Название: Egitto
Автор: Cagni Manfredo
Издательство: Public Domain
Жанр: Зарубежная классика
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La colonna è di ordine corinzio, con proporzioni bellissime, elegante di forme e svelta nella sua superba mole.
Il fusto è di un solo pezzo di granito rosso.
Coi recenti scavi operati sotto l'intelligente iniziativa dell'italiano cav.Botti, Direttore del Museo di antichità in Alessandria, che per la sua onesta operosità e per le sue estese conoscenze archeologiche onora sè stesso ed il nostro paese, si è potuto penetrare in una galleria già esistente e discendere sino al disotto della base della colonna di Pompeo; dal qual punto s'irradiano altri sotterranei, ingombri di macerie ed in gran parte da esplorarsi.
Dipenderà dai mezzi pecuniari, di cui potrà in seguito disporre la società archeologica di Alessandria il mettere allo scoperto altri preziosi avanzi, partendo dal concetto, che il terreno sottostante, che attornia la colonna pompeiana, racchiude nelle sue viscere importanti reliquie della grandezza dell'antica città.
Presentemente gli scavi si fanno nella Necropoli occidentale, nel tempio sotterraneo di Ecate a Souk-el-Wardiana sul mare. L'asse del tempio misura 60 metri. Le are pei sacrifizi furono trovate al centro della sala ipostila, che precede la rotonda.
CAPITOLO III
La valle del Nilo, sorta in gran parte dal seno delle acque, e che in ogni anno viene inondata, non può nutrire che un numero limitato di vegetali.
Il sicomoro e varie qualità di acacie e di mimose hanno mezzo di prosperare. Il melagrano, il tamarindi, l'albicocco, il fico, ornavano i giardini degli antichi Egizi; e la presenza del pesco sui monumenti della XII Dinastia ci attesta, che Diodoro commise un errore nell'attribuire al Persiano Cambise il merito di avere pel primo introdotto in Egitto quest'albero. Due specie di palmizi sorgono quasi senza coltura; ma nessuna delle nostre grandi piante di Europa si è potuta acclimare in quella parte della vallata più specialmente conosciuta dagli antichi.
Al contrario le piante acquatiche si sviluppano con una ricchezza di vegetazione straordinaria e danno alla regione un aspetto caratteristico. Esse non si trovano, in generale, lungo gli argini, dove la profondità dell'acqua e la forza della corrente non concederebbe loro di crescere in pace; ma i canali, gli stagni e le paludi, che l'inondazione lascia dietro di sè, ne sono del tutto ingombri.
Due specie sopratutto, il papiro ed il loto, sono conosciute in Europa in causa del posto che occupano nella storia della religione e della letteratura sacra e profana dell'Egitto.
Il papiro si compiaceva di starsene nelle pigre acque del Delta e diventò il mistico emblema di quella regione; il loto per contro venne scelto quale simbolo della Tebaide.
Gli antichi comprendevano sotto il nome di loto tre specie diverse di ninfee. Due di esse, il loto bianco ed il loto azzurro, portano frutti simili, nella forma, al papavero; i loro calici racchiudono piccoli grani della dimensione di quelli del miglio. La terza specie, la ninfea rosa, è molto esattamente descritta da Erodoto. Essa produce un frutto sopra uno stelo che non è quello del fiore e viene fuori dalla radice stessa.
Questo frutto è somigliante nella forma al pane di cera delle api od alla bocchetta di un innaffiatoio. Nella sua parte superiore vi sono venti o trenta celle contenenti un grano della grossezza di un nocciolo di olivo ed è buono a mangiarsi, tanto fresco quanto disseccato. È appunto questo nocciolo che gli antichi chiamavano fava di Egitto. Egualmente, aggiunge Erodoto, si raccolgono ogni anno i prodotti del papiro.
Dopo averlo schiantato dalle paludi, si tronca la parte superiore del papiro, ed il rimanente riesce a un dipresso della lunghezza di un braccio.
Serve di nutrimento e si vende sulle pubbliche strade; tuttavia i buongustai non lo mangiano che dopo averlo fatto cuocere nel forno. Questo pane di fiordaliso era una ghiottoneria ricercata e ad un tempo appariva sempre sulle tavole reali.
