Название: Il Quartiere Perfetto
Автор: Блейк Пирс
Издательство: Lukeman Literary Management Ltd
Жанр: Зарубежные детективы
isbn: 9781640297050
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Infestava ancora regolarmente i suoi sogni. Peggio, Jessie aveva recentemente appreso che, anche se era stata inserita da bambina nella Protezione Testimoni, con tanto di nuova casa e nuovo nome, lui era ancora là fuori a cercarla.
Jessie si alzò e andò verso la doccia. Non aveva senso tentare di rimettersi a dormire. Sapeva che sarebbe stato inutile.
E poi c’era un’idea che le stava ronzando in testa, un’idea che voleva portare avanti. Forse era ora di smettere di accettare il fatto che quei sogni fossero inevitabili. Forse doveva smettere di avere paura che suo padre la trovasse.
Forse era ora di dargli la caccia.
CAPITOLO DUE
Quando la sua vecchia amica del college e attuale compagna di appartamento Lacy Cartwright venne in sala da pranzo per la colazione, Jessie era già sveglia da circa tre ore. Aveva preparato un pentolino di caffè e ne aveva versata una tazza per Lacy, che la prese con riconoscenza ricambiando con un sorriso solidale.
“Un altro brutto sogno?” le chiese.
Jessie annuì. Nelle sei settimane che aveva ormai passato nell’appartamento di Lacy, cercando di ricostruire la propria vita, l’amica si era abituata alle quasi regolari urla nel cuore della notte e ai risvegli la mattina presto. Era successo di tanto in tanto anche al college, quindi non era del tutto una sorpresa. Ma la frequenza era decisamente aumentata da quando suo marito aveva tentato di ucciderla.
“Ho fatto rumore?” chiese Jessie con tono di scusa.
“Un po’,” confermò Lacy. “Mai hai smesso di gridare dopo un paio di secondi. Mi sono riaddormentata subito.”
“Mi spiace davvero, Lace. Forse dovrei comprarti dei tappi per le orecchie migliori fino a che non me ne andrò, o una macchina da rumore bianco più forte. Ti giuro che non sarà ancora per molto.”
“Non ti preoccupare. Stai gestendo le cose molto meglio di come fare io,” insistette Lacy mentre si raccoglieva i lunghi capelli in una coda di cavallo.
“È carino da parte tua dirlo.”
“Non sto solo cercando di essere gentile, cara. Pensaci. Negli ultimi due mesi tuo marito ha assassinato una donna, ha cercato di incastrarti per l’omicidio e ha tentato di ucciderti quando tu hai scoperto il tutto. Senza parlare dell’aborto.”
Jessie annuì, ma non disse nulla. L’elenco di cose orribili che Lacy aveva appena fatto non includeva suo padre serial killer, perché Lacy non sapeva di lui, quasi nessuno ne era al corrente. Jessie preferiva così, per la propria sicurezza e per la loro. Lacy continuò.
“Se fosse toccato a me, sarei ancora sdraiata in posizione fetale. Il fatto che tu abbia quasi completato la fisioterapia e stia per entrare nel programma di formazione speciale dell’FBI mi fa pensare che tu sia una sorta di cyborg.”
Jessie doveva ammettere che quando le cose venivano presentate a quel modo, la sua funzionalità era decisamente impressionante. La mano andò involontariamente al punto nel lato sinistro dell’addome dove Kyle le aveva conficcato l’attizzatoio. I dottori le avevano detto che era stata fortunata che il colpo avesse mancato ogni organo interno.
Aveva una brutta cicatrice che andava ad aggiungersi agli altri inestetici segni che le erano rimasti dall’infanzia: il taglio in mezzo alle clavicole. Le era stato concesso il permesso di eliminare il bastone da passeggio una settimana fa e il suo fisioterapista aveva fissato solo un’altra seduta riabilitativa, che era oggi. Dopodiché avrebbe dovuto fare gli esercizi richiesti da sola. Per quanto riguardava invece la riabilitazione psicologica ed emotiva richieste dopo aver appreso che suo marito era un assassino sociopatico, era ancora lungi dall’arrivare al via libera.
