L'Illusione. Federico De Roberto
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Название: L'Illusione

Автор: Federico De Roberto

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066069858

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СКАЧАТЬ incallite, della moglie del fattore cercavano le sue, teneramente; Stefana la teneva stretta, la baciava in viso, confondendo le proprie lacrime con le sue.

      Portarono un lume, e come ella scorse Miss, sola, in un angolo, piangere silenziosamente, a capo chino, sentì un singhiozzo più violento squarciarle la gola, dischiuse la bocca come se una mano la soffocasse.

      — Teresa!... signorina!... figlia mia! — e Stefana balbettava, annaspando:

      — Bambinuccia!... Per carità... fàllo per tuo padre... Signore!...

      A un tratto ella si alzò.

      — Lasciatemi. Voglio vederla, l'ultima volta...

      Allora tutt'e tre le donne le si misero dinanzi, facendo barriera, scongiurando tra le lacrime:

      — Signorina!... Thérèse!... Per carità... Vuoi ammazzarti!...

      La fecero ricadere sul divano, raggomitolata, come un ammasso di panni, e i lamenti riprendevano, più sordi, più tristi.

       — Il nonno... — balbettava ella — il nonno...

      — Poveretto!... Anche lui!... Chi gli avrebbe detto che doveva vedere anche questo? Angeletto di Dio!... — esclamavano le donne, pietosamente. — E buona, come non ce ne saranno più al mondo.... mai e poi mai... Creatura buona!... Ora è in paradiso, a pregare per noi...

      Le strida e le querele si facevano più lunghe; ma quello che la straziava era il pianto muto, incessante di Miss. La notte passava: si udivano di tanto in tanto delle voci che chiamavano dal giardino, il portone della stalla che gemeva sui cardini, i cavalli scalpitanti nella corte, il canto lontano dei galli. Poi comparve il nonno, curvo, avvolto in un gran soprabito, cogli occhi asciutti. Ella gli s'afferrò, baciandogli la mano, bagnandola di pianto, spegnendovi sopra le strida che le uscivano dal petto. Anche il babbo gli strinse l'altra mano; lui disse:

      — Basta, basta... adesso basta... la volontà di Dio!... adesso, voi altri ve ne andrete...

      — No!... No! È impossibile!...

      — Ve ne andrete, la carrozza è attaccata... Va' a prender gli scialli, Stefana... Ve ne andrete tutt'e tre, con Miss... Resto qua io... Andiamo, basta!

      Alzatasi, ella implorava ancora, con le braccia tese ansiosamente, di poter passare di là; ma tutti la trattenevano.

      — Va'!... Teresa!... Fate presto, il cocchiere ha da fare... non perdiamo tempo... Andiamo!...

      Scese così, sospinta, tentando di voltarsi, con lo scialle che le cadeva per terra, mandando dei baci alla finestra spalancata e lucente nella notte muta e serena.

      La carrozza partì. Rannicchiata in un angolo, accanto al babbo, ella soffocava i singhiozzi che le salivano alla gola. Cogli occhi sbarrati sulla via polverosa che pareva scorrere come un fiume, con una mano premente sul cuore, ella si ripeteva, trattenendo il respiro: «Sorella mia!... sorella mia!...» e uno stupore l'irrigidiva, pensando che mai, mai più l'avrebbe rivista. «Sorella mia!... sorella mia!...» Che fuoco!... che dolore!... Pensare sempre a lei! Stamparsi nel cuore la sua dolce figura! averla sempre dinanzi per tutta la vita!

      — I fiori!... i fiori che avevo colti per lei!