Ma checchè ne dica lo storico Erodoto, il nutrimento abituale del popolo sono il grano e le diverse specie di cereali, il frumento, l'orzo, il sorgo, l'olivo e la zèa (una specie di meliga), che l'Egitto solo produce in abbondanza. La vesca, il lupino, la fava, il pisello, la lenticchia e molte specie del ricino venivano spontaneamente nei campi; i vigneti prosperavano in alcune località del Delta; l'olivo, assai raro, non si riscontrava che in determinati punti, ed ignota era ancora in quei tempi la canna di zucchero.
Molte specie di animali, che vivono presentemente sulle rive del Nilo, il cavallo, il cammello, la pecora, non apparivano sui monumenti delle più antiche dinastie, e sembra che molti di essi siano stati introdotti molto tempo dopo la fondazione del regno. In cambio gli antichi Egizi possedevano parecchie razze di buoi a lunghe corna, analoghi a quelli di Dòngola sull'alto Nilo; molte varietà di capre e di cani; il cane volpe dal pelo rossiccio, dal naso affilato, dalle orecchie a punta, dalla coda spessa; lo sloughi, ossia grande levriere di Africa dalle orecchie lunghe e dritte; il bassotto; il cane-jena. L'asino, africano di origine, conservò sotto codesto clima favorevole una bellezza di forme ed un vigore che difficilmente possiede il nostro di Europa. A fianco delle specie domestiche i primi emigranti trovarono il lepre a lunghe orecchie; una quantità innumerevole di gazelle, antilopi colle corna foggiate a lira; poi animali più temibili, il gatto selvatico, il lupo, lo sciacallo, la jena a striscie e macolata, il leopardo, il ghepardo, che combattuti ad oltranza furono finalmente cacciati verso il deserto.
Due mostri anfibî, il coccodrillo e l'ippopotamo vivevano sulle sponde del Nilo e rendevano l'accesso al fiume pericoloso per gli uomini e per gli animali.
Gli ippopotami, numerosi assai sotto i primi re, diminuirono notevolmente, mercè l'insistente caccia data loro, talchè furono costretti a ritirarsi nelle paludi delle regioni equatoriali. Alcuni individui della loro specie esistevano ancora in Egitto verso la metà del tredicesimo secolo dell'era volgare.
Il coccodrillo, adorato e protetto in alcune regioni, esecrato ed inseguito in certe altre, si è conservato sino ai giorni nostri. Ma a chi rimonta il Nilo non è dato di vedere coccodrilli prima di avere oltrepassato Assouan (1ª Cateratta) poichè essi continuamente disturbati dalle armi da fuoco e dall'agitazione prodotta dai numerosi battelli a vapore vanno sempre indietreggiando verso il Sud.
L'Egitto possiede una grande quantità di uccelli; l'aquila, lo sparviero, il falco, l'avoltoio dal capo calvo, la gazza, il piccione, la tortora, la rondine, la pernice ed il passero.
Gli ibis bianchi e neri, i pellicani, il cormorano, l'oca, l'anitra riempiono le paludi e coprono le acque del fiume delle loro infinite varietà. L'oca e l'anitra addomesticate, sin dai tempi i più remoti, riempivano i cortili dei sudditi del re Mene e sostituivano il pollo ancora sconosciuto.
I vari rami del fiume formicolavano, nel vero senso della parola, di pesci la più parte buoni a mangiarsi: la triglia delle paludi di Pelosa, ingrassata nel loto, il mulo screziato degli stagni artificiali, il muletto ordinario, la tremola, e la gran tartaruga d'acqua dolce. La natura sembra abbia creato il fatraka in un momento di buon umore. È un lungo pesce coperto di spini, che ha la facoltà di gonfiarsi a suo piacimento; quando è gonfio oltre misura, per il peso del suo dorso, si rovescia contro sua volontà; viene trasportato in qua ed in là dall'acqua, avendo tutta l'apparenza di un riccio di terra.
Allorquando succede l'inondazione, le acque nel ritirarsi lo abbandonano nei campi limacciosi, ove diventa preda degli uccelli e degli uomini, servendo di giocattolo ai ragazzi.
Le foci del Nilo sono animate da un grande numero di pesci di mare, che vanno in fregola nell'acqua dolce e di pesci d'acqua dolce, che vanno a depositare i loro avannotti in alto mare.
Le migrazioni in genere degli uccelli hanno due caratteristiche comuni СКАЧАТЬ