Istoria civile del Regno di Napoli, v. 7. Giannone Pietro
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СКАЧАТЬ ne furono i Romani, e dell'Illirico e della Pannonia non è alcun dubbio, che posseggono parte molte maggiore che non possedevano i Romani. Essi a gran passi s'ingegnarono sempre di camminare alla Monarchia del Mondo, e resi padroni di tante e si sterminate province, altro ad essi non restava di sottoporre alla loro dominazione, che Costantinopoli capo dell imperio, e così estinguere affatto i Greci, che insino a tempi del Re Alfonso aveano seduto in quella sede. Furono perciò rivolti tutti i loro pensieri a quest'impresa, la quale finalmente fu riserbata a Maometto X Re de' Turchi e della famiglia ottomana di quel nome II, il quale essendo succeduto nel 1451 a' Regni paterni, pose ogni studio di venire a capo dell'impresa. Con formidabili eserciti e stupende armate cinse finalmente nel 1453 per mare e per terra la città di Costantinopoli: Costantino Paleologo che n'era Imperadore, non potendo resistere a tante forze erasi, per difender la sua persona, chiuso nella città. Invano si cercavano aiuti da' Principi cristiani, li quali fra di lor guerreggiando, poca cura prendeansi della ruina dell'Imperio d'Oriente, non ostante che i Pontefici romani gl'incoraggiassero e scongiurassero a prenderne la difesa. Solo il nostro Re Alfonso offerì soccorsi, perchè quella città sede dell'imperio non cadesse in mano d'Infedeli; ma mentre Alfonso s'affanna e gli affretta, ecco che Maometto a' 29 maggio di quell'anno 1453 espugna la città, prende e fa morire in quella l'Imperador Costantino e tutta la nobiltà, ed in un istante si rende Signore non meno della città che dell'imperio di Costantinopoli. Così finì l'Imperio greco, che era durato 1127 anni. Non meno che il Romano, che sotto Augusto cominciò e finì in Augustolo; così il Greco cominciò sotto Costantino M. figliuolo d'Elena e venne a mancare sotto Costantino Paleologo figliuolo parimente di Elena.

      Trasferito in cotal guisa l'Imperio da' Greci a' Turchi, Maometto fu gridato Imperadore de' Turchi. I progressi da lui fatti da poi furono stupendi e portentosi, lasciando stare da parte l'altre cose di minor conto, egli nel 1460 occupò l'Imperio di Trebisonda, e fece mozzare il capo al Re David. Nel 62 s'insignorì dell'isola di Metelino. L'anno 70 tolse a' Vinegiani l'isola di Negroponte. Nel 73 vinse in battaglia Usum Cassano Re di Persia, come ch'egli altre volte fosse stato vinto da lui. L'anno 75 tolse a' Genovesi Caffa. Nel 77 costrinse i Vinegiani a dargli Calcide e Scutari, ed a pagargli un censo l'anno per lasciargli navigare ne' suoi mari. Ed avendo per tante vittorie pieno l'animo di concetti vasti e smisurati, e sopra tutto acceso di desiderio ardentissimo di mettere piè nell'Italia, pretendendo che l'Imperio di quella a se, come a vero e legittimo Signore s'appartenesse, per virtù dell'Imperio costantinopolitano da lui acquistato, i Vinegiani per divertirlo da' loro Stati, e perchè maggiormente non gli angustiasse, gl'insinuarono che lasciata l'impresa dell'isola di Rodi, dove stava allora impegnato Maometto per toglierla a' Cavalieri gerosolimitani, verso la Puglia nel Regno di Napoli drizzasse la sua armata; poichè in vece di un'isola avrebbe acquistato un floridissimo e vastissimo Regno73. Angelo di Costanzo rapporta, che Lorenzo de' Medici per mezzo d'alcuni mercatanti che negoziavano ne' paesi del Turco, invitasse Maometto che venisse nel Regno. E può esser vero l'uno e l'altro, che non meno i Vinegiani, che i Fiorentini, nemici allora di Ferdinando, l'avessero stimolato.

      Dimostrarono a Maometto, come l'alterigia ed ambizione d'Alfonso era, se non al presente, nel tempo a venire per dover nuocere non meno ad esso che a loro; anzi molto più a lui, essendo l'impresa più giusta rispetto alla religione, più agevole per lo poco tratto del mare Jonio, che divide ambi i loro Regni, e più favorita da' Principi cristiani. Maometto ancora per diverse cagioni era contra il Re Ferdinando oltramodo sdegnato, e vie più d'ogni altra cosa per aver porto quella State medesima soccorso a Rodi, ch'egli indarno avea oppugnato; sicchè non fu difficile a Fiorentini disporlo all'impresa74.

