Pasquale Paoli; ossia, la rotta di Ponte Nuovo. Francesco Domenico Guerrazzi
Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Pasquale Paoli; ossia, la rotta di Ponte Nuovo - Francesco Domenico Guerrazzi страница 4

Название: Pasquale Paoli; ossia, la rotta di Ponte Nuovo

Автор: Francesco Domenico Guerrazzi

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066069834

isbn:

СКАЧАТЬ inanellata a mazzocchio attorno alle gambe, prima se l'accostò alla bocca e la baciò, poi se la stropicciò a più riprese pel capo disopra l'orecchia, e lungo il muso, quasi intendesse augurare il ben venuto al signor Boswell, secondo il costume degli orientali. Il signor Giacomo, senza rendergli nè anco il saluto, ed in questo non fu cortese, si girò intorno per vedere se incontrasse cosa che lo mettesse su la buona strada: ed ecco pararglisi davanti un cane ed un uomo, se uomo in buona coscienza poteva dirsi costui: berretto, giubba e ogni altra veste color marrone, pelosi quanto pelle di capra, e di vero tutte erano fatte di panno côrso, il quale le donne tramano co' ferri a mano come la maglia delle calze. Costui, che côrso era, aveva i piedi nascosti nella paglia, sopra la quale giaceva supino con le mani sotto il capo a mo' di capezzale ed il berretto tirato su gli occhi; i suoi capelli copiosi si mescolavano con la barba, ed entrambi apparivano coltivati quanto le boscaglie del suo nativo Niolo, e per di più nella tinta, pari al berretto e alle altre vesti; immobile affatto, se non che nella guisa che il fumo del cammino ti assicura che nella capanna perduta in mezzo allo scopeto ci vive l'uomo, i buffi fetidi dell'erba côrsa, che scoppiettando dentro la pipa ardeva, lo manifestavano vivo. Sopra la stessa paglia un cane di pelo corto, bianco brizzolato di rossigno, la coda a ricciolo su la groppa, il muso tra la volpe e il lupo, stava eretto su le zampe, appuntando le brevi orecchie e mostrando due file di denti acuti come lesine. Non brontolavano l'uomo nè il cane, ma pareva tenessero apparecchiate le armi alla zuffa, e con quattro occhi, pari a quattro punte di freccia su la noce della balestra, non lasciavano di seguitare il sopraggiunto in ogni suo moto.

      Però il signor Giacomo cotesti allestimenti non badava o temeva, bensì esitava pensando se, per ottenere risposta profittevole, tornasse meglio voltarsi al cane od all'uomo; ma perchè aveva fretta, e la indagine sarebbe andata per le lunghe, s'indirizzò ad ambedue per via di domanda generale:

      — Il signor Giacomini di Centuri?

      Veramente rispose l'uomo, ma non si potrebbe negare che rispondesse anche il cane; imperciocchè se il primo levò la barba in su e adoperando la pipa come l'ago della bussola indicò una porta, il secondo abbassò il labbro superiore e nascose i denti come la fregata, calati gli sportelli, fa scomparire i cannoni, volgendo a sua posta il muso colà dove il compagno aveva appuntato la pipa. Il signor Boswell, in mancanza di meglio, si tenne per informato e andò oltre.

      Stretta era la porta, e delle imposte una chiusa, l'altra semiaperta con una finestrina sopra munita d'inferiata: nè a questa finestra mancavano i suoi telai ed i vetri; se non che, quasi andasse ella stessa capace che in quel luogo non poteva compire veruno degli ufficii pei quali vengono aperte le finestre, e come vergognosa di reggere il sacco all'architetto ignorante, si era da molto tempo velata la faccia con un sudario di ragnateli; meritandosi, in difetto di altro migliore, il nome di sincera.

      Il signor Giacomo, guardata prima la finestra, che non mandava lume, aperse l'uscio, fece un passo e stette. Curioso uomo costui: caso mai gli fosse toccato di morire di freddo, egli era strumento da tornarsi indietro dal campo santo per ispecolare sul termometro con quanti gradi sotto il zero e' lo avesse ucciso.

      Egli guardando vide un magazzino a volta grandissima, sorretto da parecchi pilastri; a manca intorno alla parete molte tavole assicurate sopra mensole fitte nel muro: e su le tavole, ciotole piene di saggi di grano alternati da mucchi di pietre focili e sacchetti di pelle; anzi in qualche corbello (insegnamento supremo a popolo che non vuole soggiacere a tirannide, rivendicarsi in libertà) mescolati palle e grano; in terra alla rinfusa corami, scarpe, sciabole, cappotti, di ogni ragione ferramenta, piombo in pani e perfino due colubrine turche, coperte in parte con la bandiera côrsa, rappresentante la immacolata Concezione.

