Apologia della vita politica di F.-D. Guerrazzi. Francesco Domenico Guerrazzi
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Название: Apologia della vita politica di F.-D. Guerrazzi

Автор: Francesco Domenico Guerrazzi

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066088026

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СКАЧАТЬ Popolo in falso concetto sopra la potenza del nemico, dorme sicuro poterlo vincere agevolmente, mentre avrebbe mestieri di supremi conati per superarlo.»[35] Ah! non era io quegli, che lusingando assicurava il Popolo potersi vincere il nemico co' bastoni e co' sassi..... non io..... non io promisi andargli incontro co' figli; ma quando strinse il bisogno, mandai semplice soldato quell'unico, che mi tiene luogo di figlio!

      Ma l'Accusa, dissimulando la condizione dello Stato, e come se incominciasse sotto il mio Ministero l'agitazione in Toscana, va a raccogliere i fatti successi per gittarmeli in faccia; essa rammenta: 1º Lo assembramento in Livorno nel 29 e 30 ottobre 1848 per bruciare la Patria, e l'uscita delle milizie a dimesticarsi col Popolo. 2º La occupazione violenta delle Fortezze di Portoferraio. 3º Le minacce contro i proprietarii della sega a vapore a Livorno. 4º Le violenze alla tenuta di Limone dei fratelli Bartolomei. 5º La esultanza in Livorno per lo assassinio del Conte Rossi, assistente il Governatore. 6º La opposizione al richiamo in Firenze del Capitano Roberti. 7º Le violenze elettorali, quantunque l'Autorità avesse avuto il tempo e i mezzi per prevenirle. 8º Le violenze contro il giornale La Vespa, onde ridurlo a tacersi, comecchè avesse avuto coraggio di farsi opponente al Ministero. 9º I disordini in piazza, e al Palazzo dell'Arcivescovo, per cui il venerando Prelato ebbe a cercare sicurezza fuori di Firenze. 10º L'esorbitanze della stampa ec. E fatta questa raccolta conclude, che il Ministero restringeva i provvedimenti ad apparenze di preparativi, a frasi di disapprovazione, al rinvio degli avvenimenti più scandalosi all'ordinarie vie di giustizia![36]

      Davvero, per poco non mi cade l'animo sconfortato, però che i fatti che in parte io stesso allegava in testimonio di riordinato reggimento, mi si ritorcono contro, o come eccitati da me, o come da me reo di peccato originale non potuti reprimere. Esaminiamo in qual modo io adoperassi contro i fatti dall'Accusa allegati, avuto sempre riguardo alle condizioni del paese e dei tempi. — Pervenuta al Ministero la notizia dell'arsione in Livorno del Nº 120 della Patria, e del come non volesse il Popolo consentire alla consegna di cotesto Giornale, ecco quello che feci stampare nel N. 270 della Gazzetta di Firenze: «Il Governo, fermo nel suo intendimento di mantenere il suo Programma, comunicò al Direttore della Posta di Livorno, per mezzo del Ministro dello Interno, le istruzioni che noi riproduciamo. — Illº. Sig. Il sottoscritto Ministro dello Interno, in unione dei suoi Colleghi, intende e vuole che sia pubblicato secondo l'ordinario il Giornale detto La Patria. Libertà di parole a tutti. Questo principio professerebbe sempre lo attuale Ministero in altrui; molto più lo deve, trattandosi di sè. Dove i miei concittadini nel proponimento loro persistessero, gli avverta che scapiterebbero assai nell'onorato concetto che il mondo si è formato di loro, e che a tutti noi apporterebbero grandissimo cordoglio. Il proverbio antico diceva, che nè anche Giove piace a tutti; come possiamo pretendere piacere a tutti noi, che per certo Giove non siamo

      Ancora nel giorno 29 ottobre 1848, a ore 9, mi mandavano il seguente Dispaccio telegrafico: «Questa sera a ore 11 fu bruciato lo infame e tristo Giornale La Patria. Il medesimo urtava il nuovo Ministero, e quindi la intera popolazione livornese. Fu condannato ad essere bruciato in mezzo di Piazza; poscia il Popolo ha proibito al Direttore della Posta, pena la morte, di farlo introdurre in questa valorosa città di Livorno. A scanso d'inconvenienze rimetto a lei giudicare chi ha torto o ragione.» Ed io subito, dopo men di due ore, rispondeva per la medesima via al Consigliere Isolani: «Male, male. La Patria è ostile a noi. Motivo di più per rispettarla. Se la pubblica opinione ci sostiene, perchè mai violenze? Scriva la Patria; quanto più scrive, più mostra la bassa invidia a cui manca perfino la decenza. Questo dispaccio si parte dal Guerrazzi, e non dal ministro Guerrazzi.»

