Istoria civile del Regno di Napoli, v. 7. Giannone Pietro
Чтение книги онлайн.

Читать онлайн книгу Istoria civile del Regno di Napoli, v. 7 - Giannone Pietro страница 16

СКАЧАТЬ in tempo non ci portassero spavento e timore.

      Morto Maometto II, che per avere acquistati due Imperi e dodici Regni, e preso più di ducento città de' Cristiani, fu gridato I. Imperadore de' Turchi; Bajazet II suo figliuolo che gli succedette nell'Imperio, con non interrotto corso di fortuna, fece altri progressi; poichè nel 1484 prese la Valacchia, e nel 92 occupò i monti Cerauni e tutto il tratto dell'Albania, e si sottomise tutte quelle genti che viveano libere. Quindi molte famiglie, per non vivere in ischiavitù, fuggirono da que' luoghi, e si ricovrarono nelle più vicine parti ed alcune nel nostro Regno. Vi vennero perciò i Castrioti ed i Tocchi che possedevano in quelle province buone Signorie. Vi venner molti Albanesi; ond'è che da nostri Re fur loro assignate varie Terre per luogo d'abitazione e tuttavia ancor vi dimorano. Sottomise poi Bajazet al suo Imperio nel 1499 Modone e Corone città della Morea, e nell'anno seguente tolse a' Vinegiani Mero città. Selim I figliuolo di Bajazet nel 1514 vinse in battaglia Ismaele Re di Persia, e 'l cacciò nelle campagne Calderane. L'anno seguente ruppe e fece prigione il Capitan Generale d'Aladola Re della Cappadocia, a cui mozzò il capo, ed il mandò a' Vinegiani per segno della vittoria. Nel 1516 superò combattendo Campsone Soldano d'Egitto, e messolo in fuga il costrinse a morirsi; nel corso della qual piena e gloriosa victoria, vinto ed impiccato l'altro Soldano, prese il Cairo, soggiogò Alessandria, e fattosi Signore dell'Egitto, acquistò anche Damasco capo e sede del Regno di Soria.

      Solimano II figliuolo di Selim tolse nel 1521 agli Ungheri Belgrado; nel 22 cacciò la religione di S. Giovanni dall'isola di Rodi, ed acquistò all'Imperio suo quell'isola nobilissima. Nel 26 diede di nuovo una terribil rotta agli Ungheri, nella quale restò morto il misero lor Re Lodovico. Nel 29 occupò Buda, e nel 24 tolse il Regno al Re di Tunisi. Nel 37 oltre molti danni fatti a' Vinegiani, a' quali saccheggiò il Zante e Citera, spianò ancora Egina, prese Paro e fece tributaria Nasso. Nel 39 prese Castel Nuovo, ove tagliò a pezzi la miglior milizia che avessero mai avuta gli Spagnuoli. Selim II figliuolo di Solimano, tolse ai Vinegiani il deliziosissimo Regno di Cipro, dopo avere con potentissima armata cercato di soggiogare Malta nuova Residenza de' Cavalieri gerosolimitani. Con tal occasione ne venne a noi la famiglia Paleologa, di cui si legge in Napoli il tumulo nella chiesa di S. Giovanni Maggiore rapportato dall'Engenio77. Amurat III figliuolo di Selim, ancorchè per le continue guerre ch'egli ebbe a sostenere col Persiano, non inquietasse le province cristiane, tennele però in grandissimo timore. Ma i suoi successori Maometto III ed Acmet tolsero a' Vinegiani Candia, gran parte della Dalmazia, la Bosnia, la Schiavonia; ed in breve quasi tutto il lido del mare superiore, che diciamo ora Adriatico, opposto a' mari d'Otranto e della nostra Puglia, passò sotto la lor dominazione. Caddero questi sterminati acquisti, e s'estinsero tanti Reami e Ducati. Caddero i Duchi d'Atene, i Duchi di Durazzo, i Despoti dell'Arta Principi della Morea nella Grecia, i Duchi d'Albania, i Principi d'Achaja e tanti altri Signori e Baroni che lungo sarebbe a raccontargli. Ed essendo ne' loro Dominj succeduto un sì potente e terribile nemico pur troppo a noi vicino, e che non altro tratto ci divide, se non che il golfo di Vinegia e quello di Otranto; quindi nacquero i continui timori, e le spesse scorrerie e saccheggi d'alcune Città e Terre della Puglia e della Calabria.

      Quindi si diede occasione a spessi ricorsi, che da Principi disperati e da Baroni malcontenti, si faceva a loro, con sovente sollecitargli, offerendo facile la conquista del Regno. Quando, come diremo appresso, il Re Ferdinando fermò la pace col Pontefice Innocenzio VIII alcuni Baroni, temendo della poca fede del Re, consultarono per loro quiete di doversi mandare Ambasciadori a Bajazet, acciò che loro somministrasse pronto soccorso, invitandolo alla conquista del Regno. Furono perciò sovente invasi i nostri mari, e quelli di Gaeta furono scorsi e dati sacchi funestissimi a quella città. E nei seguenti anni, Paola e S. Lucido in Calabria, Sorrento e Massa incontro Napoli, furono da' Turchi con lagrimevol strage saccheggiate, e gli abitanti fatti schiavi78.

