Название: La Divina commedia / Божественная комедия. Книга для чтения на итальянском языке
Автор: Данте Алигьери
Издательство: КАРО
Жанр: Поэзия
Серия: Lettura classica
isbn: 978-5-9925-1285-4
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alcun ch’al fatto o al nome si conosca,
e li occhi, sì andando, intorno movi».
76 E un che ’ntese la parola tosca,
di retro a noi gridò: «Tenete i piedi,
voi che correte sì per l’aura fosca!
79 Forse ch’avrai da me quel che tu chiedi».
Onde ’l duca si volse e disse: «Aspetta,
e poi secondo il suo passo procedi».
82 Ristetti, e vidi due mostrar gran fretta
de l’animo, col viso, d’esser meco;
ma tardavali ’l carco e la via stretta.
85 Quando fuor giunti, assai con l’occhio bieco
mi rimiraron sanza far parola;
poi si volsero in sé, e dicean seco:
88 «Costui par vivo a l’atto de la gola;
e s’e’ son morti, per qual privilegio
vanno scoperti de la grave stola?».
91 Poi disser me: «O Tosco, ch’al collegio
de l’ipocriti tristi se’ venuto,
dir chi tu se’ non avere in dispregio».
94 E io a loro: «I’ fui nato e cresciuto
sovra ’l bel fiume d’Arno a la gran villa,
e son col corpo ch’i’ ho sempre avuto.
97 Ma voi chi siete, a cui tanto distilla
quant’ i’ veggio dolor giù per le guance?
e che pena è in voi che sì sfavilla?».
100 E l’un rispuose a me: «Le cappe rance
son di piombo sì grosse, che li pesi
fan così cigolar le lor bilance.
103 Frati godenti fummo, e bolognesi;
io Catalano e questi Loderingo
nomati, e da tua terra insieme presi
106 come suole esser tolto un uom solingo,
per conservar sua pace; e fummo tali,
ch’ancor si pare intorno dal Gardingo».
109 Io cominciai: «O frati, i vostri mali…»;
ma più non dissi, ch’a l’occhio mi corse
un, crucifisso in terra con tre pali.
112 Quando mi vide, tutto si distorse,
soffiando ne la barba con sospiri;
e ’l frate Catalan, ch’a ciò s’accorse,
115 mi disse: «Quel confitto che tu miri,
consigliò i Farisei che convenia
porre un uom per lo popolo a’ martìri.
118 Attraversato è, nudo, ne la via,
come tu vedi, ed è mestier ch’el senta
qualunque passa, come pesa, pria.
121 E a tal modo il socero si stenta
in questa fossa, e li altri dal concilio
che fu per li Giudei mala sementa».
124 Allor vid’ io maravigliar Virgilio
sovra colui ch’era disteso in croce
tanto vilmente ne l’etterno essilio.
127 Poscia drizzò al frate cotal voce:
«Non vi dispiaccia, se vi lece, dirci
s’a la man destra giace alcuna foce
130 onde noi amendue possiamo uscirci,
sanza costrigner de li angeli neri
che vegnan d’esto fondo a dipartirci».
133 Rispuose adunque: «Più che tu non speri
s’appressa un sasso che da la gran cerchia
si move e varca tutt’ i vallon feri,
136 salvo che ’n questo è rotto e nol coperchia;
montar potrete su per la ruina,
che giace in costa e nel fondo soperchia».
139 Lo duca stette un poco a testa china;
poi disse: «Mal contava la bisogna
colui che i peccator di qua uncina».
142 E ’l frate: «Io udi’ già dire a Bologna
del diavol vizi assai, tra ’ quali udi’
ch’elli è bugiardo e padre di menzogna».
145 Appresso il duca a gran passi sen gì,
turbato un poco d’ira nel sembiante;
ond’ io da li ’ncarcati mi parti’
148 dietro a le poste de le care piante.
Canto XXIV
In quella parte del giovanetto anno
che ’l sole i crin sotto l’Aquario tempra
e già le notti al mezzo dì sen vanno,
4 quando la brina in su la terra assempra
l’imagine di sua sorella bianca,
ma poco dura a la sua penna tempra,
7 lo villanello a cui la roba manca,
si leva, e guarda, e vede la campagna
biancheggiar tutta; ond’ ei si batte l’anca,
10 ritorna in casa, e qua e là si lagna,
come ’l tapin che non sa che si faccia;
poi riede, e la speranza ringavagna,
13 veggendo ’l mondo aver cangiata faccia
in poco d’ora, e prende suo vincastro
e fuor le pecorelle a pascer caccia.
16 Così mi fece sbigottir lo mastro
quand’ io li vidi sì turbar la fronte,
e così tosto al mal giunse lo ’mpiastro;
19 ché, come noi venimmo al guasto ponte,
lo duca a me si volse con quel piglio
dolce ch’io vidi prima a piè del monte.
22 Le braccia aperse, dopo alcun consiglio
eletto seco riguardando prima
ben la ruina, e diedemi di piglio.
25 E come quei ch’adopera ed estima,
che sempre par che ’nnanzi si proveggia,
così, levando me sù ver’ la cima
28 d’un ronchione, avvisava un’altra scheggia
dicendo: «Sovra quella poi t’aggrappa;
ma tenta pria s’è tal ch’ella ti reggia».
31 Non era via da vestito di cappa,
ché noi a pena, ei lieve e io sospinto,
potavam sù montar di chiappa in chiappa.
34 E se non fosse che da quel precinto
più che da l’altro era la costa corta,
non so di lui, ma io sarei ben vinto.
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