      Il pianto riprendeva, lungo, cocente. Era morta! morta!... La gran macchia di sangue... il viso di cera... Se non fosse morta?... Perchè le avevano impedito di baciarla?... Ma i medici li avevano ingannati, non avevano detto che doveva finir così presto!... Se lo avesse saputo!... Come avrebbe voluto starle in ginocchio dinanzi, tutti quegli ultimi giorni!... E invece aveva pensato a svagarsi, aveva riso, aveva pensato ad altri!... Allora, come dei chiodi le entravano nelle carni: tutti gli sgarbi che le aveva fatti, le insofferenze da cui era stata presa udendola tossire, le distrazioni che aveva cercate, le cure che non le aveva prodigate, i baci che non le aveva dati e che non avrebbe potuto darle più, mai! E la sua bontà, la sua pazienza di piccola martire, e il bene che aveva voluto a lei... «Sorella!... Sorella mia!...» Ma le lacrime cessavano di scorrere, nell'angoscia da cui si sentiva presa ricordando tutte le liti che le aveva cercate, le cattive parole che le aveva dette quand'era bambina: «Mummia sgobbona... dottoressa bestia...» Come aveva potuto? A un tratto, rammentava l'ira con cui l'aveva picchiata, una volta, la vampa che l'aveva acciecata intanto che batteva quel piccolo corpo — e si portava le mani al collo, lo stringeva, soffocando un rantolo sordo...

       La campagna era chiara come all'alba; il riflesso della luna tremolava sul mare, e la via non finiva più, quella via fatta tante volte, con la gaiezza in cuore, insieme con la sorellina morta, con la mamma morta... Morta! Morta!... E lei avrebbe potuto vivere più? Tutto era finito per lei. Era stata un'immensa sciagura la perdita della sua mamma, ma nessuno sapeva quello che lei perdeva adesso: la sua compagna, la sua confidente, il suo buon angelo consolatore!.. Non si portava con sè una parte di lei? Che cosa avrebbe fatto più, sola? Le sue labbra si torcevano dall'amarezza, pensando all'avvenire; non c'era avvenire per lei: una successione di giorni bui, con l'imagine della poveretta sempre dinanzi, sempre nel cuore...

      Adesso entravano nella città addormentata, silenziosa; le mura del castello, enormi, tagliate dalla luna, correvano, sparivano; ed a casa la desolazione cresceva, dinanzi al letto vuoto della sparita, dinanzi a tutti i piccoli oggetti che le erano appartenuti, sui quali ella metteva dei baci disperati.

      Che notte! che oppressioni! che risvegli terribili! E che tristezza nel nuovo giorno! Che scoppii di pianto ad ogni notizia, ad ogni viso nuovo!

      — La portano via a mezzogiorno... A San Francesco di Paola...

      — Dei fiori... copritela di fiori bianchi!...

      Erano delle grida convulsive che le uscivano dalle labbra, non erano parole.

      E il suono orribile delle campane, che la faceva balzare in piedi a ogni ripresa, e il cadere pauroso del giorno, e il ritorno del nonno, invecchiato di cent'anni, con la schiena curva, gli occhi aridi, le mani tremanti... Come gli divorava la mano a baci, egli la trasse in disparte, con un'aria di mistero, nella sua camera.

      — Vieni!... zitta, vieni...

       Cavò di tasca il suo gran portafoglio di cuoio, lo aprì e ne trasse una busta. Aprì anche quella, con le mani che gli tremavano spaventosamente, e come trasse la ciocca di capelli morbidi e neri, scoppiò in pianto anche lui.

      — Ah!... ah!... nonno!...

      Erano terribili le lacrime del vecchio, le contrazioni spasmodiche del suo viso rugato. A un tratto, s'alzò, e mostrando un pugno al cielo, gridò:

      — Cristo!...

      Caduta sopra una poltrona, ella aveva perduto i sensi. Le convulsioni la ripresero, restò lunghi giorni a letto. Adesso venivano le visite: erano il nonno ed il babbo che le ricevevano, vestiti a nero, con le voci rauche. Parlavano tutti piano, l'uscio di casa restava aperto, non si udiva suono di campanello, entrava chi voleva; e Stefana, venendo al suo capezzale, le riferiva i nomi delle persone che erano di là. Venne anche Luigi Accardi, coi suoi; ma quel nome non le fece nessun effetto: le pareva che fosse passato tanto tempo! Aveva un gran vuoto nella testa.

      Il babbo partì, poi vennero gli zii di Palermo; nulla rompeva la tristezza di quella casa, niente leniva il dolore di lei.

      Il dottore disse un giorno:

      — Perchè non ve ne andate fuori? Sarà la miglior medicina!...

      E СКАЧАТЬ