“Immagino che le cose non vadano poi tanto male,” rispose alla fine con tono poco convincente mentre guardava l’amica che finiva di vestirsi.
Lacy si infilò le sue scarpe tacco dodici che la trasformavano da una donna alta a una vera e propria Amazzone. Con le sue gambe chilometriche e gli zigomi pronunciati, aveva più l’aspetto di una modella da passerella che di una stilista di moda. Aveva i capelli raccolti in un’alta coda dietro alla nuca che le lasciava scoperto il collo. Era meticolosamente agghindata con un completo di sua creazione. Poteva anche lavorare come acquirente per una boutique esclusiva al momento, ma programmava di aprire una propria azienda di moda prima dei trent’anni e di diventare la più rinomata stilista afro-americana lesbica del paese nel giro di breve tempo.
“Non ti capisco, Jessie,” le disse mettendosi addosso il cappotto. “Vieni accettata in un prestigioso programma dell’FBI a Quantico per la formazione di promettenti profiler criminali, e sembri essere indifferente all’idea. Pensavo che avresti fatto salti di gioia davanti alla possibilità di cambiare aria per un po’. E poi è solo per dieci settimane. Non è che devi per forza trasferirti lì.”
“Hai ragione,” le concesse Jessie mentre mandava giù la sua terza tazza di caffè. “È solo che ci sono così tante cose in ballo al momento, e non sono sicura che sia il momento giusto. Il divorzio da Kyle non è ancora definitivo. Devo ancora concludere la vendita della casa a Westport Beach. Non sono al cento per cento fisicamente. E mi sveglio gridando il più delle notti. Non so se sono pronta per il rigore del programma di formazione dell’analisi comportamentale dell’FBI in questo momento.”
“Beh, farai meglio a decidere in fretta,” disse Lacy portandosi alla porta. Non devi rispondergli per la fine della settimana?”
“Sì.”
“Beh, fammi sapere cosa decidi. E puoi aprire la finestra della tua camera quando esci? Senza offesa, ma sa un po’ da palestra là dentro.”
Prima che Jessie potesse rispondere, era già uscita. Ad ogni modo non era certa di cosa avrebbe potuto risponderle: Lacy era una grande amica sulla quale si poteva sempre fare affidamento, ad essere onesti, ma il tatto non era il suo forte.
Jessie si alzò e andò in camera sua a cambiarsi. Colse uno scorcio di se stessa nel grande specchio che si trovava dietro alla porta, e non si riconobbe subito. In superficie era sempre la stessa, con i capelli castani che le arrivavano alle spalle, gli occhi verdi, la sua struttura slanciata che superava il metro e settanta.
Ma gli occhi erano contornati di rosso per la stanchezza, e i capelli apparivano crespi e unti, tanto che decise di farsi una coda e mettere un berretto in testa. E poi si sentiva costantemente ingobbita, come risultato dell’onnipresente preoccupazione che potesse arrivarle qualche fitta di dolore dall’addome.
Tornerò mai ad essere quella che ero? Esiste ancora quella donna?
Cacciò via il pensiero, costringendo l’autocommiserazione a fare un passo indietro, almeno per un po’. Era troppo occupata per darle soddisfazione adesso.
Era ora di prepararsi alla sua seduta di fisioterapia, l’incontro con l’agenzia per l’appartamento, l’appuntamento con la psichiatra e poi con la sua ginecologa. Sarebbe stata un’intera giornata in cui fingere di essere un essere umano completamente funzionale.
*
Il mediatore immobiliare, una sorta di minuta sacerdotessa islamica in pantaloni che si chiamava Bridget, le stava mostrando il Terzo appartamento della mattina quando Jessie iniziò a sentire l’urgenza di lanciarsi dal balcone.
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