Gli amori. Federico De Roberto
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Читать онлайн книгу Gli amori - Federico De Roberto страница 13

Название: Gli amori

Автор: Federico De Roberto

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066071165

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СКАЧАТЬ od insolito dell'umana natura!

      Eccomi un poco lontano dal soggetto. Ma ella non si duole, mi ha scritto, delle divagazioni e degli episodii, perchè, bontà sua, dice che aggiungono sapore alle mie lettere. Veniamo però senz'altro alla nostra protagonista.

      Il penultimo dei suoi amanti, anzi quello che ella credette fermamente dovesse essere l'ultimo — ciascuna caduta pare l'ultima perchè ogni amore sembra eterno; ma Donna Teresa che oramai sapeva il giuoco [pg!54] dell'illusione, aveva altre ragioni per credere alla saldezza di questo legame — il penultimo dei suoi amanti, dico, fu Enrico Sartana. Era stato quasi suo promesso prima dell'infausto matrimonio con Guglielmo di Casaura; s'erano amati del puro amore della prima giovinezza; poi non s'erano più visti. Incontratisi dopo più di vent'anni tempestosi per entrambi, negli stessi luoghi dove avevano sognato di unirsi, in Sicilia, a Palermo, il sentimento antico si venne ridestando. Questa resurrezione procedè per vie opposte: mentre in lei derivò dalla paura d'essere disprezzata per la vita troppo avventurosa, dall'idea che Sartana dovesse stimarsi fortunato di non essersi legato a una donna che aveva fatto tanto e così male parlare di sè, dalla secreta speranza di mostrarglisi migliore della propria reputazione; egli invece pensò a lei pieno di pietà e di commossa simpatia per le disgrazie delle quali la credè vittima. C'era in questa benigna disposizione di lui il rimorso di non aver forzato la mano alla propria famiglia? C'era la presuntuosa certezza che, se fosse stata sua moglie, ella non avrebbe pensato a tradirlo e sarebbe vissuta felice ed onesta? O non piuttosto la brama di averla lo disponeva a tanta indulgenza? Lasciamo stare quest'indagine; perchè, se dovessi dirle la mia opinione, io le direi che la pietà di Sartana e la pietà di tutti gli uomini per le adultere che da lontano condannano severamente, è semplicemente dettata dall'appetito, come la miglior via di soddisfarlo. Ho ragione? Confessi che la metto in un bell'impiccio. Ella vorrebbe darmi dello scettico perchè nego la sincerità d'un buon sentimento; ma poi pensa di applaudirmi, giovandosi del mio giudizio per sostenere che gli uomini sono incapaci di buoni sentimenti e non pensano se non alle proprie soddisfazioni!...

      Comunque sia, fatto è che Sartana rammentò alla Duffredi il loro passato felice, e le lasciò dapprima intendere e poi le disse chiaramente la sua speranza di farlo risorgere, di tramutarlo in un più felice presente. La Duffredi, contenta d'ottenere la prova che egli non aveva orrore di lei, vinta ella stessa dai ricordi buoni, [pg!55] lo lasciò dire. Ma poteva ella cedere a quest'uomo? Dopo la triste esperienza, non doveva stare in guardia contro nuove cadute? Dopo che Aldobrandi le aveva corrotta l'anima, dopo che ella aveva tradito Paolo Arconti col visconte de Bienne, dopo che lo stesso Arconti l'aveva abbandonata, dopo che ella aveva presunto vendicarsi cedendo al principe di Lucrino, si sentiva ridotta a tale avvilimento, che aveva un solo bisogno: purificarsi con qualcosa di nobile, di alto, di immacolato. E se ciò era molto difficile, anzi, con altri uomini, impossibile, non doveva ella cogliere l'occasione insperata e conseguire questa specie di redenzione sentimentale per opera di Sartana, cioè di uno che l'aveva purissimamente amata da giovanetta, di uno che solo fra tutti poteva e doveva rispettarla in nome dell'innocenza del loro passato?... Dobbiamo dire che questo fosse un sofisma? Certo, se pur fu sofisma, Teresa non ne ebbe coscienza e restò sincera; la sua condotta posteriore lo provò. Il Sartana accettò d'esserle amico secreto, promise di non macchiare la santità del loro affetto e per un certo tempo mantenne la promessa; poi, naturalmente, la dimenticò ed insistette presso l'amica per indurla a ciò che era e doveva essere il naturale coronamento dell'amor loro; ma costei spinse a tal punto la resistenza e dimostrò d'essere stata tanto sincera mettendo il patto insostenibile, che fuggì dopo avergli diretta una romantica lettera d'addio e senza dirgli dove andava a nascondersi.