      Il signor Giacomo, pazientissimo uomo, attendeva in piedi, che il signor Santi si fosse accorto di lui. (pag. 21)

      Di profilo, prossimo alla sola finestra che traverso vetri verdissimi mandava un cotal poco di luce colore di cavolo cappuccio, compariva il banco tinto di cenerino col piano inclinato, coperto di cuoio nero confitto con bullette dalla capocchia di ottone; dal lato destro sur un ripiano di legno si apriva la bocca del calamaro, quasi orefizio di vulcano; il qual paragone tanto meglio calzava se ponevi mente agli schizzi che, simili alla lava, infiniti e per così dire procellosi prorompevano da tutti i lati. Anche le penne con la chioma a strappi, dalle morsicature lacere, assai davano aria alle povere piante che si ostinano ad abbrustolire intorno cotesti fornelli della terra, vere anime dannate della vegetazione. Sopra lo scrittoio, fitti al muro uno su l'altro, tre quadri condotti a olio da artista più che mediocre, e splendidi per cornice indorata: quello di mezzo rappresentava la Concezione di Maria, al patrocinio della quale si commisero i Côrsi, quando, partito dall'isola il principe di Würtemberg, si dettero al re di Spagna che non li volle accettare. Nel medesimo modo e con pari fortuna i Fiorentini elessero Gesù Cristo re della repubblica; donde si ricava che gli uomini opereranno sempre direttamente a confidare negli aiuti celesti, a patti che non trascurino i terreni. Sopra la Concezione l'arme côrsa, che faceva testa di moro, e allora con la fascia intorno al capo: circa alla quale fascia è da sapersi che ab antiquo i Côrsi la finsero calata su gli occhi del moro per la medesima ragione che persuase il Buonarroti ad effigiare la Notte addormentata sul sepolcro di Giuliano dei Medici; cessata la sventura e con questa il danno della servitù, i Côrsi rimossero la benda dagli occhi del moro e gliela cinsero al capo in segno di dignità. Quando poi i Francesi con forze prepotenti e con frode oppressero la nobile isola correndo l'anno 1770, ardirono levare via del tutto la benda e se ne vantarono con un verso latino che sonava così: altri finse sollevarla, noi l'abbiamo tolta davvero. Ahimè! vi è tale ch'è nato per imbiancare i sepolcri come i Savoiardi per pulire i camini. Disotto la immagine del generale Paoli e davanti a quella pendente dal palco il signor Boswell vide accesa una lampada. Difficile cosa per altrui ed anco pel signor Giacomini sarebbe stato distinguere a quale dei tre quadri egli più particolarmente accendesse la lampada; imperciocchè se ne fosse formato nel suo cuore un insieme indivisibile, di cui il tutto non potesse andare senza la parte, nè la parte senza il tutto. Degno uomo! Non basta avere la patria sventurata soltanto, ma bisogna anco averla magnanima per amarla, siccome il signor Giacomini l'amava.

      Santi Giacomini, côrso di Centuri, stava seduto sopra un seggiolone di cuoio nero; comecchè fossimo entrati in aprile, egli teneva la persona inviluppata dentro una coperta di lana, e dietro le spalle ed ai lati parecchi guanciali da letto lo sorreggevano: tossiva continuo, ora languido, ora da rompergli il petto: con angoscia spurgava; poteva del suo sembiante conoscersi poco, perchè un berretto a maglia di seta nera, il cappello ed una ventola di taffettà verde gli coprivano col capo buona parte del viso, e, come se tanto non bastasse, difendeva la vista con occhiali verdi; la parte inferiore della faccia quasi tuffata dentro il fascettone da collo.

      Quanti fossero i suoi anni non appariva giusto; ma, pochi o assai, si leggeva chiaro che la morte stava in procinto di tirarne la somma. La pelle sul naso aveva tesa così, che gli spigoli della costola mostravano gli angoli taglienti; le narici attenuate e cosparse di quella tale forfora che sembra mazzamurro di ossa tritate; la pelle colore di cera vieta e madida di sudore; sul sommo delle guancie una striscia vermiglia quasi raggio estremo del sole che, posato sopra le alture, chiami le campane al lamento dell'avemaria. Come mai in cotesto stato potesse vivere, non si capiva: l'amore di patria lo teneva attaccato alla vita, ed era appunto miracolo, e non il solo, dello amore di patria: questo, e non altro, con tale una tenacità da sbalordire il fisiologo, contrastava in lui la morte, e da un anno a questa parte egli le respingeva in gola ogni giorno il fiato che costei già soffiava per ispegnerlo: così la foglia a mezza verno dura, mutata di colore, a tremare al vento, in virtù di una delle mille fibre che un dì la tennero appesa sull'arbore, nè ella vuole morire se prima non abbia veduto spuntare sul ramo la gioconda sua erede.

      Questo miracolo di ostinato volere teneva nella destra un fascio di carte e nella manca un temperino. Nello scorrere i fogli talora abbandonava il capo sopra la spalla così spasimato, che se la morte fosse giunta in quel momento, sarebbe ita oltre senza toccarlo dicendo: «Questo è lavoro fatto;» СКАЧАТЬ