      Così io raccomandava un Giornale piuttosto mio persecutore che avverso; Giornale, che non aveva aborrito di rovesciare sopra di me la calunnia, quando oppresso e imprigionato non poteva rispondere, ed ogni sua parola pesava nella bilancia della Giustizia a mio danno; Giornale, che più di ogni altro si affaticò a spargere le triste voci, che adesso raccoglie diligentemente l'Accusa per tessermene una corona di spine; — Giornale, che dettato, per non dire altro, da chi una volta fu amico, doveva per pudore tacere; però che, secondo la greca sentenza, l'amicizia cessata sia un Tempio di cui, remosso il Dio, voglionsi venerare le pareti mai sempre in memoria della Divinità. E la raccomandazione bastava, sicchè il Giornale poteva essere distribuito liberamente di poi. Peccati veniali erano quelli pei tempi che correvano, nè avrei potuto finalmente volere, che agl'incendiatori di un foglio fosse applicata la pena del taglione! Siccome non fui vile, perseguitato; non conobbi vendetta, potente. — A sedare i tumulti di Portoferraio, di concerto di S. A. e del Ministro D'Ayala, presi le determinazioni opportune illico et immediate; nelle stanze stesse del Granduca, lui presente, dettai la commissione; mandammo pel Sig. Giorgio Manganaro, e senza perdita di tempo, lo spedimmo subito subito alla Isola dell'Elba.[37] Andò, sedò, arrestò i supposti autori, e li tradusse davanti ai Tribunali ordinarii. I Tribunali assolverono.[38] È mia la colpa, dite, se i Tribunali allora erano facili a scusare, come adesso lo sono a punire? È mia la colpa, se gli uomini, diventati barometri, ad ogni lieve impressione di caldo e di freddo abbassano od alzano il loro mercurio? È mia colpa se, istrioni sopra la scena del mondo, talora essi sostengono la parte di Tito, tal altra quella di Dracone? Volete sapere come scriveva all'ottimo Giorgio Manganaro a schiarimento di certi suoi quesiti? «Signore Giorgio Manganaro. Firenze 21 novembre 1848. Io odio le vie eccezionali: sono da deboli. Il Granduca ha fatta l'amnistia: vedasi se G...... vi sia compreso; ciò spetta ai Tribunali. Dove non sia compreso, procedasi con rigore apertamente, e giustamente. In ogni caso, da qui innanzi chi rompe paga senza paura. Addio.» Io dunque al mio dovere adempiva; perchè non lo adempirono tutti?

      Il tripudio per la morte del Rossi non fu opera del Governatore; pure lo appuntai di essersi presentato al Popolo; barbara cosa lo reputammo, ed era; fin da quel momento desiderai occasione di rimuovere il Pigli da Livorno, e quando capitò senza timore di resistenze tumultuarie, lo rimossi. Ma in questo modo parlando di Carlo Pigli, io non posso astenermi, nè devo, da aggiungere che non cuore malvagio, il quale anzi io gli conobbi compassionevole e buono, ma difetto di sufficiente costanza a resistere alle improntitudini altrui lo indusse a dire parole di cui egli ebbe a pentirsi amaramente poi.[39]

       Io so come un visconte D'Arlincourt abbia scritto, che il conte Mamiani, il principe di Canino, Sterbini ed io deliberammo a Livorno la strage del Rossi. Pare che questa prima deliberazione non bastasse, perchè, secondo lo egregio Visconte, lo atroce omicidio fu messo di nuovo a partito a Firenze in Via Santa Apollina (com'egli dice), e fu tratto a sorte chi dovesse fare il colpo fra Montanelli, Sterbini, Galletti e Canino; e la sorte ad arte si operò che cadesse su l'ultimo di loro. Ma nè anche queste deliberazioni bastarono; perchè il negozio succedesse col mistero necessario alle opere di sangue, decisione uguale fu presa a Genova nell'Albergo Feder, e a Torino nel Circolo Gioberti (Italia rossa, pag. 82). — Tali e siffatti gesti per me si operarono, finchè, secondo che ci ammaestra il pro' Visconte, il Popolo tornava a sventolare l'antica bandiera toscana turchina e rossa invece della tricolore (Ivi, pag. 87). Io deploro col profondo del cuore, che altri siasi reputato offeso da cotesto sciaurato; e troppo più deploro, che per le costui ribalderie nobile sangue italiano sia stato in procinto di versarsi. Lasciate andare; cotesto è fango, e del peggiore, che schizza mentre passa a rompicollo la treggia della reazione. — Oh! antica nobiltà di Francia quanto basso caduta.....

      Se le violenze elettorali non furono potute prevenire, furono però represse in Firenze dalla mia stessa presenza, recandomi di persona ad ogni Collegio Elettorale in compagnia del Sig. Baldini maggiore della Guardia Civica, nè mi ritrassi, finchè non rimasi sicuro che ogni cosa andasse in ordine.[40] Passando da Pisa, per una parola che profferii, venni sottoposto a processo! — E la parola fu questa. Antonio Dell'Hoste, uomo egregio, aspettatomi alla Stazione della Strada Ferrata, mi diceva: «Grande essere in Pisa il perturbamento per l'elezioni; dolergli nel profondo che avessero tolto il nome suo a pretesto di sommossa; avere dichiarato invano non potere accettare ufficio di Deputato; provvedessi, perchè forte temeva che in cotesto giorno avrebbero rotto o urne, o teste.» Io gli rispondeva, mancare di autorità per provvedere; ciò spettare ai Magistrati locali, che avrebbero СКАЧАТЬ