Название: La caccia di Zero
Автор: Джек Марс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Жанр: Шпионские детективы
isbn: 9781094312750
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I ragazzini nel campo da baseball avevano abbandonato la loro partita e si erano affollati dietro gli spalti di pietra per sbirciare meravigliati la scena che stava avvenendo a pochi metri da loro. Reid notò con la coda dell’occhio che uno aveva tirato fuori il cellulare, e probabilmente stava segnalando l’incidente.
Almeno non mi stanno riprendendo, pensò cupo, senza allontanare la canna della pistola dai due agenti. Andiamo, Mitch…
Poi… l’agente più giovane lanciò uno strano sguardo al suo partner. Si fissarono a vicenda per poi alzare gli occhi al cielo, quando un nuovo suono si unì alle sirene ancora lontane. Era un ronzio acuto, come una specie di motore.
Che cos’è? Di certo non è un’auto. Non è abbastanza rumoroso da essere un elicottero o un aereo…
Anche lui alzò gli occhi, ma non riusciva a capire da che direzione provenisse quel suono. Non rimase a lungo nel dubbio. Dalla sua sinistra stava arrivando un oggetto piuttosto piccolo, che attraversava l’aria come un’ape. Aveva una forma indistinguibile; sembrava bianco ma era difficile guardarlo direttamente.
La parte inferiore è verniciata con un rivestimento riflettente, lo informò la sua mente. Impedisce agli occhi di fissarlo a lungo.
L’oggetto calò dall’alto come se stesse cadendo dal cielo. Non appena ebbe oltrepassato il monte di lancio del campetto da baseball, qualcos’altro si staccò dalla sua forma: un cavo d’acciaio con una stretta barra attaccata in fondo, con un singolo gradino di una scala. Una corda da arrampicata.
“Ecco il mio passaggio,” mormorò. Mentre gli agenti fissavano stupiti l’UFO in volo sopra di loro, Reid lasciò cadere la pistola a terra. Tenne stretta la borsa e quando la barra oscillò verso di lui, si tese e l’afferrò.
Trattenne il fiato e fu subito trascinato in cielo, facendo sei metri in pochi secondi, poi nove e poi dodici. I ragazzi nel campo da baseball gridarono e indicarono l’oggetto volante sopra la sua testa che ritraeva in fretta la corda, guadagnando quota allo stesso tempo.
Abbassò lo sguardo e vide altre due auto della polizia entrare nel parcheggio con uno stridio di freni, i loro autisti uscire dai veicoli e guardare verso l’alto. Era a una trentina di metri da terra quando finalmente entrò nell’abitacolo e piombò a sedere nell’unico sedile che c’era.
Reid scosse la testa sbalordito. Il veicolo che lo aveva salvato era poco di più di una capsula a forma di uovo con quattro braccia parallele a forma di X, su ognuna delle quali c’era un rotore. Sapeva che cosa era: un quadricottero, un drone pilotato da una persona sola, completamente automatizzato e altamente sperimentale.
Un ricordo gli lampeggiò nella mente: Un tetto a Kandahar. Due cecchini ti bloccano nella tua posizione. Non hai idea di dove ti trovi. Se fai una mossa morirai. Poi un suono, un ronzio acuto, poco più di un brusio. Ti ricorda il decespugliatore che hai a casa. Una sagoma oscura il cielo. È difficile guardarla. Quasi non riesci a vederla, ma capisci che sono arrivati i rinforzi…
La CIA aveva fatto esperimenti con macchine di quel tipo per tirar fuori i suoi agenti dalle zone calde. Lui stesso aveva preso parte a uno di quegli esperimenti.
Davanti a sé non c’erano comandi, ma solo uno schermo LED su cui campeggiava la sua velocità di trecento quaranta chilometri orari e il tempo stimato d’arrivo di cinquantaquattro minuti. Accanto era appesa una cuffia. La prese e se l’infilò sulle orecchie.
“Zero.”
