Minaccia Primaria: Le Origini di Luke Stone—Libro #3. Джек Марс
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Название: Minaccia Primaria: Le Origini di Luke Stone—Libro #3

Автор: Джек Марс

Издательство: Lukeman Literary Management Ltd

Жанр: Триллеры

Серия:

isbn: 9781094305660

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СКАЧАТЬ preoccupati da tutto quel movimento.”

      Lui scrollò le spalle. “Certo.”

      C’erano sempre uomini più concentrati sulla propria misera sopravvivenza che sui loro doveri verso il popolo. Non sarebbero mai riusciti a guidarlo verso un futuro migliore.

      “E certi sono convinti che quando il presidente…”

      Il presidente!

      Marmilov trattenne una risata. Il presidente era solo un piccolo ostacolo sulla strada verso la grandezza del loro paese. Era un intoppo, e pure minuscolo. Sin da quando aveva preso le redini da quell’alcolizzato del suo mentore, Yelstin, la commedia degli errori che era la Russia era solo peggiorata, non migliorata.

      Presidente di cosa? Della spazzatura!

      Quell’uomo avrebbe fatto meglio a guardarsi le spalle, come diceva il proverbio. O ci avrebbe trovato un coltello infilzato in mezzo.

      “Sì?” incoraggiò l’altro uomo. “Sono convinti che quando il presidente… cosa?”

      “Ci scoprirà,” riprese Ulyanov.

      Marmilov annuì e sorrise. “Sì? Quando ci scoprirà… cosa succederà allora?”

      “Ci sarà un’epurazione,” concluse l’altro.

      Marmilov lo fissò strizzando gli occhi in mezzo a una nuvola di fumo. Era uno scherzo? Non l’epurazione a cui Putin avrebbe dato il via se li avesse scoperti. Se avessero fatto un passo sbagliato, non avrebbero potuto aspettarsi altro. Lo scherzo doveva essere la preoccupazione di Ulyanov e dei suoi soci senza nome di fronte a quell’eventualità, così avanti nei lavori.

      “Il presidente lo scoprirà quando sarà troppo tardi,” dichiarò con semplicità. “Sarà lui stesso a essere epurato.” Ulyanov e gli altri per cui parlava dovevano saperlo. Era sempre stato quello il piano.

      “Temono tutti bagno di sangue,” insistette l’uomo grasso.

      Marmilov soffiò il fumo per aria. “Mio caro amico, non c’è niente da temere. Il bagno di sangue è sempre stato previsto. È stato pianificato anni fa.”

      Nella sua tana un computer portatile gli era spuntato come un fungo accanto al piccolo schermo televisivo sulla scrivania. La televisione continuava a mostrare le riprese delle telecamere di sicurezza sulla piattaforma petrolifera, mentre sul computer scorrevano le trascrizioni delle comunicazioni americane intercettate tradotte in russo.

      Gli americani stavano stringendo un cappio attorno alla piattaforma sotto assedio. Un cerchio di basi temporanee era apparso sul ghiaccio a pochi chilometri dall’impianto. Le loro squadre segrete erano state allertate ed erano pronte ad attaccare. Un jet supersonico aveva ricevuto l’autorizzazione ad alzarsi in volo ed era atterrato a Deadhorse da trenta minuti.

      Stavano per colpire.

      “Non abbiamo mai avuto intenzione di tenere l’impianto a lungo,” disse Marmilov. “È per questo che abbiamo usato delle pedine sacrificabili. Sapevamo che gli americani si sarebbero ripresi la loro proprietà.”

      “Sì,” replicò Ulyanov. “Ma la notte stessa?”

      Lui fece spallucce. “Prima di quanto ci aspettassimo, ma il risultato sarà lo stesso. Le loro prime squadre d’assalto finiranno nel bel mezzo di un disastro. Un bagno di sangue, come ha detto lei. Per i nostri scopi dovrebbe essere un autentico massacro. Mostreremo al mondo la loro ipocrisia riguardo l’ambiente. Così il pubblico avrà modo di ricordare i loro recenti crimini di guerra.”

      “E l’impatto su di noi?” domandò Ulyanov.

      Marmilov inalò di nuovo a fondo dalla sigaretta. Per lui era il soffio stesso della vita. Sì, anche in Russia, e persino nelle sue stanze private, era costretto ad affrontare la verità. Le sigarette facevano male alla salute. E lo stesso valeva per la vodka e il whiskey. Ma in quel caso perché Dio li aveva resi tanto piacevoli?

      Espirò il fumo.

      “Resta da vedere, ovviamente. E dipenderà dagli organi di stampa che se ne occuperanno in ogni paese. Ma certo i primi bollettini saranno in nostro favore. In generale, sospetto che gli eventi si rifletteranno negativamente sugli americani, e in seguito faranno lo stesso sul nostro amato presidente.”

      Si interruppe e rifletté sulla questione. “La realtà, e l’evolversi degli eventi lo confermerà, è che peggiore il disastro e migliore sarà la nostra posizione.”

      CAPITOLO NOVE

      11:05 p.m. Ora legale in Alaska (4 settembre)

      Campo sul ghiaccio ReadyGo della Marina degli Stati Uniti

      Nove chilometri a nord dell’Arctic National Wildlife Refuge

      Tre chilometri a ovest della Martin Frobisher Oil Platform

      Mare di Beaufort

      Mar Glaciale Artico

      “Non esiste, gente. Non posso farlo.”

      La notte era nera. Fuori dalla piccola calotta ululava il vento e cadeva una pioggia gelata. La visibilità stava peggiorando. Di lì a poco sarebbe stata pari a zero.

      Luke era stanco. Aveva preso una dexie quando l’aereo era atterrato, e un’altra qualche istante prima, ma nessuna delle due aveva ancora fatto effetto.

      L’intera faccenda era uno sbaglio. Avevano attraversato in fretta e furia il continente, a velocità supersonica, stavano per iniziare la missione e ora uno dei suoi uomini se ne stava tirando fuori.

      “Non mi piace per niente.”

      Era stato Murphy a parlare. Ovvio che fosse lui.

      Murphy non voleva buttarsi in quell’avventura.

      L’accampamento temporaneo, che di base consisteva in una decina di cupole modulari a tenuta stagna montate su una lastra di ghiaccio galleggiante, era spuntato come un mucchio di funghi dopo una pioggia primaverile, a quanto pareva in appena due ore. Era solo uno di tanti che circondavano la piattaforma petrolifera a distanza di sicurezza. La creazione di numerosi campi tanto lontani era dovuta alla possibilità che i terroristi li stessero spiando. In quella maniera gli sarebbe stato difficile prevedere da quale direzione sarebbe arrivato il contrattacco.

      All’interno di ogni cupola era stato scavato un foro rettangolare nel pavimento di ghiaccio, all’incirca delle dimensioni e della forma di una bara. Il ghiaccio lì era grosso dai sessanta ai novanta centimetri. Attorno a ogni foro era stato incastrato una specie di pontile di un qualche materiale sintetico simile al legno. Sotto l’acqua erano state affondate torce subacquee, che davano all’apertura un inquietante chiarore blu. Sulla superficie del foro stava già iniziando a riformarsi il ghiaccio.

      Luke ed Ed erano nelle loro mute in neoprene, seduti su due sedie accanto all’apertura. Brooks Donaldson era nella stessa posizione e attorno a ogni uomo erano affaccendati due assistenti, militari con indosso giacche in pile della marina degli Stati Uniti. Gli stavano caricando addosso tutto l’equipaggiamento necessario. Luke stava fermo mentre uno dei due gli montava un compensatore СКАЧАТЬ