L'Illusione. Federico De Roberto
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Название: L'Illusione

Автор: Federico De Roberto

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066069858

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СКАЧАТЬ dare una patria agl'Italiani, di principi che avevano pugnato pel loro paese, le davano dei fremiti d'entusiasmo.

      Con piacere più grande svolgeva i temi dei componimenti, ne riceveva arrossendo le lodi dal professore, il quale, alle domande dello zio, rispondeva:

      — Va bene, molto bene... anzi troppo!... C'è troppa fantasia!...

      Ella descriveva a lungo, minutamente, dei campi di battaglia, delle foreste vergini, dei naufragi, tutte cose che non aveva mai viste, ma delle quali si formava un'idea. La lettura dei romanzi le dava molto aiuto; ma il professore, un pedante, cancellava delle frasi che ella aveva viste stampate, che le parevano piene d'eleganza e d'efficacia, e che lui dichiarava infranciosate. Ella scriveva: la vita sentimentale, e il professore correggeva: la vita del cuore e della mente. Però, tornava con nuova lena alle sue letture; le osservazioni del maestro, i rimproveri dei parenti glie le facevano amare di più.

      — Lascia stare cotesti libri — diceva la zia. — Ti guasteranno la testa...

      — Perchè? Come se io non sapessi qual'è la finzione e quale la verità!...

      E voleva sapere se il cavaliere di Maison-Rouge era realmente esistito, se la storia di Montecristo era vera; nella carta geografica, cercava l'isoletta, avrebbe voluto andarvi qualche volta.

      Adesso conosceva mezzo Sue, del Balzac che trovava però troppo lungo, quasi tutto Walter Scott. Il ricordo della sua povera sorellina morta la sorprendeva certe volte in mezzo alle imaginazioni suggerite da quei libri: allora, era una mestizia dolce, una malinconia soave che la prendeva, rassomigliandola a qualcuna delle eroine belle e infelici di cui ella si faceva come dei modelli, come delle maestre di vita, con l'ambizione di essere secretamente approvata da loro in ogni atto ed in ogni pensiero. Il dolore acuto e lacerante dei primi tempi si risolveva sempre più in un rimpianto rassegnato, in un ricordo pieno di tenerezza: la sorellina sua non viveva forse in lei, nel suo spirito, non l'accompagnava forse sempre e dovunque, memoria buona e protettrice?...

      Così, passato il tempo del lutto, malgrado avesse espresso il desiderio di portare ancora le vesti nere, obbedì all'ingiunzione della zia e le smise.

      Allora cominciarono ad andare al teatro di prosa: un'altra sorgente di emozioni più forti: la Signora delle Camelie, Kean, la Morte Civile, Celeste. Quando venne la compagnia di Amilcare Baretti e l'attore Roggi rappresentò il Falconiere, ella tornò a casa colla testa in fiamme. Nessun uomo le pareva più bello di lui, la sua voce, quand'egli parlava d'amore la faceva tremare. Tutte le volte che aveva in mano il manifesto, correva cogli occhi a cercare il suo nome; se non lo trovava, la scena le pareva deserta, lo spettacolo insoffribile. Ella supponeva che l'attore si fosse accorto della febbre con cui ella lo ascoltava, imaginava che egli avrebbe cercato di vederla da vicino, architettava tutto un romanzo. Un giorno, passando dai Quattro Canti, vide, in una mostra di fotografo, i ritratti dei principali attori, il suo fra gli altri. Sempre che ripassava di lì, il cuore le batteva più forte mentre gli occhi cercavano quell'imagine; lungo tempo dopo che la compagnia se ne fu andata continuò a guardarla, fin quando non tolsero il quadro.

