Minaccia Primaria: Le Origini di Luke Stone—Libro #3. Джек Марс
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Название: Minaccia Primaria: Le Origini di Luke Stone—Libro #3

Автор: Джек Марс

Издательство: Lukeman Literary Management Ltd

Жанр: Триллеры

Серия:

isbn: 9781094305660

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СКАЧАТЬ alla donna?

      “L’ho portata in camera da letto e l’ho strangolata con un cavo del computer. Ethernet Cat 5. È robusto, ma non tagliente. Fa quello che deve senza tanto sangue.”

      Murphy annuì. Era esattamente quello che era successo. Solo chi era stato presente sulla scena del crimine poteva saperlo. Era lui l’assassino. Aveva trovato il suo uomo.

      “E Wallace Speck?”

      L’altro scrollò le spalle. “E lui che c’entra?”

      Fu il turno di Murphy di irrigidirsi.

      “Cosa credi che stiamo facendo qui, idiota?” sbottò. La sua voce riecheggiò nell’oscurità. “Pensi che sia qui con te, in questa scatola da scarpe di cemento nel bel mezzo della notte, perché mi fa bene alla salute? Non ti trovo divertente. È stato Speck a pagarti per ammazzare la donna?”

      “Sì.”

      “E cosa sa Speck di me?”

      L’uomo scosse la testa. “Non lo so.”

      Il pugno di Murphy scattò in avanti per abbattersi sulla faccia della sua vittima. Sentì l’osso del naso andare in pezzi. La testa dell’uomo rimbalzò all’indietro. Due secondi più tardi, il sangue gli schizzò fuori da una narice, cadendogli sul viso fino al mento.

      Lui fece un passo indietro. Non voleva sporcarsi le scarpe.

      “Riprovaci.”

      “Speck ha detto che c’era uno delle operazioni speciali. Aveva delle informazioni riservate sull’ubicazione del capo dello staff del presidente. Lawrence Keller. Questo tizio sarebbe andato a Montreal, faceva parte della squadra che doveva recuperare Keller. Forse era l’autista, e voleva del denaro. E poi…”

      L’uomo agitò la testa.

      “Credi che sia io questo tizio?” domandò Murphy.

      Quello annuì, in preda alla più bieca disperazione.

      “Perché lo pensi?”

      L’altro borbottò qualcosa a bassa voce.

      “Cosa? Non ti ho sentito.”

      “Ero lì,” ripeté.

      “A Montreal?”

      “Sì.”

      Murphy sorrise scuotendo il capo. Gli sfuggì persino una breve risata.

      “Oh, amico mio.”

      L’uomo fece un segno d’assenso.

      “E che cosa hai fatto, te la sei data a gambe quando la situazione si è scaldata?”

      “Ho capito subito come sarebbe finita.”

      “E mi hai visto.”

      Non era una domanda, ma l’altro rispose ugualmente.

      “Sì.”

      “Hai detto a Speck che aspetto ho?”

      Quello fece spallucce. Fissava il pavimento in cemento.

      “Parla!” ordinò Murphy. “Non ho tutta la notte.”

      “Non gli ho mai più parlato dopo quella sera. È finito in prigione prima del sorgere del sole.”

      “Guardami,” gli intimò lui.

      L’uomo alzò gli occhi.

      “Dillo di nuovo, ma questa volta senza distogliere lo sguardo.”

      L’altro lo fissò in viso. “Non ho parlato con Speck. Non so dove lo abbiano rinchiuso né se stia confessando o meno. Non ho idea se sappia chi sei, ma in quel caso mi sembra ovvio che ancora non ti abbia tradito.”

      “Perché non sei scappato?” gli chiese allora lui.

      Non era una domanda oziosa. Murphy si stava ponendo lo stesso interrogativo. Sarebbe potuto svanire. Subito, quella sera. O quella seguente. Comunque presto. Aveva due milioni e mezzo di dollari in contanti. Una cifra simile poteva bastare a lungo a un uomo come lui, e con le sue… particolari abilità… poteva rifornirsi quando voleva.

      Ma così avrebbe passato il resto della vita guardandosi le spalle. E se fosse scappato, una delle persone che gli avrebbe dato la caccia era Luke Stone. Non era un pensiero rassicurante.

      L’altro fece di nuovo spallucce. “Mi piace qui. Amo la mia vita. Ho un bimbo piccolo che vedo di tanto in tanto.”

      Murphy non apprezzò il modo in cui il tizio stava infilando il figlio nella conversazione. Quell’assassino a sangue freddo, che aveva confessato l’assassinio di una giovane madre, e che era complice dell’omicidio di due bambini e chissà di chi altro, stava cercando di muoverlo a compassione.

      Si avvicinò all’altra sedia ed estrasse la pistola dalla fondina. Avvitò il silenziatore sulla canna dell’arma. Era di buona qualità, non avrebbe fatto molto rumore. Era un suono che gli ricordava una pinzatrice da ufficio che perforasse una pila di fogli. Clack, clack, clack.

      “Non hai motivo di uccidermi,” lo implorò l’uomo dietro di lui. “Non ho detto niente a nessuno, né ho intenzione di farlo.”

      Murphy non si girò ancora. “Sai come si dice, che è meglio risolvere le questioni in sospeso? Voglio dire, fai anche tu questo lavoro, no? Speck forse sa chi sono, o magari no. Ma tu lo sai per certo.”

      “Hai idea di quanti segreti io abbia?” insistette il tizio. “Se mai mi prendessero, credimi, saresti l’ultimo dei loro pensieri. Non so nemmeno chi sei, non conosco il tuo nome. Quella notte ho solo visto un uomo, forse con i capelli scuri, basso, sotto il metro e ottanta, avrebbe potuto essere chiunque.”

      Finalmente lui si voltò per guardarlo. Il suo prigioniero sudava, aveva il volto lucido e bagnato, anche se lì dentro non faceva caldo.

      Alzò la pistola e gliela puntò al centro della fronte. Nessuna esitazione. Nessun suono. Non disse una parola. Pareva una composizione scultorea, immersa in un cerchio di luce chiara.

      L’uomo prese a parlare più in fretta. “Senti, non farlo,” disse. “Ho del denaro. Molto denaro. Sono l’unico che sa dove è.”

      Murphy annuì. “Sì, anche io.”

      Premette il grilletto e…

      CLACK.

      Fu un po’ più rumoroso del normale. Non aveva preso in considerazione l’eco nell’ampio spazio vuoto. Scrollò le spalle. Non aveva importanza.

      Se ne andò senza degnare il disastro a terra di un secondo sguardo.

      Dieci minuti più tardi era in auto, e stava sfrecciando sulla Beltway. Il suo cellulare squillò. Era un numero privato. Non significava niente. Potevano essere buone notizie, ma anche cattive. Rispose.

      “Sì?”

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