Pasquale Paoli; ossia, la rotta di Ponte Nuovo. Francesco Domenico Guerrazzi
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Название: Pasquale Paoli; ossia, la rotta di Ponte Nuovo

Автор: Francesco Domenico Guerrazzi

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066069834

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СКАЧАТЬ curiali; sicchè mettessero i prigionieri in libertà e presto: allora i Genovesi non potendo calmare la paura, vollero compiacere alla vanità, ed introdotti i generali Ciaccaldi e Giafferi, il pievano Simone Aitelli e il prete Simone Raffaelli nella sala del gran consiglio alla presenza di una moltitudine di gente, ebbero a protestarsi pentiti dell'operato e ringraziare la Repubblica della restituita libertà.

      Questi furono i benefizii degli Austriaci alla Corsica: Genova ci spese meglio di 8 milioni di scudi; dei regali ai Wurtemberg si fece un gran dire a quei tempi; appena la nave che lo condusse a Genova sorse nel porto, lo salutarono con le artiglierie; posto piede a terra, cannonate da capo; fu ricevuto da due deputati del consiglio grande, che lo menarono con le carrozze del governo nel convento dei Carmelitani, dove gli avevano fatto apparecchiare l'alloggio; lo invitò il Doge alla grande; e di ritorno a casa fu presentato con casse di cioccolate e di varia ragione liquori; ancora di una canna d'India diamantata e di una spada altresì, intorno alla impugnatura della quale si leggevano incise le parole: — Mi acquistasti con gloria, conservami con onore. — Per ultimo venivano quadri rappresentanti le sue imprese di guerra e di pace operate in Corsica, e si crede di certo che il pittore, cui furono commessi, ebbe a sudare meno di quello che dipinse le geste di Alessandro Magno. La fama raccontò che il valsente dei regali sommasse a meglio di 80 mila genovine; ma forse fu iattanza dei Genovesi, i quali, quanto sottili nel dare, altrettanto sono larghi a magnificare; ad ogni modo spesero molto, e non levarono un ragnatelo da un buco, anzi opinarono parecchi che avessero peggiorato le loro faccende, e fu appunto in proposito di questa guerra, che il marchese di Argens inventò l'apologo dell'ortolano e del cacciatore, il quale, come giocondo molto, vi voglio raccontare. Certo ortolano non poteva venire a capo di salvare i suoi cavoli, chè una maladetta lepre quanti ne nascevano, tanti gliene mangiava, ond'ebbe ricorso a certo cacciatore suo vicino, raccomandandosi che andasse a cacciargliela: questi glielo promette, ed un bel giorno arriva co' cani, che sguinzagliati sopra la lepre, la perseguitano di su e di giù facendo maggior danno in un'ora, che la lepre in un anno; al fine la lepre scappa; il cacciatore chiede la mancia, e consiglia l'ortolano a turare le buca della siepe donde la lepre potrebbe rientrare nel verziere. — I Genovesi, costretti ad osservare, almeno in apparenza, i termini dello editto imperiale, mettono su con poche lire una mano di furfantoni a chiedere grullerie, le quali subito concedendo, intendevano potere affermare di avere largito quanto i Côrsi avevano saputo chiedere, anzi qualche cosa di più; ma sventarono il tranello Giacinto Paoli, Simone Fabiani, G. Giacomo Ambrosi e Angiolo Luciana e Antonio Marengo, i quali prima chiarirono come quei ribaldi non avessero ricevuto veruna commissione dal popolo, e poi che coteste l'erano cianciafruscole, e ci voleva di altra maniera riforme per riparare i vecchi abusi; così bisognò alla fine promulgare un regolamento, dentro il quale non si sguazzava, ma si lasciava vivere; l'imperatore l'approvò e ne guarentì l'adempimento; i Genovesi lo sottoscrissero e deliberarono non osservarlo. Dio sta in alto e il re abita lontano, dicevano i vicerè di Napoli; i Genovesi non lo dicevano, ma lo pensavano, ed operavano giusto secondo tale opinione. — Siccome lo espediente più corto e ad un punto più sicuro di ottenere il silenzio sta nello ammazzare chi parla, così Simone da Campoloro, Giovanfrancesco Lusinchi assassinano, l'Alessandrini imprigionano, citano a comparire in Bastia Giangiacomo Ambrosi, Giacinto Paoli ed altri parecchi; domandando essi salvocondotto, si mandano 450 soldati in Rostino sotto il comando del capitano Galliardi ad arrestarli; i Côrsi gli assaltano e rompono. Felice Pinelli, surrogato a Girolamo Pallavicino, bandisce perdonerebbe la ribellione a patto gli consegnino i capi.

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