L'Ombra Del Campanile. Stefano Vignaroli
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Название: L'Ombra Del Campanile

Автор: Stefano Vignaroli

Издательство: Tektime S.r.l.s.

Жанр: Историческая литература

Серия:

isbn: 9788873044765

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СКАЧАТЬ sua destra, verso i sotterranei della Cattedrale e, in breve, si ritrovò in una piccola cappella squadrata. Quattro statue di marmo bianco, prive della testa, a mo’ di colonne, sorreggevano la volta a crociera della cappella. Con tutta probabilità erano statue che un tempo avevano abbellito le Terme romane. Private delle teste, che giacevano accatastate in un nascosto angolo buio, erano state utilizzate da chi aveva a suo tempo progettato la cattedrale, come colonne. Al centro della cappella, sotto la volta sorretta da arcate gotiche, un piccolo altare in pietra faceva come da cornice a una teca contenente le reliquie del primo Vescovo di Jesi, Settimio. Il Santo, come molti dei cristiani dell’epoca, era stato martirizzato per volere delle autorità romane. Il preside romano che governava la città di Jesi ne aveva ordinato la decapitazione, dopo che Settimio aveva convertito al cristianesimo gran parte della popolazione, compresa la figlia dello stesso governatore. Settimio era stato considerato un pericoloso nemico dell’Impero di Roma e giustiziato. Le ossa erano state trafugate dai primi Cristiani per salvarle dalla profanazione dei pagani, e nascoste così bene che per secoli e secoli nessuno seppe più dove fossero. Il Santo fu decapitato nel 304 e le sue spoglie mortali furono rinvenute solo dopo 1.165 anni addirittura in Germania. Pertanto erano state riportate in quel luogo di culto solo una cinquantina di anni prima.

      Che strana l’umanità!, si disse Lucia. Lo stesso trattamento che i romani riservavano ai primi cristiani, che venivano perseguitati, adesso la Chiesa Cattolica sembra riservarlo a chi non la pensa come lei: chi si discosta dalla dottrina ufficiale viene tacciato di eresia e può finire ucciso nella pubblica piazza. Streghe, eretici, ebrei… vengono processati e messi al rogo, solo perché hanno magari il coraggio di manifestare le proprie idee e il proprio sapere. Mah, adesso la Chiesa se la prende con gli eretici, un domani, nel futuro, qualche altra fazione prenderà il sopravvento e magari saranno di nuovo i cristiani a essere perseguitati. Perché a questo mondo non ci deve essere giustizia? Qual è questo Dio che permette che nel mondo, ma soprattutto nel cuore dell’uomo, esista così tanta malvagità?

      Mentre seguiva il corso dei suoi pensieri, una flebile lama di luce generata da un sole prossimo al tramonto riuscì a filtrare da una piccola finestra a bifora, situata in alto, in corrispondenza dell’abside della cattedrale sovrastante, andando a illuminare quella zona in cui erano accatastate le teste delle statue romane. L’attenzione di Lucia si soffermò su alcuni particolari che non era riuscita a notare prima, lì vicino a quelle teste scolpite nella pietra tanti secoli prima. Nel pavimento di terra battuta era stato disegnato una specie di pentacolo, diverso da quello che era solita vedere disegnato sulla copertina del diario di famiglia consegnatole tempo prima dalla nonna. Il disegno sembrava asimmetrico, rappresentava una stella a sette punte ricavata tracciando una linea continua all’interno di un cerchio. Ogni punta della stella intersecava un punto della circonferenza, in corrispondenza di ognuno dei quali c’erano delle scritte in caratteri ebraici, di cui Lucia non conosceva il significato. In corrispondenza di ognuno dei sette punti, era visibile la traccia di cera colata, lasciata da una candela che vi era stata accesa. Al centro della figura due bambole di pezza, realizzate con della paglia intorno alla quale erano stati avvolti dei vestiti in miniatura. Rappresentavano una donna anziana e una ragazza: gli abiti dell’anziana erano bruciacchiati, mentre la giovane aveva uno spillone infisso all’altezza del petto. Lucia ebbe un sussulto, il cuore prese a batterle all’impazzata, in un lampo aveva capito tutto. In quel luogo erano stati realizzati dei riti di magia nera, e le bambole rappresentavano lei e sua nonna. Era evidente che qualcuno le voleva vedere sofferenti, se non addirittura morte. Chi? Chi poteva essere? Una sola persona poteva essere scesa lì. La Chiesa sovrastante era ormai chiusa, interdetta ai fedeli da più di un anno, e quindi la cripta non poteva essere raggiunta dalla cattedrale. Il passaggio che aveva percorso lei era chiuso da una porta sempre sbarrata, e la chiave l’aveva solo suo zio, il Cardinale, l’Inquisitore capo Artemio Baldeschi. Certo, era troppo tempo che a Jesi non avevano luogo esecuzioni capitali, l’ultimo rogo era stato acceso sei anni prima, quello in cui aveva perso la vita Lodomilla. Adesso il Cardinale doveva placare la sua sete, la sua voglia di vittime, il suo desiderio di assistere alla sofferenza e alla morte davanti ai suoi occhi, sotto il suo sguardo. Già, perché al contrario della maggioranza degli inquisitori che, una volta pronunciata la condanna, consegnavano la vittima al braccio secolare della Legge, evitando di assistere al supplizio di coloro che avevano condannato, Artemio era solito presenziare all’esecuzione, in prima fila, a volte prendendo in mano la torcia e appiccando il fuoco alla catasta. Sembrava provasse un gusto sadico nel vedere la sua vittima contorcersi tra le fiamme, continuava a fissarla con i suoi occhi fino alla fine, e per un preciso motivo: catturare l’anima del condannato nel momento stesso in cui abbandonava il suo corpo mortale.