      Fu questo uno dei migliori atti della sua vita, una delle prove che ella era degna di miglior sorte. Ho chiamato romantica quella lettera, ed ella che forse la rammenta, riconoscerà che merita d'esser chiamata così. Tutte le perverse e abominevoli creature che sono vissute nel male per istinto, per genio, dicono che la storia di Teresa Duffredi è la loro, presumono ottenere come lei indulgenza e perdono; ma esse non fuggono: si buttano alla testa delle persone, non sanno che cosa sono gli scrupoli, ignorano il senso della parola rimorso, non s'acquetano neanche con l'età, quando la loro carne è vizza, quando i loro capelli sono canuti. [pg!56] Sì, ella ha ragione: la storia della loro vita, soggetto buono per qualche pornografo, non rivela altro che una spaventevole ipocrisia. Ma il romanticismo di Donna Teresa, quella sua velleità di distinguersi, quella sua idea d'esser fatta a un modo tutto particolare, di dover provare e far provare cose arcane e ineffabili; quel suo concetto della vita esagerato e falso che la faceva parlare ed agire come sopra un palcoscenico dove tutto è dramma, giuramenti infrangibili, fatalità tenebrose, spasimi sovrumani, questo suo romanticismo, dico, questa forza di un'illusione che la sottraeva alla realtà e la poneva in urto con la logica, fu la sua scusa ed è ciò che può interessarci a lei.

      Dunque, fuggì. E dopo la fuga, Sartana, saputo il suo rifugio da un'amica comune, la raggiunse. Allora accadde ciò che doveva accadere. Ma a chi le domandò, molti anni dopo, se durante la supplice insistenza di lui e nel punto di fuggirlo, ella non si fosse pentita dell'ostinata resistenza, confessò quanto segue. Sì, ne provò pentimento. Da principio aveva creduto sinceramente di dover esser felice grazie a un sentimento tutto ideale; la possibilità di cadere anche una volta le repugnava. Noi vediamo dunque che il primo istinto della donna e della femmina, l'istinto della resistenza, era ancor vivo ed operante in lei. Per obbedirne i suggerimenti, ella volle prendere un impegno solenne con sè stessa e con l'amante, impegno che contrariò più tardi molto vivacemente il secondo istinto, il desiderio, il bisogno di cedere. A chi le parlava di queste cose ella non voleva neppur confessare, dopo tanto tempo, il risveglio del desiderio... ma disse, — come dicono tutte — che si pentì del divieto imposto a sè stessa ed all'amante perchè comprese che l'amante ne soffriva troppo.

      — Io non potevo sperare che egli mi restasse lungamente a fianco senza tentar d'infrangere la promessa; se pure la mia esperienza non me l'avesse fatto prevedere, io vidi il tormento di Enrico, ne udii le roventi espressioni. Allora... allora...

      [pg!57] E incitata a confessare, ella spiegò che allora le venne un'idea. Non la pose in atto, anzi fece tutto il contrario, fuggendo; ma l'idea fu questa. Non vi sono certe case discrete dove gli uomini come Enrico Sartana trovano, grazie all'opera di esperte mediatrici, le donne ridotte a vendersi dal duro bisogno o cupide di procurarsi secretamente danaro per sopperire ai bisogni del lusso? Ella pensò di andare in una di queste case, fittamente velata, per intendersi con la mediatrice: costei avrebbe dovuto chiamare il Sartana dicendogli di avere un donna per lui, una signora che metteva come patto infrangibile di restare velata..... Solamente in un cervello romanzesco e diciamo pur folle una simile idea poteva spuntare. A questo modo ella pensava di risolvere il problema: non si sarebbe disdetta e intanto si dava....

      — E voi volete sostenere, — le fece osservare il suo interrogatore, — che, così facendo, non eravate mossa dal desiderio che avevate di lui, ma soltanto dall'idea di far cessare la sua pena?

      — Senza dubbio! — insistè.

      — Allora, perchè andare velata?

      — Se non andavo velata, tanto valeva cedergli in casa mia, anzi dirgli: «Prendetemi!»

      — Ma pensateci un poco: se egli non sapeva d'esser con voi, e se voi solamente sapevate di esser con lui, chi era soddisfatto e chi restava inappagato?...

      [pg!59]

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