“Watson. Gesù. Come hai avuto questa roba?”
“Non è merito mio.”
“Quindi è stato Mitch,” disse Reid, confermando i propri sospetti. “Non è solo una ‘risorsa’, vero?”
“È tutto quello che vuoi che sia, purché ti fidi di lui e accetti il suo aiuto.”
La velocità del quadricottero aumentò sempre di più, raggiungendo quasi i cinquecento chilometri orari. Il tempo stimato d’arrivo calò di diversi minuti.
“E l’agenzia?” volle sapere. “Possono…?”
“Rintracciarlo? No. Troppo piccolo e vola ad altitudini troppo basse. Oltretutto è stato decommissionato. Hanno ritenuto che il motore fosse troppo rumoroso perché potesse essere utile come velivolo clandestino.”
Tirò un breve sospiro di sollievo. Ora aveva un obiettivo, quello Starlight Motel nel New Jersey, e almeno non l’aveva trovato grazie a una provocazione di Rais. Se fossero stati ancora lì, avrebbe potuto mettere fine a quella situazione… o almeno avrebbe potuto provarci. Sapeva che l’unico modo per chiuderla era un confronto con l’assassino, durante il quale avrebbe anche dovuto proteggere le sue ragazze dal fuoco incrociato.
“Voglio che aspetti quarantacinque minuti. Poi manda la soffiata del motel a Strickland e alla polizia locale,” disse a Watson. “Se lui è lì, voglio più rinforzi possibile.”
Quando la CIA e la polizia fossero arrivati, o le sue figlie sarebbero state al sicuro, o Reid Lawson sarebbe morto.
CAPITOLO OTTO
Maya stringeva forte a sé la sorella. La catena delle manette tintinnava tra i loro polsi; Sara aveva le mani alzate al petto e la stava abbracciando a sua volta. Le due ragazze erano sedute insieme sui sedili posteriori dell’auto.
L’assassino era alla guida della macchina e si era avviato lungo Port Jersey. Il porto era molto grande, Maya credeva che proseguisse per diverse centinaia di metri. Ai loro lati si alzavano pile di container. Formavano un percorso stretto. Tra le loro mura metalliche e i finestrini della macchina c’era solo qualche decina di centimetri.
Viaggiavano con i fari spenti ed era pericolosamente buio, ma la cosa non sembrava turbare Rais. Di tanto in tanto, attraverso una fessura tra i container, Maya riusciva a vedere delle luci in lontananza, vicine all’acqua. Sentiva persino il ronzio di macchinari. C’era gente al lavoro, tutt’intorno a loro. E tuttavia non ne era rassicurata. Fino a quel momento Rais aveva dimostrato una grande attitudine alla pianificazione, e dubitava che avrebbe lasciato vedere le sue prigioniere da sguardi indiscreti.
Stava a lei evitare che le mandasse fuori dal paese.
L’orologio al centro del cruscotto dell’auto segnava le quattro del mattino. Era passata meno di un’ora da quando aveva lasciato il biglietto nel serbatoio del gabinetto nel motel. Poco dopo Rais si era alzato all’improvviso e aveva annunciato che era il momento di mettersi in viaggio. Senza spiegare nulla le aveva guidate fuori dalla camera, ma non erano andati verso la station wagon bianca su cui erano arrivati. Invece le aveva condotte a un modello d’auto più vecchio, a qualche metro dalla loro stanza. Con estrema facilità aveva scassinato la porta e le aveva fatte salire sui sedili posteriori. Poi aveva strappato la piastrina sul blocchetto d’accensione e in pochi secondi aveva collegato i cavi per avviare la macchina.
Con il favore delle tenebre erano arrivati al porto, e ora si stavano avvicinando all’estremità settentrionale della terra ferma, dove finiva il cemento e iniziava la Newark Bay. Rais rallentò e parcheggiò la macchina.
Maya sbirciò al di là del parabrezza. Erano di fronte a una СКАЧАТЬ