Apologia della vita politica di F.-D. Guerrazzi. Francesco Domenico Guerrazzi
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Название: Apologia della vita politica di F.-D. Guerrazzi

Автор: Francesco Domenico Guerrazzi

Издательство: Bookwire

Жанр: Языкознание

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isbn: 4064066088026

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      È chiarito pertanto per prove manifeste, come io esperto del voto della massima parte dei Toscani, e reverente a quello, mi fossi dichiarato contrario alla Repubblica. Questo sapevano da tempo remoto i nemici del Principato; e non potevano ignorare neppure come questo mio concetto scendesse da esame diligente di fatti, non da mutata voglia, compiacendo a cupidità di potere o a comodo privato. La voce pubblica, come già avvertiva, diceva con particolare benevolenza proseguirmi il Principe, nè mancavano persone intime in Corte, che siffatta voce confermassero. Non vedevano i partigiani cosa che potesse farmi vago di mutamenti; all'opposto ne vedevano moltissime che me dovevano rendere affezionato al Governo Costituzionale. Considerando tutto questo, pensarono, che, lasciatomi andare libero, prima di tutto non piccolo discredito avrebbero toccato i loro disegni; e poi temerono che i Costituzionali facilmente si sarebbero riuniti intorno a me come a centro, ed io, rilevando lo smarrito coraggio di questi, disciplinassi la Opposizione, e quanto macchinavano rendessi impossibile, o almeno pieno di ostacoli. Io non voglio dire che si apponessero al vero nello attribuirmi tanto credito nel Paese; imperciocchè le passioni riscaldino i cerebri, e, secondo il consueto, vedano gli oggetti troppo più grossi di quello che veramente essi sieno; nonostante non andavano errati del tutto: ed invero, il sentimento universale, impressionato da serie continua di dichiarazioni, me reputò sempre amico del Governo Costituzionale. Malgrado le perfide arti di lunga mano apparecchiate per farmi venire in odio alla gente,[169] e malgrado gli atti estorti da prepotenza ineluttabile di uomini e di casi, vedremo i buoni Cittadini riporre in me fino negli ultimi tempi piena fiducia, che reprimendo ogni eccesso, preservando da eventi luttuosi il Paese, senza sangue, senza vergogna, senza scosse violente l'antico ordinamento restaurassi.[170] Il Partito repubblicano, diretto non mica da gente grossa, ma sì invece acuta e arrisichevole, non consentì mai, che le uscissi di mano, disegnò ridurmi in sua potestà per adoprarmi a modo suo, separarmi da tutti, circondarmi, sorvegliarmi, spingermi a suo senno, coartarmi... Dove io fuorviassi... guai a me!

      Io non mi sento abbastanza Visconte per usurparmi il privilegio di assassinare senza coscienza come senza pudore la fama altrui. Guardimi il cielo da pensare, che i Capi di parte repubblicana macchinassero disegni di sangue. No. Ma ogni fazione ha la sua morchia, e da questo fondaccio si è visto sorgere sempre qualche uomo perverso; e le minacce suonavano feroci; e le parole ardenti accendono gli spiriti a cose immani, e le passioni politiche pervertono ogni sentimento morale. Il fato di Pellegrino Rossi stava lì a spaventare i più arditi.

      Il partito preso dai Repubblicani a mio riguardo apparisce dal volermi Capo o Membro del Governo Provvisorio, non pure inconsulto, ma repugnante e contendente. Niccolini, che fu gran parte delle deliberazioni del Circolo nella notte dell'8 febbraio, può egli supporsi che non abbia informato i convenuti del mio aborrimento dalle macchinazioni loro? Può credersi che loro tacesse i miei rimproveri e l'acerba repulsa? Certo non è da credersi; e allora egli deve avere proposto lo espediente che a me medesimo, con fronte aperta, manifestò, di costringermi a viva forza. D'altronde la violenza ormai era sistema del Circolo, e vedremo più tardi come le fosse lasciata per regola di condotta. — Se, falsando i fatti, si voglia sostenere che me ne andassi volenteroso a concionare il Popolo in piazza, certamente queste verità non si potranno conoscere; ma se si ritenga, come è vero, che il Popolo invadente le Camere, il Popolo giù per le vie me solo chiedeva, a me imperiosamente di mostrarmi ordinava, ed avvisato che ricusava obbedire, e dell'audace risposta — io sto nell'Assemblea, mandava per la seconda volta una turba molto, più numerosa della prima a rinnuovare il comando con tanto furore, che il Vice-Presidente Zannetti,

      Pensoso più d'altrui che di sè stesso,

      prorompeva negli accenti: «Il Popolo non si frena; andate e predicate rispetto alla vita, rispetto alle proprietà;» se si ritenga, dico, che mi trovai portato di peso giù in piazza, sbattuto e abbattuto; se si ritenga, che sospettosi inquisitori mi si cinsero alla vita, e che furibondi ordinatori mi tennero in perpetua pressura, allora si comprenderà che i Repubblicani mi portarono al Campidoglio sì, ma per precipitarmi dalla Rupe Tarpea.