      Incupita da queste riflessioni, impaurita da ciò che aveva visto, Lucia afferrò la lanterna e si precipitò su per le scale, con la mente occupata da un solo timore. Avrebbe ritrovato la porta aperta? E se lo zio si fosse ricordato di non averla sbarrata e fosse ritornato a chiuderla? O se magari lo avesse fatto apposta, per indurla ad andare là sotto e seppellirla viva? No, non sarebbe stato abbastanza per Artemio, lui doveva vedere in faccia la sofferenza della propria vittima, non sarebbe stato da lui lasciarla morire lì. Voleva solo spaventarla, e c’era riuscito. La porticina di legno era aperta, Lucia uscì nell’androne, ripose la lanterna dove l’aveva presa, non degnò Morocco neanche di uno sguardo e si precipitò all’aria aperta, nella Piazza, ancora col cuore in gola.

      Era quasi il tramonto di una calda giornata di fine maggio e la luce rossastra del sole donava dei colori spettacolari alla stupenda piazza in cui più di tre secoli prima era nato l’imperatore Federico II di Svevia. Disse a se stessa che avrebbe dovuto ricercare il significato dei simboli rinvenuti nella cripta nel Diario di famiglia, in quel prezioso manoscritto che le aveva consegnato la nonna. Ma ora doveva calmarsi, e decise di fare due passi per la città. Attraversò la piazza, raggiungendo il lato opposto, svoltò a sinistra e discese per la Costa dei Longobardi, per raggiungere la parte a valle del centro abitato, dove vivevano mercanti e artigiani. I palazzi erano meno sontuosi rispetto a quelli della parte alta della città, ma erano comunque arricchiti di elementi decorativi, con rifiniti portali e cornici intorno alle finestre. Le facciate erano quasi tutte abbellite dall’intonaco, pitturato in colori pastello, quali celeste, giallo, ocra, arancione tenue; era difficile che venissero lasciate in mattoni faccia a vista, come invece era per i palazzi signorili su al centro. A ricordare che quelle dimore erano state costruite grazie ai soldi guadagnati da chi vi abitava, spesso sugli architravi dei portali o delle finestre del primo piano comparivano delle scritte come “De sua pecunia” o “Suum lucro condita – Ingenio non sorte”. In fondo alla Costa dei Longobardi, svoltando a destra, in breve si poteva raggiungere la chiesa dedicata all’apostolo Pietro, fatta edificare proprio dalla comunità Longobarda residente a Jesi nella seconda metà del secolo decimo terzo. “Principi Apostolorum – MCCLXXXXIIII”, si leggeva sopra il portale; chi aveva inciso la data non aveva più molta memoria di come andassero scritti i numeri in latino, o forse non l’aveva mai saputo essendo un architetto di origine bizantina, abituato già ad avere a che fare con le cifre arabe, molto più semplici da memorizzare. Di fronte alla chiesa, il Palazzo dei Franciolini, appena finito di costruire, era la residenza del Capitano del Popolo, Guglielmo dei Franciolini. Anch’egli aveva fatto la sua fortuna come mercante dato che, dopo la scoperta del Nuovo Mondo, nuovi canali commerciali erano sati aperti e molte nuove mercanzie erano giunte anche a Jesi. Chi aveva potuto aveva approfittato, ed era riuscito in poco tempo ad accumulare notevoli ricchezze. Lucia si soffermò sul ricco portale del palazzo, limitato da due colonne e da alcune piastrelle quadrate di pietra arenaria, decorate con raffigurazioni di Dei e simboli dell’epoca romana.

      Con tutta probabilità, nello scavare le fondamenta dell’abitazione, erano stati rinvenuti elementi decorativi di una casa di qualche patrizio romano, e questi erano stati riutilizzati per abbellire il portale. Lucia riconobbe il Dio Pan, Bacco, la Dea Diana, e poi ancora dei gigli a tre punte, e… una stella a sei punte formata da due triangoli incrociati tra loro - strano, non era forse il simbolo degli ebrei? – e ancora una stella a cinque punte, un pentacolo, e… un disegno a sette punte inscritto in un cerchio, simile in tutto e per tutto a quello che aveva visto poco СКАЧАТЬ