      Al dramma, alla commedia, ella non domandava nessuna spiegazione alla zia, nè questa diceva nulla intorno a ciò che avveniva sulla scena: ella comprendeva da sè, vedeva da per tutto riprodotta, sotto forme e circostanze diverse, l'eterna storia dell'amore, che l'esaltava, le dava delle irrequietezze nervose, uno scontento vago, l'aspirazione continua ad una esistenza più bella, più intensa, più inebbriante. Viveva in mezzo al lusso e in un bel palazzo, servita ad ogni più piccolo cenno, amata ed invidiata; eppure tutto ciò sbiadiva, diventava semplice, comune, volgare, dinanzi alle visioni che non le si levavano dagli occhi: dei castelli circondati da parchi con porticine secrete; delle caccie al suono dei corni per la foresta odorante di muschio; Parigi e i suoi spettacoli grandiosi, i balli dell'Opéra, i ricevimenti del faubourg Saint-Germain, le passeggiate al Bois de Boulogne con dei squadroni di cavalieri che si cavavano alto i cappelli al passaggio d'un'amazzone galoppante coi veli al vento. Ella aveva in testa i luoghi della grande capitale: la Chaussée d'Antin, i Campi Elisi, il nobile faubourg, il Palais Royal, la Borsa, e i dintorni: Auteuil, Fontainebleau: i romanzi che ella divorava erano pieni di scene svolgentisi lì. Talvolta ella pensava al romanzo che ella avrebbe vissuto, all'uomo che avrebbe amato; e si guardava intorno, cercandolo: ma nessuno dei giovanotti che aveva conosciuto in società le pareva degno dell'amor suo. Sapeva che gli uomini non devono esser belli nel senso femminile della parola; ma non si rassegnava a trovare possibili coloro di cui sentiva vantare la maschia bellezza; dei personaggi troppo forti, dei capelli e delle barbe troppo ispide — e la prima cosa che chiedeva all'uomo che avrebbe amato era un particolar genere di avvenenza di cui ella si era formato il tipo: corpo agile e slanciato, sanglé in un abito elegante; viso magro, mustacchi fini, soyeux; carnagione pallida, e sopra tutto aspetto signorile, mosse libere e sciolte. Fra coloro che si avvicinavano a quel tipo, ella non sceglieva ancora, perchè non trovava neppure le qualità morali che reputava indispensabili: Brancaccio era troppo leggiero, Giovanni Gravina sparlava troppo di tutti e di tutte, Orlandi era pieno di sè. In qualcuno, però, di tutti i lions ella trovava qualche qualità; di persona o di nome, per aver parlato con loro o per averli sentiti giudicare, li conosceva tutti; e quando dalla sua carrozza li vedeva scappellarsi, e la zia, di vista corta, le chiedeva: «Chi era quello lì?...» ella nominava: «Orlandi... Giovanni Gravina...» semplicemente, come persone con le quali fosse in intimità. Tutti insieme, a teatro o nelle vie, formavano per lei l'unico pubblico: essi stavano fermi a crocchio, dinanzi a un caffè, o passeggiavano lentamente, ingombrando i marciapiedi, fermandosi a esaminar le signore, salutando contemporaneamente. Ella si atteggiava più rigidamente appena scorgeva da lontano quel gruppo dei picciotti — dei giovani — fra i quali c'era il principe di Roccamozza, a sessant'anni, don Giacomo Fernandes, ripicchiato e ritinto, Alvaro Adernò con una gran barba bianca come un bel monaco cappuccino!... Ciò nondimeno, tutti quegli uomini che rappresentavano il fior fiore della nobiltà, della ricchezza, che facevano od avevano fatto parlare di loro tutta Palermo, con le loro avventure, con le loro pazzie, coi loro duelli; anche quei vecchi più interessanti della folla anonima degli studenti e dei borghesi, esercitavano un'attrattiva su di lei, assumevano ai suoi occhi una seduzione straordinaria. Vedendoli sempre insieme, pensava che fossero legati da un'amicizia eterna, come quella dei Fratelli d'arme; che fossero sempre pronti a difendersi l'uno con l'altro, come i Moschettieri; e comprendendo tutto in una sola parola: il loro valore, la loro fede, la loro forza, li aveva battezzati: «I Crociati.» Il nome aveva fatto fortuna, si sapeva che era stata lei a trovarlo. Però la reputazione del suo spirito, della sua intelligenza, le procurava la sorda gelosia di molte sue nuove conoscenze. Giovannina Leo, Rosa di Carduri, altre ancora che si credevano le più notate non soffrivano la concorrenza che faceva loro una piccola provinciale. Dinanzi ad esse, ella era stata un poco intimidita dal sentimento della propria inferiorità; invece, attribuivano a superbia quel suo ritegno. In società, ella non adoperava mai il dialetto, parendole volgare; e come teneva a far sapere che era nata in Toscana, aspirava un poco la c, pronunziava: 'osa disce? Mi faccia 'l piascere! 'He bella toletta! Per questo l'accusavano d'affettazione; poi, quando le erano dinanzi, facevano le amiche, le prodigavano delle lodi.

       La slealtà le repugnava; ma, infine, importava poco quel che dicevano di lei le sue rivali. Ella avrebbe voluto sapere piuttosto che cosa pensavano gli uomini. Vi era uno dei Crociati, Raimondo Almarosa, che la guardava spesso: non era più giovane, ma quanto più attraente di tanti altri giovani! Alto, magro, biondo d'un biondo che diventava bianco, serio, quasi sempre malinconico per la perdita della moglie e della figliuola sofferta in uno stesso giorno. Che cosa vedeva in lei? Una rassomiglianza? una delle sue morte redivive? Ella si perdeva in fantasticaggini. A teatro, quando uno sguardo si fermava su di lei, pensava a Giuseppe Balsamo, al magnetico potere che certuni sapevano spiegare. I romanzi erano sempre i consiglieri ai quali ella domandava i suoi giudizii, i suoi pensieri. Adesso ella conosceva la vita! Ed era una vita intensa che viveva, con quei libri. Slanci d'ammirazione e dolori sconfinati, raccapricci e simpatie, sorrisi e lacrime, СКАЧАТЬ