi parea ne l’atto acerbo,

      con l’ali aperte e sovra i piè leggero!

      34 L’omero suo, ch’era aguto e superbo,

      carcava un peccator con ambo l’anche,

      e quei tenea de’ piè ghermito ’l nerbo.

      37 Del nostro ponte disse: «O Malebranche,

      ecco un de li anzian di Santa Zita!

      Mettetel sotto, ch’i’ torno per anche

      40 a quella terra, che n’è ben fornita:

      ogn’ uom v’è barattier, fuor che Bonturo;

      del no, per li denar, vi si fa ita».

      43 Là giù ’l buttò, e per lo scoglio duro

      si volse; e mai non fu mastino sciolto

      con tanta fretta a seguitar lo furo.

      46 Quel s’attuffò, e tornò sù convolto;

      ma i demon che del ponte avean coperchio,

      gridar: «Qui non ha loco il Santo Volto!

      49 qui si nuota altrimenti che nel Serchio!

      Però, se tu non vuo’ di nostri graffi,

      non far sopra la pegola soverchio».

      52 Poi l’addentar con più di cento raffi,

      disser: «Coverto convien che qui balli,

      sì che, se puoi, nascosamente accaffi».

      55 Non altrimenti i cuoci a’ lor vassalli

      fanno attuffare in mezzo la caldaia

      la carne con li uncin, perché non galli.

      58 Lo buon maestro «Acciò che non si paia

      che tu ci sia», mi disse, «giù t’acquatta

      dopo uno scheggio, ch’alcun schermo t’aia;

      61 e per nulla offension che mi sia fatta,

      non temer tu, ch’i’ ho le cose conte,

      perch’ altra volta fui a tal baratta».

      64 Poscia passò di là dal co del ponte;

      e com’ el giunse in su la ripa sesta,

      mestier li fu d’aver sicura fronte.

      67 Con quel furore e con quella tempesta

      ch’escono i cani addosso al poverello

      che di sùbito chiede ove s’arresta,

      70 usciron quei di sotto al ponticello,

      e volser contra lui tutt’ i runcigli;

      ma el gridò: «Nessun di voi sia fello!

      73 Innanzi che l’uncin vostro mi pigli,

      traggasi avante l’un di voi che m’oda,

      e poi d’arruncigliarmi si consigli».

      76 Tutti gridaron: «Vada Malacoda!»;

      per ch’un si mosse – e li altri stetter fermi -

      e venne a lui dicendo: «Che li approda?».

      79 «Credi tu, Malacoda, qui vedermi

      esser venuto», disse ’l mio maestro,

      «sicuro già da tutti vostri schermi,

      82 sanza voler divino e fato destro?

      Lascian’ andar, ché nel cielo è voluto

      ch’i’ mostri altrui questo cammin silvestro».

      85 Allor li fu l’orgoglio sì caduto,

      ch’e’ si lasciò cascar l’uncino a’ piedi,

      e disse a li altri: «Omai non sia feruto».

      88 E ’l duca mio a me: «O tu che siedi

      tra li scheggion del ponte quatto quatto,

      sicuramente omai a me ti riedi».

      91 Per ch’io mi mossi e a lui venni ratto;

      e i diavoli si fecer tutti avanti,

      sì ch’io temetti ch’ei tenesser patto;

      94 così vid’ io già temer li fanti

      ch’uscivan patteggiati di Caprona,

      veggendo sé tra nemici cotanti.

      97 I’ m’accostai con tutta la persona

      lungo ’l mio duca, e non torceva li occhi

      da la sembianza lor ch’era non buona.

      100 Ei chinavan li raffi e «Vuo’ che ’l tocchi»,

      diceva l’un con l’altro, «in sul groppone?».

      E rispondien: «Sì, fa che gliel’ accocchi».

      103 Ma quel demonio che tenea sermone

      col duca mio, si volse tutto presto

      e disse: «Posa, posa, Scarmiglione!».

      106 Poi disse a noi: «Più oltre andar per questo

      iscoglio non si può, però che giace

      tutto spezzato al fondo l’arco sesto.

      109 E se l’andare avante pur vi piace,

      andatevene su per questa grotta;

      presso è un altro scoglio che via face.

      112 Ier, più oltre cinqu’ ore che quest’ otta,

      mille dugento con sessanta sei

      anni compié che qui la via fu rotta.

      115 Io mando verso là di questi miei

      a riguardar s’alcun se ne sciorina;

      gite con lor, che non saranno rei».

      118 «Tra’ti avante, Alichino, e Calcabrina»,

      cominciò elli a dire, «e tu, Cagnazzo;

      e Barbariccia guidi la decina.

      121 Libicocco vegn’ oltre e Draghignazzo,

      Ciriatto sannuto e Graffiacane

      e Farfarello e Rubicante pazzo.

      124 Cercate ’ntorno le boglienti pane;

      costor sian salvi infino a l’altro scheggio

      che tutto intero va sovra le tane».

      127 «Omè, maestro, che è quel ch’i’ veggio?»,

      diss’ io, «deh, sanza scorta andianci soli,

      se tu sa’ ir; ch’i’ per me non la cheggio.

      130 Se tu se’ sì accorto come suoli,

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