La sorte. Federico De Roberto
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Название: La sorte

Автор: Federico De Roberto

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

Серия:

isbn: 4064066069452

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СКАЧАТЬ Quanto al caso che suo marito avesse a lasciare un altro testamento, lei non ci pensava neppure.

      — Conosco quel che vale! Non ne farà.

       Indice

      Vedendo la sua casa ridotta a mal partito, la principessa deliberò finalmente un giorno di rifarla da cima a fondo.

      — Mi occorrono diecimila lire — disse al suo amministratore.

      — Dove vuole ch'io le pigli? — rispose don Peppino, pensando ancora alla farsa, che gli aveva fruttato appena una chiamata.

      — Come, non sapete trovare diecimila lire?

      — Le trovi lei, se può. Io non mi fido di trovare neanche un soldo. Non sa che gli ultimi denari sono stati presi al quindici? E che Strignoni minaccia un protesto? E che la Falconara è piena d'ipoteche? E che un giorno o l'altro bisognerà prendere una risoluzione?

      Ella restava interdetta, si passava una mano sulla fronte, impressionata, addolorata dalla rivelazione come per una inattesa disgrazia.

      — È la sorte che mi perseguita! Voi, caro don Peppino, dovete aiutarmi; mi metto nelle vostre mani; non mi lasciate vendere la Falconara, se no, io sono rovinata.

      — Se dipendesse da me!...

      Ma don Peppino pensava alla sua rivincita, un gran dramma come Patria! di Sardou: Masuccio, ovvero Dio non paga il sabato, in cinque atti; la selva era già pronta, e l'Imparziale avrebbe pubblicato il testo in appendice....

      Il giorno che la Falconara, l'antico feudo di casa Roccasciano, fu messo all'asta, la principessa si mise a piangere, disperatamente, come una bambina. Provava un bisogno irresistibile di sfogare con qualcuno la piena del suo dolore, e andò a buttarsi nelle braccia di donna Cecilia.

      — Ah, io sono una donna disgraziata!... Cecilia, Cecilia mia, tu sei la mia sola amica... Come faccio, se tu non m'aiuti!...

      Donna Cecilia cercava di calmarla, con belle parole, ma poichè l'altra continuava a singhiozzare, monotonamente, e a chiedere aiuto, lei perdette la pazienza.

      — Infine! L'aiuto è che non devi giuocar più!

      La principessa la guardò, tutta meravigliata, dietro il velo di lacrime che le offuscava la vista.

      — Giuocare io?.. E quando?.. Se ho perfino dimenticato la forma delle carte!

      — Quand'è così, buon divertimento!

      — Non mi credi?... Non mi crede più nessuno!...

      Lei non sapeva che fare, dove dar di capo, nel dissesto che quel grave avvenimento metteva in tutte le sue abitudini. Non giuocando più, davvero, per qualche giorno, cadde ammalata. Intorno al suo letto si succedevano una dopo l'altra tutte le sue conoscenze, a scambiar notizie, a discorrere del più e del meno. La casa restava in balìa dei visitatori; le persone di servizio andavano e venivano per conto di questi e di quello, del cavaliere Fornari che voleva un po' di bicarbonato, del pretore che mandava a casa a cercare il soprabito, della Giordano che faceva chiamare una carrozzella, del duca che aveva fame; intanto che padre Agatino stava alle vedette, aspettando un giuocatore, disperato di aver dovuto smettere giusto in un periodo di vena, che gli mancava poco per mettere assieme la sommetta chiestagli dalla Rosalia.

      — Almeno venisse quella bestia del dottore!

      Ma il dottore non veniva; la principessa, che gli aveva una gran fiducia a tavolino, non voleva sentir parlare di lui quand'era ammalata.

      — Bisogna che la disgrazia mi perseguiti! — borbottava il monaco.

      — Non sapete la disgrazia di quel povero de Fiorio? — venne a dire una sera il Fornari.

      — Che gli è successo?

      — Gli è successo che sua moglie è scappata via, con un barbiere.

      — Ci sarebbe da cavarne un terno — pensò padre Agatino, e si mise a cercare il libro dei numeri. Rivoltando tutte le carte sparse per la casa, guardando in ogni posto, dentro tutte le cassette, non gli riusciva di trovarlo, e poichè gridava e se la pigliava con le persone di servizio, la principessa intervenne:

      — Che cosa cercate?

      — Cerco la cabala.

      Allora lei si fece un po' rossa in viso, cacciò un braccio sotto l'origliere e ne cavò il libro, dove, dacchè era a letto, non potendo meglio, aveva studiato di nascosto ogni combinazione di terni e di cinquine. Come padre Agatino ebbe trovati i suoi numeri lei vi giuocò su dieci lire e cominciò a star meglio.

      Infine, la Falconara era venduta, i creditori più fastidiosi sodisfatti, e lei s'era riservata una porzione della somma, per disporne a modo suo. Ora poteva ripigliare l'antico disegno di rifar la casa, e poichè aveva denari in mano, suo cugino, gli amici, i servi, tutte le persone con cui aveva da fare ne godevano un poco anche loro ed alzavano inni di ringraziamento.

      — Che buona signora!

      — Che cuor d'oro!

      — Meriterebbe davvero miglior sorte!

      Donna Cecilia, saputa la nuova della vendita, andò a farle una visita di condoglianze. Trovando l'uscio spalancato, senza che nessuno rispondesse alle sue chiamate, si fece strada da sè dirigendosi verso il salottino dove la sua amica passava la giornata. All'improvvisa apparizione, padre Agatino e la principessa si sollevarono precipitosamente, cercando di nascondere qualche cosa.

      — Finalmente, si vede un'anima viva! — esclamò donna Cecilia.

      — Sai — rispose la principessa, non ancora rimessasi — c'è il battesimo della bambina del cuoco... e i suoi compagni sono tutti invitati...

      Donna Cecilia, vedendo l'imbarazzo di quei due, tentò d'attaccar discorso:

      — Non vai in campagna, quest'autunno?

      A un tratto s'intese un fruscìo, e di sotto lo scialle che la principessa teneva sulle ginocchia cominciò a precipitare, a cascatelle, un mazzo di carte. La principessa diventò di bragia, e padre Agatino si alzò, sbuffando. Donna Cecilia cercò un pretesto per andar via.

      — Buona fortuna!

      — Un colpo secco! — le augurò dietro il monaco, raccattando le carte.

      La sera venne il dottore:

      — Non sapete?... È morto d'un colpo don Camillo Morlieri, e lascia ogni cosa ai nipoti.

      Soltanto il giorno dopo il cavaliere Fornari rettificò la notizia:

      — I nipoti non hanno testamento. Ce n'è uno solo, del quarantacinque, dove lascia ogni cosa a sua moglie.

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