      Lasciata adunque Maometto l'impresa di Rodi, nel 1480 navigò sino alla Velona, da dove mandò Acubat suo Bassà per questa spedizione, il quale nella fine di giugno di quell'anno giunse in Puglia con un'armata poderosissima, e posti a terra, oltre della fanteria, cinquemila cavalli di gente bellicosissima, cinse di stretto assedio la città d'Otranto. In questa città non vi eran di guarnigione che mille combattenti, ed altri 500 ne avea portati allora da Napoli Francesco Zurolo. I cittadini più che i soldati fecero valorosa difesa, ma contro sì potente e numeroso esercito nulla valse la loro costanza. In men di un mese fu presa la città per assalto, dove entrati furiosamente quei Barbari non vi fu crudeltà che non praticassero: incendj, ruberie, morti, violazion di vergini e quanta immanità usarono nella presa di Costantinopoli, altrettanta in Otranto vi fu praticata. Molti cittadini furon fatti passare a fil di spada, come si fece in Costantinopoli, ma con sorte disuguale; poichè l'ossa di coloro rimasero per sempre in suol nemico esposte alla pioggia e mosse dal vento, nè furon curati; ma le ossa di questi d'Otranto, scacciati dopo un anno i Turchi, e tornata sotto la dominazione di Ferdinando, furono a gara onorate non meno da' paesani, che da Papa Sisto e dal Duca di Calabria Alfonso.

      Presa questa città, avendo Maometto richiamato a se Acmet, questi, ubbidendo al suo Signore, lasciò in suo luogo Ariadeno Baglivo di Negroponte con settemila Turchi e 500 cavalli, ed egli con dodici galee, con la preda fatta nel sacco di quella città, s'avviò per Costantinopoli. Ariadeno volendo proseguire le conquiste pensava d'occupar Brindisi e porre l'assedio ad altre città, tanto che si vide il Regno in grandissimo pericolo di perdersi.

      Ferdinando, vedendosi in tali angustie, scrisse a quasi tutti i Principi d'Europa per soccorso, e mandò subito a chiamar Alfonso da Toscana, perchè lasciata quella impresa venisse tosto a soccorrere il Regno. Il Duca di Calabria abbandonò la guerra di Toscana, e lasciò in pace i Fiorentini, e giunto in Napoli a' 10 di settembre di quest'anno, avendo raccolta un'armata di 80 galee, con alcuni vascelli, ne diede il comando a Galeazzo Caracciolo, il qual giunto coll'armata ne' mari d'Otranto diede molto spavento all'esercito nemico, e poco appresso vi venne il Duca di Calabria accompagnato da gran numero di Baroni napoletani. Il Re d'Ungheria cognato del Duca vi mandò 1700 soldati con 300 cavalli Ungari; ed il Papa v'inviò un Cardinale con 22 galee de' Genovesi: tanto che l'esercito del Duca si pose in istato di fronteggiare con quello de' Turchi, li quali, dopo molte scaramucce, finalmente furon ridotti a ritirarsi dentro Otranto, dove per molto tempo intrepidamente si difesero. Ma la morte opportunamente accaduta a' 3 maggio dell'entrato anno 1481 dell'Imperador Maometto, liberò il Regno da questi travagli: poichè Ariadeno giudicando, che per la morte di Maometto il soccorso che aspettava sarebbe giunto molto tardi, si risolvè a render la Piazza in poter d'Alfonso; ed essendogli stati a' 10 agosto accordati onorati patti, rese la piazza che per un anno era stata sotto la lor dominazione, ed imbarcatosi con le truppe sopra la sua armata, prese il cammino di Costantinopoli.

      Questa opportuna morte non solo diede spavento a' Turchi d'Otranto, ma anche ad un esercito di 25m. uomini che appresso la Velona erano venuti a danno d'Italia, i quali se ne ritornarono tutti addietro. Alfonso lieto di sì buon successo, licenziò i soldati Ungari, e vittorioso ritornò in Napoli, dove trovò il soccorso che gli era venuto da Portogallo e da Spagna, l'uno di 19 caravelle ed una nave, e l'altro di 22 navi, e, regalati i lor Comandanti, gli licenziò tutti. Vi morì in questa guerra il fiore de' Capitani e dei Cavalieri del Regno veterani e famosi, perchè vi morì Matteo di Capua Conte di Palena Capitano vecchio, e per tutta Italia riputato insigne; vi morì Giulio Acquaviva Conte di Conversano, il quale avea avuti i supremi onori della milizia dal Re Ferdinando: morì ancora D. Diego Cavaniglia, Marino Caracciolo ed un gran numero di Cavalieri molto onorati75. Nel sacco che fu fatto da' Turchi in Otranto passarono a fil di spada più di 800 cittadini, l'ossa de' quali fur fatte da Alfonso seppellire con molto onore e religione, e ne portò molti in Napoli, che, come scrive il Galateo76, fece riporre nella chiesa di Santa Maria Maddalena, donde poi furon trasferite nella Chiesa di S. Caterina a Formello, ove ora si adorano come reliquie di Martiri.

      E per non venire a parlar di nuovo de' disegni che han sempre, insino a' dì nostri tenuti i Turchi sopra la conquista di questo Regno, degl'inviti che sono loro stati fatti da' nostri Principi cristiani medesimi, i quali infra di loro guerreggiando, sovente per divertire le armi del nemico, ricorrevano al Turco: dico ora, che mi si presenta l'occasione, che quantunque nel Regno di Ferdinando e de' successori Re aragonesi, non tornassero ad inquietare queste nostre province, non era però che per gli СКАЧАТЬ



<p>73</p>

Galat. De situ Japygiae.

<p>74</p>

Camil. Porzio lib 1 loc. cit.

<p>75</p>

Costanzo lib. 20.

<p>76</p>

Ant. Galat. De situ Japyg.