Minaccia Primaria: Le Origini di Luke Stone—Libro #3. Джек Марс
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Название: Minaccia Primaria: Le Origini di Luke Stone—Libro #3

Автор: Джек Марс

Издательство: Lukeman Literary Management Ltd

Жанр: Триллеры

Серия:

isbn: 9781094305660

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СКАЧАТЬ in nave,” disse Donaldson. “Dobbiamo presumere che i nostri avversari stiano proteggendo tutti i possibili punti d’attracco. Sembra che abbiano a disposizione armamenti pesanti. Qualsiasi nave tentasse di avanzare in mezzo al ghiaccio fino all’impianto verrebbe colpito, e duramente.”

      “Possiamo arrivare dal cielo?” chiese Luke.

      Donaldson fece un segno di diniego con il capo. “Anche peggio. Nelle prossime ore è prevista una tempesta in quell’area. Non volete gettarvi in paracadute durante una bufera artica, ve lo garantisco. E anche se fosse sereno, avrebbero un’ottima visuale su di voi durante la discesa. Sareste dei bersagli facili. C’è un solo modo per arrivare, e cioè passando sotto il ghiaccio e cogliendoli di sorpresa.”

      Si fermò. “E abbiamo bisogno di tutta la sorpresa possibile. Nonostante la violenza della nostra risposta, ci serve almeno un aggressore vivo.”

      “E perché?” domandò Ed.

      Il capitano dei SEAL fece spallucce. “È necessario scoprire che cosa volevano, qual era il loro piano e se abbiano agito da soli. Dobbiamo sapere tutto. Non possiamo contare su un loro ipotetico documento programmatico, e dato che finora nessuno ha rivendicato la responsabilità dell’attacco, dobbiamo presumere che l’unico modo per ottenere queste informazione sia catturare almeno uno di loro, preferibilmente più di uno.”

      Luke non era felice. Avrebbero raggiunto il sito nuotando sotto il ghiaccio, e quando fossero emersi avrebbero dovuto fare prigionieri. E se fossero stati jihadisti che non avevano intenzione di arrendersi? E se avessero combattuto fino alla morte?

      L’intera missione sembrava organizzata in fretta e progettata peggio. Ovvio che fosse così. Non poteva essere altrimenti, dato che stavano cercando di riprendersi la piattaforma la stessa notte in cui era stata attaccata, anzi, appena qualche ora più tardi?

      Non avevano alcun dato sugli aggressori. Non c’erano ancora state comunicazioni. Non sapevano da dove venivano, cosa volevano, che armi avevano né che altre capacità possedevano. Non avevano idea di cosa avrebbero fatto se fossero stati attaccati a loro volta. Avrebbero ucciso tutti gli ostaggi? Si sarebbero suicidati facendo saltare la piattaforma? Impossibile dirlo.

      Quindi l’intera squadra sarebbe entrata alla cieca. Peggio. Luke e il suo team sarebbero dovuti essere la supervisione civile, e invece avrebbero partecipato a una missione subacquea — in un mare gelato — per cui non avevano alcuna preparazione. Ben pochi soldati americani erano addestrati per le immersioni in acque gelide.

      “Tutta la faccenda,” commentò Murphy, “mi sembra folle.”

      Luke non concordava al cento percento. Ma non poteva non pensare al fatto che Murphy lo ritenesse ancora responsabile della morte del loro intero team d’assalto in Afghanistan.

      Se Murphy, Ed, o persino Swann e Trudy avessero deciso di non partecipare alla missione, a lui sarebbe andato bene. Dovevano fare le loro scelte, non stava a Luke decidere per loro.

      All’improvviso, desiderò di aver parlato con Becca prima di partire per quel viaggio. Ormai era troppo tardi.

      “Mancano meno di due ore all’arrivo,” dichiarò l’uomo più anziano, lanciando un’occhiata all’orologio. Guardò Donaldson, che aveva ancora tra le mani la grossa tuta arancione. Poi gli fece un cenno con la mano, simile alle lancette di un orologio che roteassero rapidamente.

