Pasquale Paoli; ossia, la rotta di Ponte Nuovo. Francesco Domenico Guerrazzi
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Название: Pasquale Paoli; ossia, la rotta di Ponte Nuovo

Автор: Francesco Domenico Guerrazzi

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066069834

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СКАЧАТЬ i fogli con la ferocia con la quale il Côrso si butta a corpo perduto sopra l'odiato nemico.

       Il signor Giacomo, pazientissimo uomo se altri mai ne visse al mondo, e se ne vantava, attendeva in piedi che il signor Santi si fosse accorto di lui; intanto, dondolando la scatola fra le dita, squadrava l'uomo e ne avvertiva i cenni; all'ultimo, ciò che aveva presagito accadde: al vecchio Côrso venne fatto notarlo, ond'ei si rimescolava e con voce scorrucciata proruppe:

      — Come voi qui? che volete? qual siete? come vi chiamiate? andate via... e subito. — E con la punta del temperino gli mostrava la porta.

      Ed il Boswell, senza moversi nè anco per ombra, pacato, di rimando:

      — Caro signore, salva la grazia vostra, io non veggo nelle vostre parole quella sana logica che ogni gentiluomo deve recarsi a pregio di professare: quietatevi, e con la quiete verremo a capo di tutto.

      — Ma qual siete? vi dico, qual siete?

      — Voi lo vedete: molto vi preme di sapere chi sia; ora ditemi, che Dio vi benedica, come giungereste a saperlo se cominciassi ad andarmene? Dunque principierò dal restarmi e dal mettermi a sedere.

      Il signor Giacomo nel compire questo moto si accorse essersi ingannato e di molto nel supporsi solo in compagnia del signor Santi, però ch'ei si vedesse il cane dietro a un pelo dai garretti con la batteria dei denti scoperta, e dopo il cane l'uomo castagno con la destra dentro una tasca di giubbone, dove era più che probabile che non ci avesse il rosario, o almeno non ce lo avesse solo. Però a liberarlo da coteste due minaccie bastò un cenno della punta del temperino del signor Santi (pare che al signor Santi il temperino fosse come il bastone ai marescialli), e le due creature, l'uomo dico e il cane, nel modo che senza rumore erano entrate, senza rumore se ne andarono.

      — Molto bene! — disse il signor Boswell quando le vide fuori dell'uscio. Poi rivolto al Côrso, soggiunse:

      — Ora sappiate che mi chiamo Giacomo Boswell e vengo d'Inghilterra e voglio andare in Corsica.

      — Andateci. E come c'entro io co' vostri viaggi? In Corsica! Oh! che ci andate a fare?

      — Dirò: molte cose ho sentito contare di voi altri Côrsi.

      — Sì, eh?

      — Sì, e ne ho anche lette e non poche.

       — E che avete sentito dire dei Côrsi? che cosa ne avete letto? Poveri, ma onorati, per la Immacolata! e sopra tutto liberi.

      — Io ho inteso dire ed ho letto, la Corsica essere una macchia di uomini salvatichi, dentro la quale l'uno cerca l'altro per ammazzarsi.

      — Lo avete inteso?

      — Già: ancora, che siete barbari così che, paragonandovi con gli orsi, ingiurieremmo questi animali dabbene.

      — Lo avete inteso?

      — Ed in fede della incomportabile barbarie vostra adducevano che i vostri montanari non portano parrucca e non si danno la cipria.

      — Ed anche questo avete inteso voi?

      — Questo non intesi, bensì lessi nel libro di monsieur Jaussin sopra la Corsica.

      Il signor Santi fece spallucce e senza ira soggiunse:

      — I Francesi fanno numero, ma non fanno gente; la lode di costoro mi avrebbe oltraggiato, ma l'oltraggio non mi affligge.

      — Però ne ho sentito contare delle peggio da altri che pure non sono francesi.

      — Peggio?