      Chiunque sia, comecchè mediocremente versato nella storia delle commozioni popolari, conosce che i Partiti, allora quando scelgono un Capo, nol fanno già per darsi padrone, ma sì per avere un servo;[171] e dove niente niente e' baleni ad eseguire i comandamenti loro, lo spezzano. Di qui avviene che uomini reputati onnipotenti, inciampando in un filo di paglia, stramazzino: ora, siccome di casi siffatti non fu penuria ai dì nostri, non importa addurre esempj. L'Accusa non ha cercato, e non gl'importava trovare, cosa che io conosco, ed è: che se il 12 aprile non sopraggiungeva, una cospirazione, che si chiamava repubblicana, si era formata per rovesciarmi e per trucidarmi.[172] Da questa parte io mi guardava, ma la rovina venne dall'altra parte dalla quale non mi badava, o nella quale riponeva fiducia di conforto e di aiuto. E di ciò, a suo tempo, saranno addotti i motivi.

       Giorno 8 Febbraio 1849.

       Indice

      L'Accusa insiste, che per bene tre volte, invitato dal Presidente Vanni, io ricusassi restringermi a segreta conferenza. Di questo triplicato invito nè so, nè ricordo, nè mi venne contestato. — So, e ricordo, che alcuni Deputati mi confortavano uscire di sala pubblica, e condurmi a quella delle Conferenze. — Nel Decreto del 10 giugno 1850, il signor Montanelli, che andò a pregare i Deputati onde tornassero nella pubblica sala, è incolpato di averli esposti alla violenza del Popolo; e me, che non volli andare, accusano del medesimo disegno. Sicchè, sia che si andasse, sia che si stesse fermi, al cospetto dell'Accusa, che mi scuoia e mi squatra, non ci è via di salvazione.

      Se io pongo mente al tempo e alla cagione delle parole, ricordo che quei tali onorevoli colleghi mi animassero a procurare il ritorno dei Deputati partiti, e che io rispondessi: «È andato Montanelli; basta.» Riprova di questa verità occorre nel considerare, che i colleghi conferenti meco, trascurato lo esempio altrui, restavano fermi nella sala, nè facevano sembiante di volersene andare, la quale cosa dimostra come la Seduta fosse incominciata, e come di conferenze segrete non fosse più a parlare.

      L'Accusa non sembra che fra i suoi studii si dilettasse molto di quello dello Statuto; o se le piacque un tempo, poco se lo rammenta adesso; imperciocchè, se fosse altramente, saprebbe che l'Articolo 44 dello Statuto dichiara: «Le adunanze delle Assemblee avere ad essere pubbliche; soltanto su la domanda di cinque Membri potersi il Consiglio costituire in adunanza segreta.» — Il verbale dell'Assemblea non dice che questo rito fosse praticato, e veramente nol fu; e nemmeno dice il verbale che i Ministri ricevessero lo invito di cui parla l'Articolo 61 dello Statuto medesimo. Per altra parte, l'Assemblea quale ha mestieri di consenso ministeriale per costituirsi in conferenza segreta? Di quali informazioni abbisognava per parte dei Ministri? Forse non erano istruiti del successo e del tenore delle granducali lettere il Presidente e parecchi Deputati? Sì certo lo erano, e il Signor Vanni era stato chiamato in Palazzo appunto per questo: oggimai dello infausto evento correva pubblico il grido. E se le Camere non abbisognano del consenso dei Ministri per costituirsi in conferenza segreta, molto meno hanno d'uopo della presenza loro per deliberare i partiti. Il Ministero non costituisce per niente membro necessario del Parlamento; — or fanno pochi giorni l'Assemblea di Francia, non ostante l'assenza del Ministro del Commercio, discusse e votò la proposta su le tariffe commerciali, instando Thiers; — e fu nella Camera nostra dichiarato, in occasione della Legge su l'arruolamento, discussa in parte e deliberata assente il Ministro della Guerra, nella Seduta de 17 agosto 1848. Io ben ricordo avere in cotesta Tornata fatto osservare se non la necessità, almeno la dicevolezza, ed anche il vantaggio della presenza del Ministro per attingerne opportuni schiarimenti; se non che il Deputato Salvagnoli tanto seppe dire intorno alle facoltà della Camera di discutere, e votare senza bisogno di Ministri, che non fu tenuta in conto alcuno la mia osservazione. Non invito legale pertanto, ma consiglio semplice fu dato di conferire in segreto, nè dal mio non seguirlo era tolto alla Camera di prendere quel partito, СКАЧАТЬ