      “Le suggerisco di cominciare con la dimostrazione.”

      CAPITOLO OTTO

      9:15 a.m. Orario di Mosca (12:30 a.m. Ora legale orientale, 4 settembre)

      L’“Aquarium”

      Quartier Generale del Main Intelligence Directorate (GRU)

      Aeroporto di Khodynka

      Mosca, Russia

      Il fumo blu si alzava verso il soffitto.

      “C’è molto movimento,” disse il suo ultimo visitatore, un uomo pingue con l’uniforme del Ministero degli Interni. La sua voce tradiva una certa ansia, ma dal tono non si sarebbe capito. Non trema né aveva esitazioni. Bisognava avere le orecchie allenate per percepirlo. L’uomo aveva paura.

      “Sì,” replicò Marmilov. “Si sarebbe aspettato qualcosa di diverso da parte loro?”

      Anche se l’ufficio non aveva finestre, la luce cambiava man mano che la mattina progrediva. I capelli rigidi e in piega di Marmilov avevano assunto l’aspetto di un elmetto di plastica scura. La lampadina appesa al soffitto era tanto luminosa che ai due uomini pareva di essere seduti nel deserto a mezzogiorno. La luce lanciava ombre scure tra le crepe scavate nel viso di Marmilov.

      La gente si chiedeva perché un personaggio influente come lui avesse scelto di gestire il suo impero da quella tomba, sotto un edificio tetro, fatiscente e in rovina fuori dal centro di Mosca. Marmilov lo sapeva perché diversi uomini, in particolare i potenti o quelli che aspiravano a diventarlo, spesso gli facevano esattamente quella domanda.

      “Perché non un bell’ufficio d’angolo ai piani alti? Perché un uomo come lei, con un mandato superiore al GRU, non si fa trasferire al Cremlino, con una bella vista sulla Piazza Rossa e l’opportunità di contemplare le opere della storia e dei grandi protagonisti degli eventi passati? O anche solo per guardare le belle ragazze che passano di lì? O almeno per vedere il sole?”

      Marmilov sorrideva sempre e rispondeva: “Non mi piace il sole.”

      “E le belle ragazze?” insistevano i suoi amichevoli vessatori.

      Lui scuoteva la testa. “Ho una certa età. Mi basta mia moglie.”

      Non era vero niente, ovviamente. Sua moglie viveva cinquanta chilometri fuori dalla città, in una residenza di campagna che risaliva a prima della Rivoluzione. La vedeva appena e né lui né la donna avevano problemi con quella sistemazione. Invece di passare del tempo con la moglie, Marmilov alloggiava in una moderna suite d’albergo al Ritz Carlton di Mosca, e si godeva una costante fornitura di giovani donne che gli venivano portate direttamente alla porta della stanza. Le ordinava come si faceva con il servizio in camera.

      Aveva sentito che le ragazze, e probabilmente anche i loro papponi, lo definivano il Conte Dracula. Quel soprannome lo faceva sorridere. Lui non avrebbe potuto sceglierne uno più adatto.

      Il motivo per cui rimaneva nello scantinato di quell’edificio e non si trasferiva al Cremlino, era che preferiva non vedere la Piazza Rossa. Anche se amava la cultura russa più di qualsiasi altra cosa al mondo, durante le sue giornate lavorative non voleva che le sue azioni fossero turbate dai sogni del passato. E in particolar modo non voleva che fossero ostacolate dalle sventurate realtà e dalle mezze misure del presente.

      Marmilov era concentrato solo sul futuro. Era determinato a plasmarlo con tutte le sue forze.

      C’era la grandezza nel futuro. C’era la gloria. Il futuro della Russia avrebbe sorpassato, e persino fatto impallidire, i patetici disastri del presente e forse anche le vittorie del passato.

      Il futuro era in arrivo, e lui era il suo creatore. Era suo padre e la sua levatrice. Per immaginarlo appieno non si poteva lasciar distrarre da messaggi e ideali contrastanti. Aveva bisogno di una visione pura e per ottenerla era meglio fissare una parete vuota che fuori СКАЧАТЬ