      — Peggio: perchè vi predicavano bugiardi, infingardi, cupidi dello altrui, avari del proprio, vendicativi, ingannatori e traditori....

      — Traditori? Per Dio santo! anco traditori?

      — Anche traditori; insomma tali, che i Romani, i quali di uomini se ne intendevano, non giudicandovi buoni nè anco per ischiavi, vi buttavano via come cani tignosi.

      — Qual è lo sconsagrato che ha detto questo, perch'io gli passi il cuore? — urlò il vecchio levandosi a mezzo sul seggiolone e scompigliando i guanciali, di cui due cascarono in terra. Il signor Giacomo li raccolse, e, intanto che a bello agio li riassettava, proseguiva con la solita flemma:

      — E che bisognava condursi proprio in Corsica per toccare con mano che chi disse sette i peccati mortali, disse uno sproposito, perchè il diavolo in Corsica ne aveva annoverato fino a settantamila e non si era anco rimasto dal contare.

      — E voi ci avete creduto?

      — Io? vado a vedere.

      — Ma io vi domando se voi ci credete?

       — No, non ci credo: anzi credo il contrario, perchè ho fatto a dire: la libertà non è fungo che nasce dal fracido; ella deriva come sequela da premessa di virtù e completa il sillogismo della dignità umana. I Romani vi odiarono e vi portarono per bocca perchè nello stritolarvi si scorticarono le mani; i corpi vostri essi vinsero, non le anime, le quali, durando a loro marcia voglia, inconcusse nello aborrimento di qualunque tirannide, eglino screditarono per selvatiche. La gente odierna corrompere ed essere corrotta appella civiltà; prosuntuosa quanto vile, non le basta chiamare la pazienza imbelle accortezza, la paura sagacia, temperanza l'astio misero di ambiziosa impotenza, bensì provocando scredita ogni generoso irrompere alle armi, come febbre di mente feroce o partito da matto, il quale metta il fuoco a san Pietro di Roma per cuocersi una coppia d'uova;

      — È vangelo! — esclamò il Côrso; e prese un mazzolino di mughetti che gli stava accanto sul banco e, sollevati gli occhi alla immagine della Immacolata, riprese:

      — Era per lei, ma adesso lo profferisco a voi, e la nostra Avvocata non se ne arrecherà di certo.

      — Per lei fu côlto e a lei sta bene, — rispose il Boswell alzandosi e facendo quello che forse aveva dimenticato il signor Giacomini, cioè porre il mazzetto dentro un bicchiere davanti la immagine. Nel riassettarsi però vide il Côrso il quale, rannuvolato da capo, sfondava col temperino i fogli che teneva sul banco. Successe un silenzio lungo, per ultimo interrotto da un sospiro del Giacomini, cui tenne dietro la dolorosa esclamazione od interrogazione:

      — Ma ahimè! voi siete inglese...

      — Sì certo, la Dio grazia: avreste per avventura in uggia gli Inglesi, signor Giacomini?

      — Eh? gl'Inglesi no, l'Inghilterra sì. A me gl'Inglesi paiono tante partite di un conto corrente, scritte dagli angioli, l'Inghilterra poi la somma tirata dal diavolo in persona.

      — Oh!

      — Io non posso pensare alla Inghilterra senza che mi si affacci alla mente il mio Monterotondo: più che si salisce, più è freddo; in cima ghiaccio perpetuo. Gli uomini vostri, finchè privati, sentono e palpitano; fatti ministri, eccoli bilancia e iarda: allora il popolo più meritorio per essi è quello che logora maggior copia di balle di bambagino, l'ottimo dei governi quello che franca dai dazi le manifatture inglesi e grava le altrui.

       — Egli è un dannato governo.

      — Vedete? ne andate d'accordo ancor voi. Il primo dovere di un popolo libero non istà nel sovvenire gli altri popoli a liberarsi dalla schiavitù?

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