      Nell'Imperio di Carlo V, il Principe di Salerno profugo da' suoi Stati, non trovando udienza in Francia, ebbe ricorso a Turchi, a' quali dipinse facile l'impresa del Regno, e fece mettere in mare una potente armata per invaderlo.

      Nel Regno di Filippo II suo figliuolo le spedizioni contra Turchi furono assai spesse e strepitose; onde cotanto rilusse la fama di D. Giovanni d'Austria, che in mare gli vinse e debellò: ed essendosi accesa fiera ed ostinata guerra tra questo Re col Pontefice Paolo IV, questi non contento d'aver fatta lega col Re di Francia e con altri potentati, chiamò anche l'armata del Turco in suo aiuto per assaltare il Regno. E fra noi è ancor rimasa memoria della congiura che Tommaso Campanella con altri Frati domenicani Calabresi nel 1599 avea ordita per dar le Calabrie in man de' Turchi; li quali da poi nel 1621 con buona armata vennero ad invadere Capitanata e occuparono Manfredonia, e dopo averla tenuta per qualche tempo, datole un fiero sacco, abbandonarono l'impresa. Infinite scorrerie fecero ne' nostri mari, riducendo molti nostri Regnicoli in ischiavitù. Ed in quest'anni 1716 e 1717 se non avessero avute in Ungheria due strane rotte dalle vittoriose armi imperiali colla perdita di Temisvar e di Belgrado, minacciavano l'Italia e queste nostre province, che corsero gran pericolo. Ma fattasi ora col Turco tregua per venti anni, si è veduta cosa che non videro mai i nostri maggiori, cioè traffico e commercio aperto fra noi ed il Turco. Se durasse, ci vedremmo almeno per quanto corre il mare Adriatico, liberi da corsari e non esposti que' lidi a tanti danni e riscatti; poichè dall'aver vicino sì potente nemico, e per poco tratto i nostri lidi divisi dai suoi, si è ricevuto ancora l'incomodo di spesse scorrerie da' corsari barbareschi nelle terre poste ne' lidi dell'Adriatico e delle Calabrie, e la desolazione di molte famiglie, che per redimere dalle loro mani i loro parenti, si sono impoverite, dovendo pagare grosse somme per gli riscatti. Carlo V per tener guardati da quei pirati i nostri lidi fece costruire molte torri per le marine del Regno, gravandolo d'eccessive spese per le provvisioni che bisognò somministrare a' Torrieri. Quindi per sovvenire a questi bisogni sursero le religioni della Redenzione de' cattivi, che da Spagna a noi ci vennero, e molti altri luoghi Pii che tengono destinate le loro rendite per lo riscatto.

      L'opera non può negarsi che non sia molto pietosa, ed in Spagna, che patisce i medesimi travagli da' pirati Algerini e dell'altre coste di Tunisi e di Barberia e da' corsari Mori, è soprammodo cresciuta, vedendosi per ciò eretti grandi Conventi di religiosi destinati a quest'opera della redenzione, e ricchissimi di rendite; ma non può negarsi ancora, che per questo istesso i Turchi esercitino l'arte piratica, riuscendo ad essi molto utile e fruttuosa; onde quasi tutti vi si applicano perchè sanno, che ridotti i cristiani in servitù, vengono tosto immense somme per redimergli. All'incontro essi non riscattano niuno di loro, se avviene che capitino essi in mano de' cristiani; gli lasciano stare, nè se ne prendon pensiero; e quindi i cristiani non s'invogliano a far prede e corseggiare i loro mari, com'essi fanno de' nostri. Se noi non curassimo di riscattar i nostri, certamente che si dismetterebbe presso loro il corseggiamento, e forse si vivrebbe assai meglio, senza sospetti e senza timori ed in maggior quiete. Ma di ciò sia detto a bastanza, richiamandoci il nostro istituto a parlar di Ferdinando, e d'una nuova e più insidiosa congiura orditagli ora da' suoi Baroni.

      CAPITOLO I

      I Baroni nuovamente congiurano contra il Re. Papa Innocenzio VIII unito ad essi gli fa guerra: pace indi conchiusa col medesimo, e desolazione ed esterminio de' congiurati

      Alfonso Duca di Calabria ritornato in Napoli dopo l'impresa d'Otranto tutto glorioso e trionfante, pieno d'elati pensieri ed istigato dal genio suo crudele ed avaro, pensò abbassare i Baroni, de' quali se ne mostrava mal soddisfatto, e teneva sempre in sospetto. Tutti i suoi pensieri erano a ciò rivolti, nè potè tanto coprire questi suoi disegni che coloro non se ne insospettissero; poichè sovente co' suoi confidenti soleva dire, che giacchè i Baroni non avean mai avuto riguardo in tante guerre ed in tanti bisogni, ne' quali s'era il Re veduto soccorrere il regio erario di denaro, voleva egli insegnar loro, come i sudditi trattar dovessero col loro Signore. Non si potè ancora contenere co' suoi famigliari d'assicurargli che stessero allegri, che fra breve gli farebbe divenire gran Baroni senza dar loro Stato, poich'egli avrebbe tanto abbassati i grandi che sarebbero essi divenuti primi; e di vantaggio non si ritenne di porre nel suo elmo СКАЧАТЬ



<p>77</p>

Edgen, Nap. Sac. p. 77.

<p>78</p>

Engen. Nap. Sag. pag. 8. ann. 1558.